Un tutt'uno la vita e l'opera di Edgar Morin

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

© RIPRODUZIONE RISERVATA

pino_gulla_865eb_a280e_8b2cb_708ae_7bd60_dbe72_1b2ed_af80b_ab265_f0cb0.jpg“Il tempo ha formato e trasformato la mia opera e ha formato e trasformato me. L’opera mi ha imposto la sua logica di vita, che mi ha imposto il mio percorso di vita, il quale mi ha imposto la vita dell’opera”, così Edgar Morin nella chiusa del terzo capitolo de L’avventura del metodo. Come la vita ha nutrito l’opera, edito quest’anno da Raffaello Cortina. Titolo originale: L’aventure de La Méthode suivi de “Pour une rationalité ouverte”, Editions du Seuil, 2015. In copertina il baniano, una pianta sempreverde diffusa in India le cui radici aeree scendono giù dai rami e raggiungono il terreno formando altri tronchi. All’inizio del quarto capitolo lo studioso parigino spiega il motivo di tale preferenza arborea: “Ho scelto quest’albero come simbolo del ciclo ricorsivo [andirivieni ciclico della Complessità] inerente a tanti processi di sistemi complessi, in cui i prodotti divengono produttori di ciò che li produce”. Una metafora delle “ricadute del Metodo” che generano altri arbusti, diversi ma inscindibili, dal tronco principale. Alcuni esempi a pagina 48: “I libri che elaborai contestualmente al Metodo erano anch’essi esercizi di pensiero complesso che, alimentati dal Metodo, finivano per alimentarlo a loro volta…Ci furono anzitutto due libri che sono come polloni [rami ai piedi di un albero] del ceppo: Scienza con coscienza (1982, traduzione italiana Franco Angeli, Milano 1984) e Introduzione al pensiero complesso (1990), traduzione italiana Sperling & Kupfer, Milano, 1993). Prima dei capitoli, le dediche a coloro che hanno partecipato e in qualche modo stimolato la stesura del libro. Insieme agli altri Giuseppe Gembillo, già professore ordinario di Storia e Filosofia della Complessità e coordinatore delle attività della Scuola di Alta Formazione Francesco Fiorentino di Lamezia Terme dal 1997 al 2014 e Annamaria Anselmo, professore ordinario di Storia della Filosofia nell’Università Peloritana e relatrice nei seminari lametini: “Al mio amore Sabah. Agli amici Jean-Louis Le Moigne, Jean Tellez, Mauro Ceruti, Sergio Manghi, Giuseppe Gembillo e Annamaria Anselmo che mi hanno aiutato e sostenuto nell’avventura del metodo”. Il nome del filosofo di Messina ritorna a pagina 55 nel paragrafo La riforma del pensiero e la riforma dell’insegnamento (Edgar Morin La testa ben fatta e I sette saperi necessari all’educazione, 1999, traduzione italiana di Raffaello Cortina Milano, rispettivamente nel 2000 e nel 2001) laddove lo studioso d’Oltralpe evidenzia il propagarsi della sua riforma dell’insegnamento nelle diverse regioni del mondo. Tali temi sono stati trattati nell’attività seminariale della Scuola di Alta Formazione Francesco Fiorentino nel 2008: Complessità e formazione, il tema della lezione, relatori Giuseppe Gembillo e Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della Filosofia nel Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina.  Nella nota 13 viene menzionato Il Centro Internazionale di Filosofia della Complessità Edgar Morin, direttore scientifico Giuseppe Gembillo, “che ha pubblicato in Italiano molti miei testi”, in particolare quelli sul Metodo nella rivista Complessità edita a Messina da Sicania (gennaio-dicembre 2011).

I primi approcci alla Complessità avvennero negli anni ’60 con la cibernetica di Norbert Wiener che liberavano Morin dalla causalità lineare “per arrivare all’idea di anello prima retroattivo poi ricorsivo, garantendo “la stabilità di un sistema così come la sua autonomia in relazione all’ambiente esterno”. Poi in fisica la ripresa, da parte di Prigogine, del Secondo principio della termodinamica, ovvero l’irreversibilità nel passaggio di calore da un corpo caldo ad un corpo freddo (v. articoli precedenti). Inoltre Von Foerster: “non ci può essere auto-organizzazione senza dipendenza dall’ ambiente”. E ancora, il sistema vivente aperto di Ludwig Bertalanffy; quello chiuso di Humberto Maturana e Francisco Varela. E altri studi e studiosi altrettanto importanti che non elenco per la necessità di sintesi breve richiesta dal blog. Il filosofo e sociologo transalpino si accorse, però, che “a causa della disgiunzione tra le scienze e della compartimentazione dei saperi, questi lavori, prodotti da matematici, ingegneri, fisici, biologi, erano sconosciuti nell’ambito delle scienze naturali e delle scienze umane”. Allora organizzò Il Metodo secondo “la dialettica ordine/disordine/organizzazione fatta di interazioni e retroazioni; fece tesoro delle ricerche di Gregory Bateson, l’ecologia sistemica della mente “per dialettizzare il principio di disorganizzazione con un principio organizzatore contrario”; in particolare prese in considerazione quelle di Ilya Prigogine: “Il disordine calorifero poteva, entro certe soglie, produrre condizioni, in cui apparissero forme organizzate”. Sorprendenti le scoperte di von Foerster, Gunther, Maturana, avendo tratto le debite conclusioni dalla rivoluzione biologica di Francis Crick e James Watson: “I sistemi viventi sono anche sistemi cognitivi (giacché calcolano, memorizzano o codificano, comunicano” (p.36). Nella nota 8: “I batteri comunicano tra di loro”.

Caratteristica della Complessità è la transdisciplinarità concernente i sistemi fisici, viventi e umani; bisogna, di conseguenza, andare al di là della separazione delle scienze e della ripartizione dei saperi, unendo ciò che erroneamente è stato separato. Lo studioso parigino si rese conto che il Pensiero aveva sbagliato strada facendo errori dannosi all’attività stessa del conoscere, soprattutto quelli sulla “disgiunzione tra le conoscenze e la riduzione del complesso al semplice, del composto nei suoi elementi” (p. 38). Avviò allora il Metodo che non ha niente a che vedere con la metodologia, con principi o tecniche da applicare ad uno sviluppo speculativo: “la parola methodos che unisce i termini greci metis (astuzia, stratagemma) e odos (cammino) a significare (ricerca di un cammino), mi indicava che bisognava camminare a lungo e con difficoltà per arrivare a concepire i modi per coltivare un pensiero capace di trattare la complessità” (p. 39). Ancor prima di muovere i primi passi, cercò di riproporre a se stesso gli interrogativi kantiani della Critica della Ragion Pura che lo avevano incuriosito fin dall’adolescenza: “Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa posso sperare?”. Cercare, quindi, le risposte attraverso l’elaborazione del Metodo. Pensava di pubblicare l’opera in un solo volume, ma “il lavoro era divenuto enorme”. Pubblicò il primo volume La natura della natura nel 1977; nella quarta di copertina presentò lo spirito generale dell’intera opera, avendo già scritto di getto i successivi: “Abbiamo bisogno di un metodo di conoscenza che traduca la complessità del reale, riconosca l’esistenza degli esseri e si avvicini al mistero delle cose”. Tre anni dopo in libreria La vita della vita; La conoscenza della conoscenza il 1986; Le idee nel 1991; L’identità umana il 2001; nel 2004 l’Etica.

Torno all’immagine del baniano per due testi importanti e utili per capire le problematiche attuali e cercare di risolverle: La Terra-Patria e La Via con il sottotitolo Per l’avvenire dell’umanità. La necessità “di assumere pienamente la cittadinanza terrestre […] e di cambiare Via” se non si vuole continuare nei disastri a catena, ecologici e militari. Si può fare subito, “salvaguardando i territori minacciati dalla desertificazione, […] sviluppando il benessere, la democrazia, l’autonomia individuale, l’emancipazione femminile. […] Incoraggiare la crescita di un’economia verde, dell’economia sociale e solidale, dell’agroecologia. […] Tutte queste riforme (del pensiero, della persona, della vita, della società), essendo interdipendenti, possono confluire in una Vita nuova” (pp.58-59).  Vado a chiudere il pezzo con le parole conclusive del sesto capitolo, L’Umanesimo rigenerato: “Immerso in questa avventura sconosciuta, faccio parte di un grande essere con i sette miliardi di altri umani, come la cellula fa parte di un corpo assieme a centinaia di miliardi di cellule, cellule che in un corpo sono mille volte di più degli esseri umani sulla terra”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA