Lamezia Terme - Dai rapporti con le altre cosche al controllo del territorio lametino. Oggi, a deporre al processo "Rinascita Scott" in corso nell'aula bunker dell'area ex Sir è stato il pentito lametino Gennaro Pulice, 43 anni, che ha risposto alle domande del pm Annnamaria Frustaci e in oltre due ore ha ricostruito la storia criminale della città della Piana.
Collaboratore di giustizia dal 2015, Pulice si è soffermato sui suoi inizi nelle cosche lametine "facevo parte della cosca Cannizzaro-Iannazzo- Daponte", spiegando che alla base della sua scelta di vita vi sia l'uccisione del padre, Antonio, freddato in seguito ad una faida con la famiglia Bellocco, nata da contrasti sui sequestri di persona avvenuti in Lombardia. Pulice si vendicò dell'uccisione del padre anni dopo, uccidendo colui il quale tradì il congiunto: "ho ucciso Salvatore Belfiore lo stesso giorno in cui hanno ucciso mio padre”. E proprio in virtù del fatto di essere diventato un killer da giovanissimo, Pulice sarebbe riuscito a "scalare" la cosca, è stato lui stesso a riferirlo in aula. Poi si sarebbe soffermato sul ruolo delle cosche di 'ndrangheta, che utilizzando i loro imprenditori di riferimento, si spartivano i lavori da eseguire sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. In particolare, secondo il collaboratore di giustizia, a spartirsi i lavori sarebbero state le cosche Iannazzo di Lamezia Terme e Mancuso di Limbadi, i rapporti tra le quali sono storici. Pulice ha parlato anche del controllo che ci sarebbe stato da parte dei detenuti del carcere di Catanzaro, dove il collaboratore è stato detenuto dal 2003 e il 2006. "Il direttore del carcere - ha affermato il pentito - cura l'aspetto amministrativo, il comandante quello militare ed i detenuti gestiscono di fatto il carcere".
Davanti ai giudice ha anche raccontato dei legami fra le cosche lametine e quelle della provincia di Vibo valentia - i Mancuso - e di Reggio Calabria e della spinta delle 'ndrine della Piana a distaccarsi dal controllo di altre province. “Lamezia dopo la morte del capo Egidio Muraca, il materazzaro, per un periodo non ha avuto una locale, ma era dipendente delle cosche di San Luca”.
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