Lamezia, 32 anni dal delitto Aversa e i lati oscuri denunciati dal figlio: "Ci furono gravi negligenze"

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Lamezia Terme - Cerimonia di commemorazione in Cattedrale nel ricordo dell'uccisione del sovrintendente di Polizia, Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano, assassinati dalla mafia il 4 gennaio 1992. Una giornata della memoria che si ripete nel segno del ricordo per non dimenticare il sacrificio di un servitore dello Stato. Alla cerimonia, nel 32esimo anno dalla tragedia, presenti autorità civili e militari, tra cui il procuratore della Repubblica di Lamezia, Salvatore Curcio, Wanda Ferro, sottosegretario all’Interno, il prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, il presidente del Tribunale di Lamezia Giovanni Garofalo, il questore, Paolo Sirna, i vertici di Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, Esercito e Polizia locale. Il sindaco di Lamezia, Mascaro, il vicesindaco, Bevilacqua e il presidente del Consiglio comunale, Nicotera.

Vescovo Parisi: "Il loro sangue non è sangue sprecato"

Nella sua omelia, il vescovo della Diocesi lametina, monsignor Serafino Parisi, ha sottolineato il “momento significativo della celebrazione da vivere nella meditazione”. Riferendosi alla tragedia del ‘92 ha parlato di “una violenza praticata non solo sulle persone, ma anche sulle prospettive della comunità”. Sul senso della giustizia, ha poi affermato che “a volte si rende necessaria la prova, so di dire una cosa che non è politicamente corretta. Si viene barbaramente uccisi come i martiri come lo sono stati Aversa e la moglie, ma il loro sangue non è sangue sprecato. Certo, se non ci fosse stata sarebbe stato meglio”, riferendosi alla tragedia di via dei Campioni. Il vescovo nella sua riflessione ha evidenziato altresì che la società odierna è vittima di “servilismo e soggetta a ricatti. Il loro sacrificio, il sacrificio dei coniugi Aversa, è stato come un seme ma ancora non ci siamo. Perché nei rapporti c’è sempre quell’atteggiamento di servilismo. Martiri come i coniugi Aversa sono dovuti morire per dimostrare che c’è un altro modo di vivere. Il loro sangue sia seme di uomini migliori”.

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Prima dell’omelia del vescovo, alcuni dei momenti della loro vita sono stati ricordati dal commissario Francesco Morelli. Dall’inizio della carriera fino al tragico agguato mortale. “Era un punto di riferimento per la cittadinanza onesta. Oggi ricordiamo una profonda ferita mai rimarginata. Aversa e la moglie sono diventati per tutti esempio di rettitudine”.

Quindi il saluto del questore, Sirna. “I coniugi Aversa continuano a vivere nei nostri cuori e nel nostro pensiero quotidiano. Ringrazio il Vescovo per le riflessioni da tradurre in azioni positive e sconfiggere la mentalità criminale”. Il questore ha parlato di Lamezia e della Calabria come "una terra vessata" ricordando anche gli altri morti di Lamezia "il giudice Ferlaino, i coniugi Aversa e altri poliziotti. Porto il saluto del Capo della polizia - ha aggiunto - che mantiene vivo il ricordo dei vostri genitori”, rivolgendosi ai figli dei coniugi Aversa, Walter, Paolo e Giulia. "Il nostro è un mondo che pratica la giustizia che vuole far vincere il bene sul male. E quindi l’esempio che hanno dato in vita Aversa e la sua amabile moglie dimostrano, insieme alla compostezza dei figli, che c’è anche un agire per la legalità e la giustizia. Noi non ci siamo arresi, abbiamo aperto le nostre porte alle donne, bambini a quanti vogliono rivolgersi a noi". Alla fine della cerimonia depositata corona di fiori davanti alla stele su corso Numistrano.

Un caso dai lati ancora oscuri

Una vicenda ancora oggi con diversi punti oscuri, fatta di depistaggi ed errori giudiziari quella dell’omicidio dei coniugi Aversa. Dal falso racconto della supertestimone, Rosetta Cerminara, passando per la confessione di due esponenti della Sacra corona unita che si autoaccusarono dell’agguato di via dei Campioni, fino ad arrivare alla condanna nel 2020 da parte del Tribunale di Salerno del Pm dell’epoca, Adelchi D’Ippolito per “gravi colpe, negligenze non spiegabili e inescusabili”. Fra i particolari più “scottanti” e sconosciuti all’opinione pubblica vi è anche il racconto del primogenito della coppia sottolineato in diverse manifestazioni pubbliche e nelle scuole cittadine.

"Tre uomini fecero ingresso a casa nostra, a poche ore dall’agguato - ha raccontato Walter Aversa - Due di loro, mai più visti, per un’ora e mezza rimasero chiusi nella stanza di mio padre. Cosa cercassero nessuno lo ha mai saputo". Rimangono dunque ancora grandi interrogativi. Salvatore Aversa aveva capito che c’erano dei poteri forti, c’era qualche cosa di molto pesante che si stava organizzando contro di lui. La ‘ndrangheta in quegli anni sconfisse lo Stato.

A. C.

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