Varese - Diciannove persone sono state iscritte nel registro degli indagati con accuse a vario titolo per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, estorsione e spaccio di droga dalla Dda di Milano, a seguito di un'inchiesta coordinata inizialmente dalla Procura di Varese, ritenute parte di due reti criminali a Varese, non in contrasto e dedite a due filoni di reati principali, lo spaccio di cocaina nei locali e le estorsioni, e rispettivamente vicine a clan criminali napoletani e calabresi.
Le indagini
Le indagini sono partite nel 2017 a seguito di diversi incendi di auto. Al vertice della rete criminale "napoletana", come emerge dall'indagine denominata "Nerone" condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Varese, c'era Giuseppe Torcasio (alias "zio Pino"), legato a Vincenzo Torcasio, condannato nel 2017 per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuto vicino alla cosca Giampà. Oltre allo spaccio di droga, che avveniva all'interno di eleganti locali, di cui alcuni sul fronte del lago Maggiore, la rete era dedita anche alle estorsioni, con tanto di interessi recuperati a suon di aggressioni fisiche e atti intimidatori, che gli indagati mettevano in atto "avvalendosi della forza intimidatrice derivante dalla suggestione di un vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano, in ragione della peculiarità delle richieste che esprimono tecniche collaudate tipiche del controllo del territorio", come si legge nelle carte giudiziarie.
19 le persone indagate
"Digli che… se devo prendere un pezzo di ferro e spaccargli la testa oggi! Dogli così… Ti giuro che se oggi mi piglia per il c…o gli spacco tutti i denti che ha in bocca". Con queste parole uno degli indagati nella maxi inchiesta coordinata dalla Dda di Milano nei confronti di un'organizzazione dedita alle estorsioni e vicina ai clan calabresi e operativa in provincia di Varese, si è rivolto ad un suo fiancheggiatore parlando di una delle vittime di estorsione. Le sue parole sono finite nero su bianco nel fascicolo di chiusura indagine firmato dal pm Alessandra Cerreti, che ora si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di tutti e 19 gli iscritti nel registro degli indagati per vari reati a vario titolo aggravati dall'agire mafioso. Il secondo filone di inchiesta, quello relativo allo spaccio di droga, in particolare cocaina, ha portato gli inquirenti ad individuare la rete tramite pedinamenti e servizi di osservazione, dove clienti facoltosi acquistavano lo stupefacente all'interno di locali pubblici eleganti. A reggere le fila di alcuni degli indagati, secondo le indagini, era appunto Giuseppe Torcasio, detto "zio Pino", originario di Lamezia Terme ma da tempo residente in provincia di Varese.
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