Lamezia Terme - Sarà in scena l’8 febbraio al Teatro Grandinetti la commedia brillante “Il vedovo”, con Massimo Ghini, Riccardo Rossi e Paola Tiziana Cruciani. Tratto dall’omonimo film di Dino Risi con Alberto Sordi e Franca Valeri, lo spettacolo mette in scena la storia tragicomica di un originale rapporto coniugale. Paola Tiziana Cruciani, nella parte della moglie Elvira, ci svela i risvolti artistici e concettuali di un lavoro che prosegue degnamente la Stagione di Prosa di AMA Calabria.
In cosa si differenzia dall’opera nata per il grande schermo questa versione creata per il teatro? C’è un valore aggiunto?
“In realtà questa è una trama che si presta molto alla drammaturgia teatrale, anche perché punta su un tema universale: il desiderio di ereditare tutto, anche ciò che per il momento non ci spetterebbe; un desiderio che risponde ad una cattiveria di fondo, che è poi la cattiveria del genere umano. Ѐ quest’elemento paradossalmente a rendere molto comica e di forte impatto teatrale tutta la storia”.
Lei ha una carriera importante. Nasce come attrice di teatro ma ha lavorato anche tanto per il cinema e per la televisione, ed è regista oltre ad insegnare recitazione. Cosa significa per lei fare teatro, e qual è il messaggio più forte che vorrebbe trasmettere ai giovani che si avvicinano a questo lavoro?
“Il teatro è utile per tutti: nel resto del mondo – Italia esclusa, a parte che dai Gesuiti – alle scuole superiori esiste come materia curriculare – “drama”, nel mondo anglosassone – perché è considerato importante nella formazione della persona. Rappresentare i nostri limiti, i nostri timori, i nostri fantasmi serve ad averne meno paura, e questo è utile sia per chi voglia fare l’attore di mestiere che per chi non voglia farlo. Il teatro è sicuramente il ramo della professione che preferisco, perché sul palcoscenico mi sento a casa. Ma come ho imparato dal mio maestro Gigi Proietti, in questo mestiere, se davvero lo si vuol fare, bisogna saper fare tutto: regia, cinema, televisione”.
“Il vedovo” è un’opera brillante. Lei ha interpretato ruoli dalle sfumature diverse nella sua carriera, a volte tendenti al comico, a volte al tragico. Dove si sente più a suo agio, e qual è la differenza, se c’è, nel suo modo di porsi in scena?
“La verità è che commedia e tragedia sono parenti stretti: è un attimo passare dalla risata al pianto, i due stati d’animo son legati da un filo sottilissimo. Io personalmente mi sento a mio agio nella tragicommedia, che è in effetti il genere di quest’opera: dentro c’è infatti un tentato omicidio, che si risolve poi a discapito dell’autore del gesto. Si ride molto, e più la situazione diventa tragica più si ride”.
Era già stata a recitare in Calabria? Che immagine ha di questa terra?
“Io sto benissimo quando vengo in Calabria: è una terra verde, straordinariamente accogliente, gli abitanti sono l’ospitalità fatta persona; ma soprattutto amano il teatro e sono un pubblico caloroso”.
Giulia De Sensi
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