Lamezia, le nuove sfide del volontariato nel dialogo fra don Giacomo Panizza di Progetto Sud e Maurizio Carrara di CESVI

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Lamezia Terme - Un dialogo a due voci, la presentazione di due libri, un confronto sui temi più scottanti del sociale no-profit: tutto questo e molto altro nell’incontro fra don Giacomo Panizza, fondatore di Comunità Progetto Sud, e autore del volume “Il dono e la città. Sul futuro del Volontariato”, e Maurizio Carrara, presidente onorario della Fondazione CESVI ETS (Cooperazione e Sviluppo), autore di “40, i nostri anni di solidarietà”.

L’incontro, condotto dalle giornaliste Maria Pia Tucci e Maria Teresa Santaguida, è stato introdotto da Giacinto Gaetano responsabile del Sistema Bibliotecario Lametino, che ha individuato le figure di Carrara e Panizza, entrambi lombardi, un bergamasco e un bresciano, come “due punti di riferimento nel sociale fra nord e sud”. “CESVI si muove in realtà in tutto il mondo”, ha ricordato presentando l’ospite, “Ha più di mille operatori che collaborano ai suoi progetti sparsi ovunque, e ha come motto “Fare bene il bene”: è stata infatti premiata tre volte come associazione no-profit per la correttezza, anche nel rendere pubblico il suo bilancio”. Una storia nata 40 anni fa quella di CESVI, e quasi 50 sono quelli di Progetto Sud, che secondo le parole di Santaguida, “a Lamezia il mondo l’ha portato, creando anzi tanti mondi dove prima non c’era nulla”. Entrambe le organizzazioni crescono negli anni ’70, “quando ancora chi faceva il bene non veniva accusato di buonismo” continua Gaetano, “e si sperava di cambiare il mondo; quando la solidarietà non era una virtù ma la normalità”. Una partenza militante quella di Carrara, che nato in una famiglia di comunisti e partigiani, votati al lavoro, cresce con la massima “Verba movent, exempla trahunt”, “Le parole muovono, gli esempi trascinano”, e si forma nel Movimento Studentesco, prima di incontrare la realtà sociale del volontariato e fondare CESVI con l’intento di mettere al centro la persona. “Lo slancio iniziale era tutto cuore, istinto, passione” spiega, “e questo ci ha portato dapprima a fare degli errori. Ma quando abbiamo deciso di programmare ciò che volevamo fare aggiungendo un po’ di razionalità, abbiamo ottenuto risultati migliori di quelli che ci aspettavamo: la testa e il cuore sono due componenti che vanno insieme”. Un cammino diverso ma non troppo quello di don Giacomo, prete operaio metalmeccanico con genitori operai, che fino al ’75 viaggia fra Brescia e la Calabria, fino a che nel ’76 non prende forma la Comunità. “Allora scommettere in Calabria era impensabile” racconta, “Al centro più che i bisogni, si cercava di mettere i diritti. Quelli di chi viveva chiuso in casa, perché la sua disabilità generava stigma nelle famiglie, e si andava avanti in equilibrio instabile”.

“Un contesto”, secondo Tucci, “che si muoveva non sono dietro all’ideologia, ma dietro all’idea di voler fare le cose”, e che oggi registra dei cambiamenti che non accompagnano e non favoriscono il lavoro del no-profit. Un lavoro i cui confini vanno in realtà chiariti. “Se io ho tre miliardi, lui è al verde e io glieli do, quello non è volontariato no-profit”, spiega infatti don Giacomo, “Volontariato è mettere quella persona in grado di fare a testa alta quello che può e vuole fare. La solidarietà esiste solo se il gruppo che aiuti cresce come te, o anche più di te, se messo alla pari: è un gesto finalizzato, un dono, che non serve a catturarti come fanno i mafiosi, ma a renderti autonomo”. Concorde Carrara che si dice “contrario all’assistenzialismo, favorevole ad aiutare chi ha bisogno di noi a non aver più bisogno di noi: valorizzare i talenti”. “Ogni cosa che facciamo” continua Panizza, “deve fare in modo che la persona che la riceve diventi capace di aiutare gli altri a sua volta. San Paolo diceva che c’è più gioia nel dare che nel ricevere: aiutare l’altro a fare a meno di te. Felicità è dare. Una volta, c’erano solo associazioni cattoliche a fare volontariato – le dame della Carità, e altre associazioni con nomi di Santi e Angeli vari. Ѐ un fatto voluto che Comunità Progetto Sud abbia scelto un nome laico, staccato dalle logiche assistenziali precedenti. Se uno dei nostri va via, perché è autonomo, gli educatori sono contenti. Si riceve il diritto alla terapia e alla cura per poter poi avere dei doveri. Quando prendemmo possesso dello stabile confiscato in via dei Bizantini, furono Emma e Nunzia a volerlo e a prendere la parola dalle loro carrozzine dicendo di voler “regalare alla città la possibilità di avere meno paura”: avere dei doveri diventa un piacere”. Sogni per il futuro? “Quello di poter andare avanti in questa situazione politica”, ammette Carrara, “perché gli esempi trascinano avanti ma possono trascinare anche indietro. E che le migliaia di piccole associazioni no-profit che esistono in Italia si uniscano per creare realtà più grandi, superando gli individualismi, per avere maggiore peso a livello europeo, e poter incidere sulle direttive comunitarie”. Necessarie inoltre nuove leggi per regolare le attività no-profit, e premere dal basso, perché compito del no-profit è “fare in modo che lo Stato faccia lo Stato”.

Giulia De Sensi

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