Processo Perseo rito abbreviato, le motivazioni delle assoluzioni di Fozza e Ammendola

palazzo-di-giustizia-Catanzaro-Fozza-e-Ammendola.jpg

Lamezia Terme - Due delle assoluzioni più divergenti tra la richiesta del pm e la decisione del Gup nella sentenza (8 giugno scorso) del processo Perseo, celebrato con il rito abbreviato al Tribunale di Catanzaro, sono state quelle di Emiliano Fozza e Giuseppe Ammendola, per i quali il pubblico ministero Elio Romano aveva chiesto due pene pesanti: 13 anni e 4 mesi per il primo e 30 anni di reclusione per il secondo.

FOZZA - Per quanto riguarda la posizione di Emiliano Fozza, la pubblica accusa lo aveva definito “partecipe (alla cosca Giampà, ndr) in qualità di autista, uomo di fiducia e tuttofare del suddetto Giampà Giuseppe, suo braccio sinistro, attivo nel settore del traffico di sostanze stupefacenti come corriere, attivo nel settore delle estorsioni per conto della cosca e di Giampà Giuseppe in particolare, anche in campo prettamente commerciale, mediante l’imposizione di forniture di prodotti alimentare ai vari esercizi commerciali del lametino, (…) nonché dedito alla penetrazione sul mercato mediante acquisizione di attività economiche in nome e per conto della cosca”. Fozza è stato assolto, con la sentenza pronunciata dal Gup Giuseppe Perri, dal reato associativo “per non aver commesso il fatto” e assolto per aver partecipato alle truffe con la formula “perché il fatto non sussiste”. Secondo le motivazioni del giudice, per Fozza, che l’accusa aveva definito il “braccio sinistro del boss”, “non risulta provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine alla contestazione associativa”.

Il Gup scrive che “il Fozza è indicato dai collaboratori di giustizia quale stretto collaboratore del boss Giuseppe Giampà e sarebbe attivo nel settore del traffico di sostanze stupefacenti, smistate e spacciate sul territorio lametino per conto dello stesso”. Sempre per il Gup “l’unica condotta che i collaboratori ascrivono al Fozza è una sorta di piccolo spaccio per conto di Giuseppe Giampà, del quale è autista e per il quale lavora alla GT distribuzioni. Non si può quindi ritenere accertata una sua stabile partecipazione alla cosca mafiosa e la sua volontà di fare propri i fini e le metodologie della consorteria. Del resto, anche le frequentazioni con personaggi della cosca (che avrebbero partecipato ai funerali de padre) confermano senz’altro la sua contiguità, ma non offrono elementi decisivi per farlo ritenere, per l’appunto, un intraneo”.

Per quanto riguarda, poi, quanto dichiarato da Giuseppe Giampà, il Gup asserisce che “Giampà non attribuisce all’odierno prevenuto un comportamento sintomatico della sua adesione permanente ed incondizionata all’associazione ribadendo, viceversa, esclusivamente l’assoluta disponibilità del giudicabile nei confronti dello stesso propalante e, in generale, il suo essere al servizio dei suoi interessi particolari, leciti o meno” e che sullo scambio di lettere, che secondo l’accusa proverebbe una partecipazione alle attività della cosca anche in qualità di intermediario, secondo il Gup (le lettere, ndr) “confermano evidentemente solo il rapporto privilegiato esistente tra i due ed il ruolo del prevenuto di vero e proprio factotum”. Il Gup scrive, in merito alla posizione di Fozza nelle truffe assicurative: “Il quadro probatorio a carico dei coimputati è clamorosamente inesistente”. E a questo si aggiunge che le accuse si basano solo sulle dichiarazioni di Giampà.

AMMENDOLA - Giuseppe Ammendola era stato accusato di essere l’esecutore materiale, assieme a Francesco Vasile, del duplice omicidio Spena-Vaccaro. Accusa per la quale è stato assolto “per non aver commesso il fatto”. Nel faldone delle motivazioni il Gup non ha ritenuto riscontrate le dichiarazioni dei collaboratori perché arrivati dalla medesima fonte, “ed invero – sottolinea – senza nulla togliere alla credibilità soggettiva del Torcasio, il dichiarato di questo collaborante, in relazione ai fatti in esame, non può per nulla essere ritenuto attendibile”. Definendo poi “alquanto raccapricciante constatare come il Torcasio abbia offerto due versioni diametralmente opposte senza doversi neppure preoccupare di spiegare le ragioni di queste insuperabili discrasie esistente tra i due dichiarati – gravi e rilevanti – riguardando il nucleo della vicenda e soprattutto i ruoli di alcuni protagonisti”.

Ad accusare Ammendola – per il Gup - è stato solo Francesco Vasile e, su questo, il Gup commenta così nelle motivazioni: “Né appare possibile – alla luce di quanto detto e al deliberato fine di colmare il deficit probatorio derivante dalla declaratoria di inattendibilità del Torcasio per i fatti in questione – riesumare la chiamata di Giampà Giuseppe ritenendola (ovviamente solo in relazione all’Ammendola) valido riscontro estrinseco individualizzante alle accuse di Vasile”. Stesso discorso per l’accusa di associazione. Per il giudice del Tribunale di Catanzaro “non risulta accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine alla contestazione associativa che, come si vedrà a breve, si fonda essenzialmente sulla sua partecipazione alla condotta omicidiaria a lui ascritta (duplice omicidio Spena – Vaccaro, ndr)”. 

“A ben vedere - continua il Gup -  le riportate accuse del Torcasio, peraltro alquanto frammentarie in ordine ad una precisa condotta associativa attribuita all’Ammendola, non trovano riscontro né nelle dichiarazione del Vasile (che fa esclusivamente riferimento al citato duplice omicidio) né a quelle di Giampà Giuseppe (che, omicidio Spena-Vaccaro a parte, riferisce solo quanto appreso dallo stesso Torcasio circa le fasi preparatorie relative all’azione omicidiaria nei confronti di Torcasio Giuseppe), tanto meno in quelle di Cappello Saverio (che riferisce pure solo quanto appreso dal Torcasio)”. “Inconsistenti” sono definite dal Gup le dichiarazioni di Battista Cosentino, affermando poi che “in definitiva, attesa l’assenza di riscontri alle parole del Torcasio, l’imputato deve essere assolto per non aver commesso il fatto”.

C.S.

© RIPRODUZIONE RISERVATA