Lamezia: salute, disabilità e comunicazione al centro dell'evento “Curare comunicare”

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Lamezia Terme - “Come giornalisti, in generale, e come giornalisti cattolici in particolare, non dobbiamo mai perdere un elemento identitario, costitutivo, della nostra visione di fede: il primato della parola. Della parola, non delle chiacchiere. È  la parola significativa che dà al lettore la chiave interpretativa e la possibilità di riflettere.  É vero, oggi viviamo nella cultura dell’immagine, ma cos’ è che rende una foto “anonima” una foto utile che lancia un messaggio ? E’ la parola che ci fa leggere la realtà, che immette un elemento di riflessione." Così il vescovo di Lamezia Terme e delegato Cec per le comunicazioni sociali e la cultura, mons. Serafino Parisi, ha concluso il focus su salute, disabilità e comunicazione, nell’ambito dell’ evento “Curare comunicare”, giubileo diocesano per gli operatori delle comunicazioni sociali, della salute e catechisti, promosso congiuntamente dai tre uffici diocesani in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Calabria e la delegazione calabrese della Fisc al santuario diocesano della Madonna di Dipodi, a Feroleto Antico.

“In tutte  le forme di comunicazione – ha osservato Parisi passando in rassegna le principali dinamiche che hanno cambiate il mondo della comunicazione negli ultimi decenni – da quella tra l’ammalato e il medico, tra un catechista e un ragazzo con disabilità, nell’informazione giornalistica, non dobbiamo mai perdere di vista la potenza espressiva della parola che, anche dentro la fragilità e attraverso la fragilità, fa emergere amore alla vita, la provocazione a continuare a vivere. Sono proprio le parole più fragili e quelle che vengono dal mondo della fragilità ad essere le parole più potenti. Siamo chiamati ad essere comunicatori di una parola che richiama alla voglia di vivere, di una parola – oserei dire – di resurrezione”.

“Ogni giornalista, non solo il giornalista credente, dovrebbe intingere nel cuore la penna prima di scrivere qualsiasi cosa”, ha evidenziato il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri sottolineando come “la nostra carta deontologica è in linea con la visione cristiana, a prescindere se il giornalista sia credente o meno. Il dovere di informare non può mai tollerare l’offesa degli altri o il mancato rispetto della dignità altrui. Alla rincorsa spasmodica a chi arriva prima e al “click in più”, anche a costo di raccontare sciocchezze, il giornalista risponde con gli strumenti dell’etica e della professionalità. Intingere la penna nel cuore significa saper cogliere, anche nelle situazioni più negative, quella scintilla positiva che fa capire che non è tutto nero”.

Per il delegato FISC Calabria don Enzo Gabrieli, “il giornalista cattolico non è “meno giornalista” degli altri, anzi deve fare uno sforzo in più per raccontare la realtà da un punto di vista cristiano senza fare discorsi, per così dire, “da sacrestia”.  Dobbiamo parlare non solo a chi è credente praticante, ma anche a chi sta sulla soglia della Chiesa. Nonostante il numero delle presenze in chiesa a volte può farci scoraggiare, in Italia c’è ancora grande attenzione per ciò che racconta la Chiesa e per come lo racconta. Come giornali cattolici calabresi, siamo presenti negli organi nazionali della FISC portando il valore aggiunto che viene dalla nostra calabresità”.

Introducendo l’incontro, il direttore dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali Saveria Maria Gigliotti ha sottolineato la scelta di vivere in comunione con gli altri due uffici l’evento giubilare perché “è proprio quando siamo chiamati a raccontare la malattia, la fragilità e la disabilità che come giornalisti siamo chiamati a misurarci con la sfida di una comunicazione che rispetti la persona e la sua dignità”. Rispetto della persona e della sua dignità richiamato anche dal direttore dell’ufficio di pastorale per la salute don Francesco Farina,  che ha parlato del “tempo della comunicazione come tempo di cura” e della relazione personale come elemento centrale dell’alleanza di cura tra medico e paziente.

Ha sottolineato l’attenzione per la pastorale delle persone con disabilità il direttore dell’ufficio catechistico don Antonio Brando, che ha ricordato la partecipazione della diocesi lametina agli incontri di formazione  regionali con 71 catechisti, tra le più numerose tra le diocesi calabresi.  “Accompagnare le persone con disabilità nella loro crescita spirituale e sociale non è solo un dovere, ma un'opportunità per fare esperienza della scoperta del volto di Cristo in ogni fratello e sorella – ha rimarcato Brando - Per loro, noi catechisti diventiamo un punto di riferimento essenziale, capace di abbattere le barriere fisiche, cognitive e sociali che possono ostacolare la loro partecipazione attiva alla vita comunitaria.”

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