Processo Perseo: Rosario Cappello, Trovato picchiò mio figlio al Capriccio - VIDEO

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Lamezia Terme - Si ritorna in aula, nell’ambito del processo Perseo, con il controesame del collaboratore di giustizia Rosario Cappello, il Presidente Fontanazza e, a latere, i giudici Aragona e Monetti, aprono l’udienza con il consueto appello degli imputati e dei relativi legali. L’avvocato Marchese dichiara al tribunale di rinunciare alla difesa di Eric Voci. Parte con il controesame l’avvocato Di Renzo che inizia a esplorare insieme a Rosario Cappello il tema dei rapporti con la famiglia dei Trovato in merito ad una lite avvenuta tra il figlio ed i fratelli Trovato che lo stesso Cappello aveva raccontato nella precedente udienza.

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In particolare, Di Renzo chiede di una lite avvenuta in una discoteca di Nocera Terinese dopo il matrimonio di Giuseppe Chirumbolo. “Sa se suo figlio Saverio abbia picchiato Franco Trovato nella discoteca Il Capriccio?” chiede il legale, “Trovato picchiò mio figlio” risponde Rosario Cappello, la lite avvenne tra “Luciano Trovato e mio figlio Giuseppe”. Successivamente Cappello mandò a chiamare i Trovato tramite Bonaddio Vincenzo prima della sparatoria in via del Progresso, in questa circostanza oggi Cappello cita anche la figura di Arcieri Rosario. In merito ad una delle vetture oggetto della sparatoria in via del Progresso, Rosario Cappello, secondo l’avvocato, avrebbe “cambiato versione” in quanto prima aveva dichiarato che “si trattava di una Volkswagen Golf nera e poi di una Grande Punto nera”, secondo l’avvocato il cambiamento è avvenuto “dopo che questo particolare è emerso in udienza”.

L’avvocato Galeota chiede a Rosario Cappello a quali estorsioni abbia partecipato personalmente. “L’estorsione a Petronio di Decollatura, l’estorsione di Capizzaglie, e l’estorsione a Gigliotti” riferisce il collaboratore di giustizia, descrivendo poi ogni estorsione e i relativi proventi. "La sua carriera criminale inizia con la cosca Torcasio?" chiede il legale che, alla risposta affermativa del collaboratore aggiunge "è stato poi battezzato nella cosca Giampà?". "Si negli anni ’79 ’80 con i Giampà”.

Procede poi con il controesame l’avvocato Spinelli partendo da prima della collaborazione di Rosario Cappello con la giustizia. L’avvocato lo invita a soffermarsi sul contrasto tra Torcasio Angelo e Bonaddio Vincenzo. "Un contrasto - ha chiesto l'avvocato - che le persone dell’associazione potevano anche temere per la propria vita?" "Si - ha risposto Cappello. Forse è da qui che emerge la decisione di Torcasio Angelo di collaborare con la giustizia, si è chiesto il perché?" il collaboratore risponde negativamente. Spinelli ha poi chiesto il perchè degli intenti omicidiari di Giuseppe Giampà nei confronti di Angelo Torcasio e, Cappello, ha spiegato come "Giuseppe non andava più d’accordo con Angelo".

L’avvocato Staiano ha chiesto invece maggiori spiegazioni in merito all’attentato contro uno dei suoi figli. "Dopo che ha iniziato a collaborare, quando vi siete incontrati con i figli?" ha chiesto il legale e Cappello "dopo due anni, dopo che abbiamo finito i 180 giorni". "Dopo quindi - ha richiesto - ha riiniziato ad incontrare i suoi figli?", "si" ha risposto Cappello.

L' avvocato Ferraro invece si è soffermato chiedendo quante estorsioni avesse commesso in modo diretto, ma Cappello ne ha negato il coinvolgimento diretto. “Lei ha dichiarato che addirittura faceva parte dei 5 della commissione dei Giampà ma non prendeva parte attiva si limitava a recepire le informazioni da altri”. “Si, venivo informato da altri membri della cosca Giampà - risponde il collaboratore”. Cappello, dunque, non avrebbe mai preso iniziative né per quanto riguarda gli omicidi né le estorsioni. Il pentito racconta di essere agricoltore e allevatore e che, solo “dopo che mio figlio fu coinvolto in un omicidio entrai nella cosca”. Si tratta dell’omicidio Zagami avvenuto il 14 agosto 2004. “Io mi dovevo occupare di lavori in montagna”. Cappello era, inoltre, “il custode ufficiale delle armi della cosca Giampà, io in montagna e poi anche Angelo Torcasio". Il gruppo della montagna era formato dallo stesso Cappello “mio figlio e Arcieri Vincenzo” l’avvocato gli contesta che nei verbali aveva dichiarato “eravamo io e mio cognato Arcieri Vincenzo non c’erano altre persone”. Sulle doti di ‘ndrangheta Cappello afferma di avere Il Vangelo ottenuto nel carcere di Lamezia Terme nell’84/85” e, successivamente nel carcere di Cosenza nel 2000 avrebbe ricevuto anche “Il medaglione”.

Conclude il controesame l’avvocato Pagliuso che fa notare al collaboratore di giustizia come non risultino verbali del 2010, anno in cui ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il legale fa emergere il fatto che Cappello avrebbe riferito a un ispettore di polizia, in quanto suo amico, di un fucile tenuto a San Mango d’Aquino appartenente a Strangis Gino tempo prima che iniziasse a collaborare con la giustizia. “Come mai ha fatto questa soffiata?” chiede l’avvocato, “eravamo amici e gli ho detto che c’era questo fucile che era stato usato per sparare i camion sull’autostrada a Petronio” risponde Cappello. In merito alla sua decisione di collaborare Cappello racconta dei colloqui avuti in carcere con il figlio prima a Catanzaro e poi a Milano. In questi colloqui mio figlio mi ha detto che voleva diventare collaboratore e io gli dissi che era una cosa buona.

Allora pure io ho deciso che sarei diventato collaboratore”. Ritornando sulla confessione fatta a un ispettore di polizia Pagliuso chiede “lei ha detto di quel fucile all’ispettore A. E.?”. Il collaboratore afferma di aver effettivamente parlato con l’ispettore E. “gli dissi della decisione di mio figlio di collaborare e mi disse che era una cosa buona. Ma, non ricordo se sono andato prima in Questura a Catanzaro o prima mi sono confidato con l’ispettore”. Pagliuso cerca di far ricordare al collaboratore di giustizia alcuni episodi avvenuti a San Mazzeo, quello di un’estorsione a Tonino Gallo di San Mazzeo, a una benzina del suocero di Tonino Gallo e di una rapina avvenuta nel 1991 ai danni di due anziani ma, Cappello non ricorda nulla.

Prossima udienza il 19 giugno dove, probabilmente, sarà ascoltato, Giuseppe Cappello figlio di Rosario mentre, nella successiva udienza sarà ascoltato l’ultimo collaboratore di giustizia nel ciclo delle udienze del Processo Perseo, Battista Cosentino.

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