Operazione "Archimede" contro illeciti nella depurazione, 10 misure cautelari nell'Alto Tirreno cosentino - NOMI

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Scalea - Nella mattinata odierna, i militari della Compagnia Carabinieri di Scalea, hanno dato esecuzione a 10 misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Paola, Rosa Maria Misiti. Esse hanno riguardato un sindaco, 3 responsabili degli Uffici tecnici di comuni dell’Alto tirreno cosentino, vari imprenditori e un tecnico dell’Arpacal.

Nomi degli indagati

Sono quattro le persone finite agli arresti domiciliari a seguito dell'operazione "Archimede", condotta oggi dai Carabinieri, coordinati dalla Procura di Paola (Cosenza). Gli arrestati sono Tiziano Torrano, 49 anni, Pasqualino De Summa, 57 anni, Giuseppe Maurizio Arieta, 57 anni, e Maria Mandato, 57 anni.

Obbligo di presentazione e firma alla polizia giudiziaria per Barbara Mele, 51 anni, sindaco di San Nicola Arcella. Sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per 12 mesi per Albina Rosaria Farace, 43 anni, e per il tecnico dell’Arpacal Francesco Fullone, 43 anni. Divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi per Enzo Ritondale, 41 anni, e per sei mesi per Renato La Sorte, 54 anni. Infine, divieto di esercitare la professione di ingegnere per 12 mesi per Vincenzo Cristofaro, 51 anni, assessore del Comune di Belvedere Marittimo. Altre 7 persone sono indagate a piede libero.

L'indagine 

L’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni ha ad oggetto una serie di illeciti riguardanti procedure ad evidenza pubblica nel settore della depurazione. In particolare sono state ricostruite condotte collusive e fraudolente finalizzate ad avvantaggiare uno o più operatori economici con riguardo ad appalti e affidamento di servizi in diversi comuni dell’Alto Tirreno Cosentino, anche in violazione dei criteri di rotazione nell’affidamento di lavori e aggirando il dovere di effettuare indagini di mercato. È emerso dalle indagini che taluni imprenditori hanno violato gli obblighi contrattuali assunti con comuni della fascia tirrenica con riguardo ad appalti afferenti la gestione e la manutenzione dell’impianto di depurazione e degli impianti di sollevamento e hanno smaltito fanghi di depurazione senza adeguato trattamento presso terreni agricoli anziché mediante conferimento in discarica autorizzata, talora anche attraverso lo sversamento del refluo fognario in un collettore occulto. In alcune circostanze sono state immesse nelle acque sostanze chimiche in assenza di un preciso dosaggio rapportato alle caratteristiche microbiche delle acque, con la finalità di occultare la carica batterica delle acque prima dei previsti controlli, la cui esecuzione veniva in anticipo e preventivamente comunicata al soggetto da controllare da parte di un tecnico dell’Arpacal che, violando il segreto d’ufficio, concordava direttamente con i gestori degli impianti di depurazione le modalità di esecuzione dei controlli, oltre che la scelta del serbatoio da verificare, così determinando una alterazione della genuinità delle analisi effettuate.

"La finalità era chiara: avvantaggiare uno o più operatori economici"

"La finalità era chiara: avvantaggiare uno o più operatori economici". Lo ha detto il Col. Piero Sutera, comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza, che ha partecipato alla conferenza stampa online per illustrare gli esiti dell'operazione "Archimede", che ha interessato l'alto tirreno cosentino. L'inchiesta della Procura di Paola, guidata da Piepaolo Bruni, ha messo in luce come sarebbero stati pilotati gli appalti per la gestione della depurazione, con affidamenti sottosoglia e frazionamento delle somme da erogare. Rilevati casi di false dichiarazioni dei requisiti delle aziende che sarebbero poi state favorite. Per esempio, il sindaco di San Nicola Arcella avrebbe attestato come ancora da eseguire alcuni lavori su una conduttura idrica che in realtà erano già stati eseguiti alcuni mesi prima ma senza passare per una regolare gara d'appalto. Le imprese impegnate nella gestione della depurazione, inoltre, in alcuni casi avrebbero anche "diluito" con acqua potabile i fanghi reflui, per falsare i risultati delle analisi. In altri casi, gli stessi fanghi erano invece smaltiti in terreni, anzichè in discariche autorizzate, cosa che dsarebbe stata molto più onerosa. "Si è registrato, di fatto, un monopolio da parte di un solo imprenditore", ha detto il Cap. Andrea Massari, della Compagnia dei Carabinieri di Scalea. La cosa è stata poi denunciata da un altro imprenditore e da qui si è originata l'inchiesta. Il procuratore Bruni ha sottolineato come "i Carabinieri abbiano eseguito una grande attività di pedinamento e di ricognizione dei luoghi, attività che hanno portato a limitare le conseguenze dei reati".

Reazioni

Arpacal: "Lavoro tecnico-scientifico affidabile"

La notizia dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Paola denominata “Archimede” riguardante la depurazione di alcuni comuni dell’Alto Tirreno cosentino che ha visto coinvolto, tra gli altri, un tecnico dell’Arpacal, "è stata appresa con stupore e disorientamento. L’Agenzia, sin d’ora, dà la sua disponibilità a fornire ogni utile documentazione per le attività di indagine esprimendo piena fiducia nell’operato della magistratura con la consapevolezza che sarà fatta chiarezza su una vicenda che crea sgomento e sfiducia nei cittadini. E’ indubbio che quanto accaduto non può minimamente intaccare l’affidabilità tecnico-scientifica con la quale l’Agenzia svolge le sue attività di controllo e monitoraggio nel rigoroso rispetto delle norme vigenti in materia e soprattutto a tutela dei cittadini".

Plauso dei 5 Stelle alla Procura di Paola e ai carabinieri di Scalea

"Apprezziamo il lavoro della Procura di Paola e dei carabinieri di Scalea, che con l’operazione Archimede hanno preservato il territorio da un pesante inquinamento del suolo e delle acque, anche a tutela della salute pubblica. Nello specifico, si tratta di un intervento rapido ed efficace contro un gruppo di potere che operava illecitamente nell’ambito della depurazione, anche con il coinvolgimento di amministratori pubblici, con presunte complicità all’interno Arpacal e, tra l’altro, con collegamenti ad alcune logge, secondo quanto dichiarato dal procuratore Pierpaolo Bruni". Lo affermano, in una nota, i deputati M5S Paolo Parentela e Giuseppe d’Ippolito, che sottolineano: "L’inchiesta in questione fa interrogare la politica sull’emergenza depurazione in Calabria, che è un problema datato, irrisolto e ancora dolosamente ignorato. Come forza politica che ha nel proprio Dna la tutela dell’ambiente, continueremo a batterci a sostegno della magistratura e perché la prossima amministrazione regionale – sottolineano i due parlamentari del Movimento 5 Stelle – si preoccupi in primo luogo della salubrità delle acque e di garantire controlli puntuali, attendibili, tempestivi e trasparenti". "Siamo certi – concludono Parentela e D’Ippolito – che la nostra candidata, Amalia Cecilia Bruni, inserisca questo punto tra le priorità del programma del centrosinistra. Siamo sicuri che si impegnerà in prima persona per la difesa dell’ambiente e della salute. Saremo al suo fianco in questa battaglia, fondamentale per il futuro dei calabresi e della nostra terra".

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