Sit-in per la liberazione di Maysoon Majidi a Catanzaro in attesa della decisione del Riesame

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Catanzaro - Celebrata questa mattina, al Tribunale del Riesame di Catanzaro, la prima udienza del ricorso contro il rigetto dell’istanza di scarcerazione per Maysoon Majidi, l’attivista e regista curda iraniana, arrestata il 31 dicembre scorso con l’accusa di essere una scafista. Majidi era stata dapprima reclusa nel carcere di Castrovillari e, dal mese di luglio, è stata trasferita nella casa circondariale di Reggio Calabria. Il Tribunale di Crotone, dove si sta celebrando il processo di primo grado, aveva respinto una prima richiesta di scarcerazione avanzata dal legale della donna. In piazza Matteotti, a partire dalle 9, i manifestanti del Comitato per la liberazione di Maysoon Majidi hanno protestato chiedendo alle autorità il rilascio immediato. La pronuncia del Riesame in merito al ricorso è attesa nei prossimi giorni.

"Da attivista e regista impegnata per la lotta dei diritti delle donne in Iran, arrivata in Italia dopo un lungo e difficile viaggio della speranza, Maysoon si è ritrovata a essere accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - scrive il comitato in una nota. "Una vicenda surreale, che incarna metaforicamente quella di tutti coloro, troppi, accusati ingiustamente di complicità nel presunto traffico di persone che ruota intorno agli sbarchi dei migranti sulle nostre coste. La vicenda, che è stata ripresa da media italiani ed esteri, rappresenta la metafora di un Paese in balia di una deriva autoritaria e fascista, che invece di perseguire mafie, massomafie e guardie costiere complici nel trattamento inumano di chi migra (come quella libica), spende risorse ed energie giudiziarie per tenere sotto processo persone innocenti, in fuga da realtà complicate, o più spesso vittime della narrativa occidentale per cui l’Europa sia un paradiso democratico, mentre nella maggior parte dei casi diventa il loro nuovo inferno. Maysoon in Iran era molto esposta nelle battaglie per i diritti repressi dal regime degli Ayatollah. Regime che ha già giustiziato decine di donne dissidenti. Da qui la sua scelta di fuggire altrove" - conclude la nota.

B.M.

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