Catanzaro - Sarà in scena il 6 dicembre al Teatro Comunale di Catanzaro “Un sogno a Istanbul”, con Maddalena Crippa, Maximilian Nisi, Adriano Giraldi e Mario Incudine, esecutore anche delle musiche dal vivo che accompagneranno il dramma. Lo spettacolo, tratto dal romanzo di Paolo Rumiz “La cotogna di Istanbul” ad opera di Alberto Bassetti, con la regia di Alberto Pizzech, racconta una storia d’amore, di morte e di guerra, ambientato nel periodo del conflitto in ex Jugoslavia, che unisce suggestioni da oriente e occidente, portando in scena una passione invincibile che non conosce coordinate di luogo e di tempo. Ce ne parla Maddalena Crippa, protagonista femminile, raccontando la storia, il dramma e la bellezza del suo personaggio.
Com’è stato interpretare un personaggio così misterioso e affascinante come quello di Maṧa Dizdarević? Come la descriverebbe dal di dentro?
"Ѐ stato molto bello. Mi ha dato finalmente la possibilità di assaporare una femminilità piena di grazia e di morbidezza, ma anche con una forza dentro che è pazzesca. Avevo sempre fatto ruoli un po’ più duri, e questo mi ha dato la gioia di sperimentare invece un’immagine di donna che noi occidentali abbiamo perso, a causa di modelli fondati sull’egocentrismo, sull’individualismo sfrenato. Ѐ una donna che perde l’uomo a cui era promessa, incarcerato per omicidio due giorni prima del loro matrimonio, e che pur promettendogli amore eterno, gli dice subito che non lascerà la propria carne appassire, ma si sposerà con un altro per poter mettere al mondo dei figli. Alla sua scarcerazione ritornano insieme, ma solo per pochi giorni: c’è la guerra, e lui viene ucciso dalla scheggia di una granata. Ѐ allora che lei incontra Max, l’ingegnere austriaco di cui s’innamora perdutamente. Lui è costretto a partire, ma la cerca al telefono, senza trovarla. Sarà lei a chiamarlo dopo tre anni, quando è ormai malata di un brutto male. Ѐ una storia di una sensualità potente, e insegna che anche nel dolore e nella morte ci può essere amore, ricchezza e senso".
Questa pièces mette accanto al tema dell’amore quello della guerra, e il rapporto fra oriente e occidente, messi a fuoco attraverso il vissuto dei personaggi. Ѐ questo a renderla attuale?
"Sicuramente sì. Oggi assistiamo alla follia di certe contrapposizioni di mentalità, di credo religioso, ma non è sempre stato così: ci sono stati tempi in cui regnava la pace, la convivenza. L’uomo che la protagonista doveva sposare era un serbo ortodosso, lei era musulmana, e nessuno dei due avrebbe cambiato religione per sposare l’altro. Cos’è la follia di oggi? Ci sono stati periodi in cui persone di diverse religioni ed etnie si trovavano insieme a condividere spazi comuni. Oggi la guerra ci circonda, e non è detto che non arrivi a toccarci da vicino: sembra infatti che dal nostro passato non abbiamo imparato nulla".
L’intero lavoro è accompagnato dalle musiche dal vivo eseguite da Mario Incudine. Quanto incidono come valore aggiunto nel ricreare l’atmosfera del romanzo di Rumiz?
"Incidono tanto. Non è stato facile ricreare un adattamento teatrale de “La cotogna di Istambul” di Paolo Rumiz – che è poi un poema in endecasillabi – ma le musiche dal vivo di Mario Incudine, straordinario polistrumentista, si alternano nei vari momenti dell’opera regalandole continuità, e contribuiscono in realtà a creare atmosfere diverse, da oriente e da occidente, a seconda della diversa storia e provenienza dei personaggi. Il risultato è davvero straordinario, e sta ottenendo grandi consensi".
Era già stata a recitare in Calabria? Che immagine ha di questa terra?
"Ci sono stata, ma per brevi periodi: ricordo i Bronzi di Riace, le coste e il mare. Purtroppo anche in questo frangente non avrò modo di visitare nulla da turista, perché avremo dei tempi serrati, e il mio personaggio per andare in scena richiede due ore di trucco, anche per sistemare i capelli che in alcune scene dovranno apparire rasati. L’importante sarà il lavoro e la soddisfazione del pubblico".
Giulia De Sensi
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