‘Ndrangheta, cocaina e marijuana a Milano: arresti anche a Reggio Calabria

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Milano - Cocaina e marijuana nel Milanese grazie alla 'ndrangheta. Tra il capoluogo lombardo e Reggio Calabria i carabinieri della Compagnia di Corsico, guidati dal capitano Pasquale Puca, stanno eseguendo una misura di custodia cautelare nei confronti di 17 indagati. Il gip ha disposto per 10 il carcere, a 5 ha concesso i domiciliari, e 2 hanno l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione e porto di armi clandestine; a due degli indagati è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso per perché legati alla locale di ‘ndrangheta di Corsico-Buccinasco, dove si registra l’egemonia del clan ‘Barbaro-Papalia’. I provvedimenti costituiscono il seguito dell'operazione denominata Quadrato, dell'ottobre 2018, per la quale nel giugno dell’anno dopo erano stati condannati con rito abbreviato Francesco e Antonio Barbaro, rispettivamente a 12 anni e 8 mesi e a 8 anni di reclusione con l’aggravante mafiosa; la stessa contestata a Francesco Pellegrini, condannato a 9 anni; i fratelli marocchini Ouadif avrebbero dovuto scontare invece oltre 8 anni, mentre Salvatore Barbaro aveva ricevuto una condanna a sei anni e 8 mesi, e Natale Trimobili a tre anni e 14mila euro di multa. L’indagine di oggi ha consentito di fermare un grosso traffico di cocaina e marijuana nel Sud-Ovest della provincia di Milano. fondamentali le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. 

Dolci (Dda): "Cannabis light attira interessi clan"

Il mercato della cannabis light “sta attirando l’attenzione e gli interessi della criminalità organizzata”.  A dirlo è il capo della Dda di Milano, Alessandra Dolci, nel corso di una conferenza stampa al comando provinciale dei carabinieri, commentando l’operazione “Quadrato 2”, che ha portato all’esecuzione di 17 misure cautelari per spaccio e traffico di droga, nei confronti di affiliati del clan di ‘Ndrangheta, Barbaro-Papalia di Corsico-Buccinasco, nell’hinterland sud del capoluogo lombardo. Nel corso dell’indagine, infatti, è stata monitorato come alcuni degli arrestati fossero pronti a investire ingenti somme di denaro in attività del settore della coltivazione indoor della canapa light, sostanza rilevatasi a seguito di accertamenti con principio attivo superiore a quello consentito dalla legge.

Fra i riscontri investigativi, infatti, anche il sequestro di un capannone di una ditta di Gaggiano, formalmente impegnata nel trattamento della cannabis terapeutica, realmente adibita allo stoccaggio di quella con Thc superiore ai limiti consentiti. Sul capannone, inoltre, avevano messo gli occhi alcuni importanti nomi della criminalità calabrese, come Giuffrido Tagliavia (uno dei partecipanti al famoso summit di Paderno Dugnano, che diede il via alla storia operazione Crimine-Infinito) e un rappresentante della famiglia Barranca, pronti a mettersi in società per acquisirlo. Per l’esito dell’operazione sono state importanti le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Domenico Agresta, che ha descritto i rapporti tra i due arrestati principali dell’inchiesta, Saverio Barbaro e Luigi Virgara e il clan d’origine del Reggino; le sue dichiarazioni sono poi state riscontrate anche nel corso delle intercettazioni, ad esempio un incontro che sarebbe dovuto avvenire tra Virgara e un Sergi, testimoniato nei contatti telefonici tra i due. Nonostante questo, comunque, gli indagati erano particolarmente accorti nell’evitare di essere intercettati o seguiti: gli incontri avvenivano quasi sempre in luoghi aperti, e, anche nel periodo dell’emergenza sanitaria in cui per molti è stato indispensabile usare la tecnologia, cercavano di farne il minor uso possibile: in alternativa si lasciavano a vicenda pizzini per le comunicazioni importanti nascosti nelle ruote delle rispettive automobili.

Da Aspromonte a Milano per presidiare zona 

Dovevano prendere in eredità la piazza di spaccio dell’hinterland sud di Milano, nei comuni storicamente controllati dalla ‘Ndrangheta, come Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, dopo che i fratelli Barbaro (Salvatore, Francesco e Antonio) erano stati incarcerati: per questo era stato necessario far venire un “cugino dalla montagna”, cioè dall’Aspromonte, per riprendere il controllo della droga su Milano. L’indagine Quadrato 2 dei carabinieri di Corsico (guidati dal capitano Pasquale Puca e dal tenente Armando Laviola) ha portato alla luce la continuità con cui i clan di origine calabrese sono presenti al Nord e il loro radicamento nel mercato dello stupefacente, che rimane una delle “prime fonti di guadagno”. In linea con l’operazione Quadrato 1, nella quale i tre fratelli Barbaro erano stati arrestati - mentre un quarto, Giuseppe, assolto - l’inchiesta ha al centro due parenti del clan Barbaro-Papala, originario di Platì, in Calabria: Saverio Barbaro, 31 anni (cugino di secondo grado degli arrestati nella prima tranche) già noto sul territorio perché controllava in particolare la piazza del quartiere Tessera di Cesano Boscone, e un suo parente, Luigi Virgara (45 anni) richiamato dal Sud a presidiare la zona.

Era proprio lui il ‘cugino della montagna’: Virgaro, peraltro, per giustificare la sua presenza al nord lavorava come bidello nelle scuole di Corsico e Buccinasco. Sempre lui - come comparso nelle intercettazioni - a tenere i rapporti con la famiglia d’origine,in particolare con Michele Sergi, che veniva a riscuotere il denaro derivante dallo spaccio per riportarlo in Calabria ad alimentare le altre attività della ‘Ndrangheta. L’indagine è stata particolarmente complessa poiché tutti gli indagati, la maggior parte di loro con precedenti per stupefacenti, “erano molto accorti” - hanno descritto gli investigatori, coordinati dal pm di Milano, Stefano Amendola, e dal procuratore aggiunto della Dda Alessandra Dolci - e anche solo pedinarli non è stato semplice: è capitato ad esempio che nel corso di un pedinamento un’auto si mettesse di traverso rispetto a quella dei carabinieri, per far perdere loro le tracce; così come molto spesso appartamenti e autovetture venivano ‘bonificati’ dagli appartenenti all’organizzazione per evitare che ci fossero cimici a intercettare le loro conversazioni. Nel corso dell’indagine, al fine di riscontrare le responsabilità penali dei singoli associati, sono stati operati 7 arresti in flagranza e recuperati circa 1,0 chili di cocaina, 100 grammi di hashish e 2,5 chili di marijuana.

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