Lamezia, Vescovo Parisi celebra Passione del Signore: “Riconosciamoci piccoli di fronte alla Croce"

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Lamezia Terme - “Stasera all’annuncio della morte di Gesù che secondo l’Evangelista Giovanni è la consegna dello spirito, di fronte a questa parola, alta, ci siamo inginocchiati perché di fronte all’altezza della Croce il nostro atteggiamento è quello di riconoscerci piccoli”. Così il vescovo, monsignor Serafino Parisi, in Cattedrale, durante l’azione liturgica della Passione del Signore. 

“Per questo – ha aggiunto monsignor Parisi - ci inginocchiamo: per dire la nostra statura che è diametralmente opposta a quella del Crocifisso. Inginocchiandoci abbiamo fatto silenzio: è il silenzio del mondo; è il silenzio della storia, dell'umanità. Però, è anche un altro silenzio: è il silenzio di chi nella propria esperienza di dolore, di sofferenza, chiude la bocca, non dice parola perché si sente abbandonato. È il silenzio dell'abbandonato che è un silenzio carico di tensione, di angoscia. È un silenzio di chi si sente posto nell'oscurità, nel buio. Eppure, da questo silenzio dell'abbandonato può nascere una novità”.  “La lettera agli Ebrei – ha proseguito il Vescovo - ha operato una grande rilettura di tutta la vicenda terrena di Gesù e ha letto la vita di Gesù dentro alcune coordinate che sono legate all'Antico Testamento, alla storia della salvezza: sono quelle stesse coordinate che aprono, poi, all'avvenire, al futuro, alla salvezza compiuta, realizzata in Gesù Cristo e attraverso di Lui”.

“Sulla croce – ha affermato monsignor Parisi – si passa da chi fa l'esperienza dell'abbandono, dalla parte di chi si sente abbandonato, a quella di colui che, invece, si è abbandonato. Dentro il dolore, quando proprio si prova il sentimento dell'abbandono e che ti fa urlare, supplicare nei confronti del Signore, proprio lì, in quel momento, interviene la fede” che “non serve a noi per evitarci il male, le malattie, le sofferenze e il dolore. La fede non serve a questo perché sappiamo che, pur credendo, nonostante la piccolezza della nostra fede, però, pur sforzandoci di credere, le cose capitano lo stesso. E, a volte, ci rivolgiamo al Signore proprio con queste parole: ‘ma, Signore proprio a me?’. E li scopriamo proprio il senso autentico della fede che nasce da questa inversione di prospettiva perché noi crediamo in questa inversione di prospettiva, cioè che dalla morte può nascere la vita, che un crocifisso può risorgere, che uno che si sente abbandonato se si consegna al Padre, se si abbandona al Padre, dentro questa consegna, dentro questo abbandono trova, almeno, il senso o l'accoglimento della sua sofferenza”.

La fede, quindi, “ci dà questa possibilità da ‘io mi sento abbandonato’ – ha concluso il Vescovo - a ‘io mi sono abbandonato alle braccia del Padre’ e se mi sono abbandonato alle braccia o nelle braccia del Padre, io so che quella mia sofferenza non è vana. Ecco, allora, la riflessione che dobbiamo compiere sulla Passione. Certamente, è la descrizione degli ultimi momenti della vita di Gesù, momenti di grandissima sofferenza ai quali ha partecipato anche la Madre che stava sotto la croce. Quando ci chiediamo che faceva Maria? Maria stava. Sì, stava sotto la croce. Era lì per trasformare quella sensazione di abbandono ancora una volta, in consegna, abbandono alla volontà di Dio. E, allora, la nostra sofferenza, quella del mondo come quella di Cristo accolta nella dimensione di Dio dà senso ancora oggi alla nostra vita”. 

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“La fede trasforma il nostro sentirci abbandonati in abbandono nelle braccia del Padre”

“Di fronte a tante situazioni tragiche della nostra vita – penso a chi ha perso il lavoro, chi ha difficoltà in famiglia, a coloro che non riescono a guardare più con fiducia alla giustizia -  sperimentiamo tutti la condizione del sentirsi abbandonati, che  è l’espressione della stanchezza umana, della delusione.  Nel nostro sentirci abbandonati, la fede ricompare e ci dà la capacità di uno sguardo nuovo sulla nostra vita. La fede ci fa guardare la vicenda umana dell’abbandono da un’altra prospettiva: ci fa trasformare il “mi sento abbandonato” in “mi abbandono nelle braccia di Dio Padre”. Così il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi, a conclusione della processione della Madonna Addolorata e del Cristo Morto, che ha fatto sosta di fronte alla Cattedrale prima di rientrare nella chiesa di S. Teodor.

“In questo cammino della Croce che stiamo vivendo in questi giorni, e che abbiamo rappresentato anche con questa processione, è significata tutta la storia dell’umanità, segnata dal dolore, dalla sofferenza, alla morte. Voglio pregare e consegnare al Signore tutte quelle storie di dolore che ognuno di noi conosce, quelle dei nostri amici e familiari. Pensiamo a coloro che aspettano e gridano al Signore mentre attendono un intervento per la loro salute – ha proseguito Parisi – Pensiamo al male non distante da noi, al male che affligge varie parti del mondo: quante scene di morte, di dolore, di fame… Gesù ha voluto caricare sulle sue spalle, nella sua croce, la grande attesa di bene, di pace e di vita di tutta l’umanità. La sofferenza che vivo è accolta dentro le braccia del Padre e sorretta come è stata sostenuta la sofferenza di Gesù Crocifisso, come è stata orientata alla vita quella esperienza di morte”.

“ll  nostro dolore è orientato alla vita, è aperto alla speranza – ha concluso Parisi – E’ l’immagine del chicco di grano che cade a terra, marisce, muore e, morendo, esprime la vita che porta dentro di sé. Sia questa nostra processione la testimonianza della visione cristiana sulla vita e sulla storia. Tutto ciò che è segnale di morte può essere trasformato, con il nostro servizio di carità, in occasione di vita e di speranza.” Mons. Parisi ha rivolto un particolare pensiero agli ammalati e ai sofferenti presenti alla processione o che hanno seguito la funzione attraverso i canali social e i mezzi di comunicazione.

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