Abuso d'ufficio e falso: 6 divieti di dimora per dirigenti Asp Cosenza e 19 indagati, anche Belcastro e Scalzo - I NOMI

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Cosenza - Avrebbero falsificato i bilanci consuntivi dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza nel triennio 2015-2017, fornendo una rappresentazione della realtà economico-patrimoniale, caratterizzata da cronici e consistenti disavanzi, più edulcorata di quanto non fosse, per riportare perdite di esercizio inferiori a quelle effettive e consentire un allineamento posticcio dei dati a quelli del bilancio preventivo regionale. Con questa accusa, 15 dirigenti e funzionari dell'Asp di Cosenza sono indagati dalla Procura per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico e per 6 di loro è stato adottato il provvedimento del divieto di dimora.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Cosenza su richiesta di questa Procura ed eseguito dalla Guardia di finanza. I particolari dell'indagine sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa nella sede del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza alla presenza del Procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo, del Comandante regionale Calabria della Guardia di Finanza, Gen. B. Guido Mario Geremia e del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, Col. Danilo Nastasi.

I NOMI

Oltre alle sei misure di divieto di dimora, sono indagate altre persone nell'operazione "Sistema Cosenza". Le misure di divieto di dimora colpiscono l’ex direttore generale dell'Asp di Cosenza, Raffaele Mauro, e i dirigenti Luigi Bruno, Giovanni Lauricella e Remigio Magnelli, oltre a Maria Marano collaboratore amministrativo (divieto di dimora a Cosenza) e Francesco Giudiceandrea (divieto di dimora in Calabria). Ma risultano indagati anche Massimo Scura e Saverio Cotticelli, ex Commissari alla sanità calabrese, e Antonio Belcastro, quest'ultimo ex direttore del Dipartimento salute della Regione Calabria ed attualmente soggetto attuatore per l'emergenza coronavirus. Altri indagati sono Antonio Scalzo, Gennaro Sosto, Carmela Cortese, Nicola Mastrota, Fabiola Rizzuto, Elio Pasquale Bozzo, Alfonso Luzzi, Aurora De Ciancio, Bruno Zito, Vincenzo Ferrari.  

“L’indagine è durata due anni e non è conclusa", ha detto il procuratore capo di Cosenza, Mario Spagnuolo, il quale precisa che sono state effettuate molte intercettazioni telefoniche ed ambientali. “Abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora e siamo appena all’inizio, ci aspettiamo nei confronti delle persone indagate ulteriori conferme e lavoreremo su queste ipotesi d’accusa. L’Asp di Cosenza – dice ancora il procuratore – gestisce somme per circa un miliardo e 200 milioni di euro l’anno e ha al suo attivo il conferimento da parte della Regione di denaro che utilizza per acquistare beni e servizi, gestire ospedali, laboratori, strutture. Ha migliaia di dipendenti ed è una delle più importanti d’Italia”.

Le indagini eseguite dalle fiamme gialle del nucleo di polizia economico finanziaria di Cosenza hanno svelato che la disastrosa situazione economica-finanziaria e patrimoniale in cui versa l'Asp cosentina è dovuta ad un sistema di malaffare che, stratificatosi nel corso degli anni ed aggravato da una sostanziale inefficacia del sistema dei controlli, ha consentito di occultare il depauperamento delle risorse dell’Ente sanitario, con inevitabili ripercussioni sulla capacità di garantire livelli essenziali di assistenza adeguati. È emerso il doloso occultamento di una preponderante quota del contenzioso legale sorto negli anni dal 2015 al 2017 e, conseguentemente, l’insufficiente imputazione degli accantonamenti annuali al fondo rischi e oneri, che è risultato del tutto inadeguato rispetto alla sua funzione, cioè la copertura prudenziale dei possibili rischi giudiziari. Il contenzioso legale pendente è di oltre mezzo miliardo di euro, che potrebbe anche essere sottostimato.

Inoltre sono stati rilevati: un marcato disallineamento tra il saldo di cassa effettivo (disponibile presso l’istituto di credito tesoriere) e quello risultante a bilancio, motivato dal mancato regolarizzo di oltre 54 milioni di euro di “sospesi di cassa”, ovvero di somme non più disponibili in quanto già pagate dal tesoriere, nella stragrande maggioranza dei casi per effetto dei “pignoramenti presso terzi” ottenuti in sede giudiziale dai creditori dell’Azienda; la mancata contabilizzazione degli incassi dei crediti vantati nonché la mancata svalutazione e stralcio di quelli da ritenersi inesigibili; i crediti di cui al bilancio consuntivo al 31/12/2017 sono stati appostati sulla base di dati extracontabili e, pertanto, non rispecchiano i dati risultanti dalla contabilità. Ma, nonostante le gravi irregolarità gestionali e contabili ed i pareri contrari espressi dal collegio sindacale, i bilanci del triennio 2015-2017 sono stati comunque approvati dagli organi di controllo istruttorio. La procura della Repubblica ha chiesto per gli indagati anche misure interdittive, su cui si pronuncerà il gip dopo gli interrogatori. 

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