Lamezia Terme – Dopo una serie di rinvii si è tenuta dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme, presieduto dal giudice Rosario Aracri, una nuova udienza del processo per l’alluvione del 2018 dove a San Pietro Lametino persero la vita Stefania Signore e i suoi due bambini, Christian di 7 anni e Nicolò di soli 2 anni. Oggi, sono stati sentiti gli operanti che la sera in cui sono accaduti i fatti sono intervenuti sul luogo della tragedia. In aula anche la testimonianza di una persona che quella tragica sera è riuscita a salvarsi salendo sul tetto della propria auto in attesa dei soccorsi. I testi hanno risposto alle domande del Pm e a quelle della difesa. Il processo proseguirà il prossimo 25 marzo con l’audizione di altri agenti operanti e del medico che ha proceduto all’esame autoptico sui corpi dei malcapitati.
Sono cinque le persone a processo, dopo il rinvio a giudizio stabilito dal gip del tribunale di Lamezia a seguito delle indagini effettuate dalla procura cittadina guidata da Salvatore Curcio. Si tratta di Antonio Condello, 51 anni di Curinga (difeso dagli avvocati Maria Zaffina, Renzo Andricciola e Giuseppe Mastroianni); Floriano Siniscalco, 51 anni di Girifalco (difeso dall'avvocato Maurizio Siniscalco e Vincenzo Ioppoli); Francesco Paone, 61 anni di Lamezia (difeso dall'avvocato Francesco Iacopino); Giovanni Antonio Lento, 61 anni di Lamezia (difeso dall'avvocato Lucio Canzoniere) e Cesarino Pascuzzo, 63 anni di Lamezia Terme (difeso dall'avvocato Francesco Domenico Murone). Sono un imprenditore agricolo, un dirigente e tre dipendenti della Provincia di Catanzaro. Tutti i familiari delle vittime già nella fase preliminare del giudizio si sono costituite parti civile.
La tragedia di San Pietro Lametino
La sera del 4 ottobre 2018, verso le 20:15, Stefania è a bordo della sua Alfa Mito in compagnia dei suoi due figlioletti, Nicolò di due anni e Christian di sette anni, sta percorrendo la s.p. 113 dirigendosi da San Pietro a Maida verso San Pietro Lametino. Tornano a casa dopo aver trascorso il pomeriggio dai nonni perché la mamma lavora al call center, è buio, la pioggia è battente e la strada comincia ad allagarsi. Ad un certo punto, nei pressi del chilometro cinque, Stefania perde il controllo dell’auto e sbanda fermando la sua corsa di traverso rispetto alla carreggiata e con parte sinistra della Mito esposta al deflusso dell’acqua. L’auto è di traverso e la donna nota che l’acqua sta entrando nell’abitacolo, è spaventata, il buio e la pioggia la disorientano. Istintivamente cerca di mettere al sicuro i suoi due bimbi abbandonando il veicolo e uscendo dalla portiera sul lato del passeggero. Appena si allontanano di qualche metro, il forte flusso d’acqua travolge tutto violentemente e l’auto, Stefania e i due piccoli si perdono tra il fango e i detriti. I corpi di mamma e figlio maggiore vengono ritrovati esanimi di lì a poco, mentre il corpicino del piccolo Nicolò viene rinvenuto solo il 12 ottobre, coperto di fango, a cinquecento metri di distanza dal luogo dell’incidente.
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