"Sud e Magia" - Numinoso e nevrosi nel sud

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francesco_bevilacquadi Francesco Bevilacqua

Per tentare di capire il Sud (e la Calabria) è indispensabile leggere Ernesto de Martino (Napoli 1908, Roma 1965). De Martino fu letterato ma con profonde conoscenze di mitologia, psicologia e psicoanalisi, storico delle religioni, antropologo etnologo (per queste attività acquisì una grande fama in Italia e nel mondo), studioso (e ricercatore sul campo) del folklore e della religiosità popolare nel Sud Italia, all'epoca ancora per buona parte ancora arcaico ed emarginato. Egli è giustamente ritenuto uno dei massimi intellettuali italiani del Novecento. Sono stato indeciso su quale libro di de Martino recensire qui: "Il mondo magico", dove l'autore espone per la prima volta in modo compiuto la sua spiegazione del "magismo" etnologico; "Sud e magia", che è il resoconto e la discussione delle sue ricerche sul campo in materia di relitti magici in Basilicata; "Furore, simbolo, valore", che contiene saggi riguardanti, rispettivamente, interpretazioni: del mito e delle scienze religiose nell'età contemporanea, dei comportamenti distruttivi di massa nelle moderne democrazie laiche, delle prospettive dell'etnologia, nonché il racconto di alcune sue esperienze al Sud. Ho escluso opere pure note di de Martino, tra cui "La terra del rimorso", "Morte e pianto rituale nel mondo antico", "La fine del mondo, contributo all'analisi delle apocalissi culturali" perché o troppo specifiche o di lettura piuttosto complessa. Alla fine ho optato per "Sud e magia" perché mi è parso quello forse più in linea con il lavoro di decifrazione della Calabria che ci siamo prefissi. Anche se il contenuto del libro riguarda la "magia lucana" esso è applicabile anche alla Calabria, dove de Martino venne e sulla quale scrisse.

Prima di addentrarci in "Sud e magia" è utile chiarirci il significato di alcuni termini essenziali per comprendere il libro. La "religione" (il termine viene dal latino e significa "raccogliere", "recingere"): "consiste - secondo lo psicologo William James - nel credere che esiste un ordine invisibile e che il nostro bene supremo è l'adattamento armonico ad esso". Spiega lo psicoanalista James Hillman che tutte le religioni, in modo più o meno accentuato, tendono a far rivelare la divinità, ossia ad adottare tecniche e rituali che servono a procurare l'incontro tra il credente e la divinità. Fin tanto che questa rivelazione viene vissuta dall'uomo su un piano che trascende la storia (ossia sul piano che le è proprio, trattandosi di qualcosa che è sopra la natura, oltre la storia degli uomini), essa ha una funzione di protezione e di rassicurazione sulla psiche del fedele di fronte alle possibili crisi (lutti, incidenti, malattie, catastrofi etc.) che si incontrano nella vita storica e mondana. Quando, invece, la rivelazione viene vissuta su un piano storico ossia reale e mondano, e la persona la assume alla lettera, può accadere - spiega ancora Hillman - che quella persona percepisca se stessa come significante la grandezza di Dio, come referente monomaniacale, significatore di tutte le cose. La psichiatria definisce questi casi come "deliri di autoriferimento e di grandezza". Spesso, "il religioso delirante" è in assoluta buona fede, perché davvero crede di essere un tramite della divinità (come accade con chi sostiene di vedere la Madonna o i santi e di parlare con i morti o di poter elargire guarigioni). Molto dipende da chi gli sta intorno: se ci sono medici e psichiatri ha qualche possibilità di guarire; se, invece, ci sono altri religiosi deliranti che lo fanno sentire "pieno di Dio" allora non guarirà mai.

"Sacro" è parola indoeuropea che significa "separato" (dal nostro mondo terreno). La sacralità, inerisce a enti che l'uomo, non potendo dominare, avverte come superiori a sé, che teme ma dai quali è attratto. Il "mito", invece, è una narrazione sacra di gesta ed origini di dei ed eroi, ma si differenzia in modo essenziale dalla "religione". Mentre il mito è rivolto al passato e al presente, in cui il passato ritorna secondo una visione ciclica del tempo (nascita, vita, morte, rinascita ...), tipica delle popolazioni precristiane ad economia agraria del Mediterraneo, la religione, particolarmente quella cristiana, è escatologica (ossia tendente al fine della risurrezione) e perciò rivolta al futuro e ad un presente ri-conosciuto come attesa. Con la parola "rito" infine, si intendono quei cerimoniali con i quali si ripetono eventi mitici o religiosi e che servono, come vedremo, a perpetuare, attraverso l'adesione ad essi, un certo ordine esistenziale potenzialmente o effettivamente esposto a rischio.

Reventino-Mancuso.-Campagne-di-Nocera.-PacchianaFoto di una Pacchiana nelle campagne d Nocera Terinese (F. Bevilacqua)

E veniamo, finalmente, a "Sud e magia". Le esplorazioni entografiche da cui il libro nasce furono effettuate in Basilicata, tra il 1950 ed il 1957, da Ernesto de Martino e da una equipe formata anche da psicologi ed etnomusicologi, fotografi e cineasti (foto e filmati si trovano facilmente in Internet). La "magia lucana" indagata da de Martino è quel coacervo di antiche pratiche rituali all'epoca ancora presenti nelle classi subalterne (contadini e pastori dei piccoli paesi) per scacciare il negativo dalla vita delle persone.

Il negativo era innanzitutto la "fascinazione" (sia in Basilicata che Calabria "affascino" o "affascinu") per opera del quale una persona poteva sentirsi agita (posseduta) da una forza potente ed occulta che ne condizionava l'esistenza. La fascinazione avveniva per effetto del malocchio o dell'invidia o di vere e proprie "fatture" (molto frequenti quelle amorose, con le quali qualcuno cercava di legare a sé la persona vanamente desiderata) ossia da rituali (spesso anche da pozioni fatte con intrugli di sangue mestruale, peli del pube o delle ascelle ed altro) praticati appositamente da un soggetto fascinatore (la fattucchiera) a danno di un soggetto fascinato (la vittima). L'esperienza negativa dell'essere agito da, poteva divenire talmente parossistica dal trasformarsi in vera e propria possessione da parte di presunti spiriti demoniaci. I soggetti così posseduti venivano chiamati sia in Basilicata che in Calabria "spiritati". I sintomi meno gravi della fascinazione erano mal di testa, torpore, malattie apparentemente incomprensibili soprattutto nei bambini, perdita del latte mammario nelle puerpere, comportamenti contrari all'ordine della comunità di appartenenza. Il contrasto alla fascinazione avveniva per opera per lo più di persone dotate di apposite conoscenze iniziatiche, le quali operavano con un rituale di gesti, scongiuri e formule magiche.

I sintomi della possessione demoniaca erano invece gesti e discorsi ritenuti non propri del soggetto posseduto, offensivi della religione, stati di "ebetudine stuporosa" convulsioni, sino a esplosioni di aggressività (più spesso autoaggressività) parossistica. La possessione riconosciuta tale dalla Chiesa veniva trattata con il rituale dell'esorcismo espressamente previsto. Quando non era possibile far praticare l'esorcismo, si ricorreva ad altri riti: in "Furore, simbolo, valore" lo stesso de Martino racconta, ad esempio, del bagno rituale degli "spiritati" nel laghetto di San Bruno a Serra San Bruno in Calabria. Un altro campo di esplicazione della magia era l'arte di precettare il tempo ossia di scacciare le tempeste potenzialmente dannose al raccolto con formule e gesti cerimoniali. Nel libro de Martino si sofferma in particolare sulla ancora intensa vita magica del paese lucano di Albano.

Nella seconda parte del libro l'autore, invece, analizza e discute i risultati delle esperienze sul campo descritte nella prima parte (e ne descrive altre ancora). Ed è qui che emerge la straordinaria importanza del lavoro di de Martino, che esula dallo specifico campo etnografico per entrare a pieno titolo nell'interpretazione più complessiva dei fenomeni storici, sociali e culturali (laddove per cultura si intende l'insieme di usanze e tradizioni proprie di una comunità). De Martino mette in evidenza come connettere il permanere di tali pratiche alla pura e semplice precarietà delle condizioni di vita delle classi subalterne non basta a spiegare il fenomeno. E conia il fortunato e affascinante concetto della "crisi della presenza". La presenza dell'uomo nel mondo è il suo poter "essere" nella "storia" ossia in quella condizione del divenire comunitario e sociale che conferisce un senso, un "valore" all'esistenza dell'individuo, sia pure quell'individuo fosse dotato di mezzi minimi di sussistenza. L'appartenenza a quella determinata "cultura" ed il poter essere protagonista di quella vita culturale sentendosene parte aderendo ai suoi valori, costituisce la presenza dell'individuo nel "mondo" (da intendersi come patria). E' un concetto convergente con quello dell' "essere nel mondo" di Martin Heidegger che è presenza carica di valore etico (prendersi cura delle cose e degli altri).

Ora accade che la "presenza" così come delineata, possa essere messa in crisi per effetto di violenze, malattie, carestie, catastrofi naturali etc.. Può accadere, cioè che l'individuo venga deprivato o anche solo minacciato, sul piano della "storia" (parliamo della storia della sua comunità, del suo paese), di quella possibilità di essere nel mondo partecipe attivo di valori. Ed ecco che la "crisi della presenza" viene combattuta con il ricorso, nel caso della Lucania (ma anche della Calabria) alle pratiche magiche. Secondo de Martino la magia lucana (che è poi ricorso al rito ed al mito per come li abbiamo sopra definiti, seppure frutto di sincretismi tra pratiche ancestrali e forse pagane, da un lato, e cerimoniali, testi, preghiere cattolici, dall'altro), nel momento della crisi della presenza che rischia di espellere dalla storia l'individuo, interviene a creare un orizzonte storico parallelo - che l'autore definisce metastorico - nel quale l'individuo stesso e coloro che gli stanno vicino sono certi di poter contare perché frutto di un immemorabile positivo ripetersi. In altri termini, la crisi viene trasferita, attraverso il ricorso alle pratiche magiche, in un orizzonte metastorico nel quale è già iscritta, per fede e credenza, la risoluzione della crisi stessa. De Martino definisce la situazione potenziale della crisi "labilità della presenza" e la magia lucana "un insieme di tecniche socializzate e tradizionalizzate rivolte a proteggere la presenza", che, una volta ristabilita, torna a vivere nella storia nella sua pienezza. Infatti, aggiunge de Martino, "sul piano metastorico della magia tutte le gravidanze sono condotte felicemente a termine, tutti i neonati sono vivi e vitali, il latte fluisce sempre abbondante dal seno delle madri, tutte le malattie guariscono, tutte le prospettive incerte di si definiscono, tutte le tempeste vanno a scaricarsi in luoghi deserti [...]".

Per quanto attiene ai rapporti tra magia lucana e cattolicesimo meridionale, è nota, suggerisce l'autore, l'originalità di quest'ultimo sotto il profilo delle accentuazioni di "esteriorità", "paganesimo" e "magia" (che fecero gridare allo scandalo - aggiungiamo noi - luterani e calvinisti). Tali accentuazioni non sono altro che la prova di un "raccordo" consapevole (da parte del clero) tra antiche pratiche pagane e nuovo culto cristiano, raccordo che ha fatto in modo di preservare forme insostituibili (nell'universo simbolico delle classi subalterne meridionali) di protezione della "labilità della presenza" contaminandole con elementi della nuova religione, che venne così più facilmente accettata. Ciò che ha fondamentale rilievo per de Martino sono anche i raccordi tra il mondo magico e l'alta cultura laica del Mezzogiorno, a riprova della misura del "pensiero meridionale a quella alternativa fra magia e razionalità, incantesimo e scienza, esorcismo ed esperimento che costituisce uno dei temi fondamentali da cui è nata la società meridionale." E suggerisce ancora: "In questa allargata prospettiva si presenta a prima vista un singolare contrasto; proprio in quest'angolo d'Europa [...] balenarono, con i Bruno e i Campanella, temi di pensiero che notevolmente concorsero a rompere la tradizione della magia cerimoniale e demonologica del medioevo ed a dischiudere attraverso la magia naturale, il senso delle possibilità demiurgiche dell'uomo".

Ora, gli studi di de Martino sono ancora attualissimi. Mi vengono in mente due esempi. Il primo è il proliferare, proprio al Sud, di santone e santoni non solo cercati dalla gente comune ma anche accettati dalla Chiesa, che evidentemente non conosce o finge di ignorare (per evitare rivoluzioni di popolo) i "deliri di autoriferimento e di grandezza" già studiati dalla psichiatria (ovviamente alcuni di questi "santi" in pectore sono sicuramente in buona fede). Così come finge di ignorare gli studi sui presunti miracoli, come il caso di una uomo affetto da tumore, un melanoma disseminato e mortale a breve tempo, che guarì dopo un incontro con Madre Teresa di Calcutta. Per questo caso, l'oncopneumologo Enzo Soresi - ce lo riferisce Umberto Galimberti in "Orme del sacro" - ha sostenuto che il fenomeno è inquadrabile, dal punto di vista neurobiologico come "shock carismatico": la profonda ideologia religiosa del paziente spiega l'evento atteso (la guarigione) esattamente come si spiega che praticando un placebo ad un paziente con dolore si ottiene il 30/40 % di risposta antalgica. L'evento atteso, infatti, scatena la liberazione di neuropeptidi che si diffondono sui recettori cellulari di tutto l'organismo che, nel caso del melanoma liberano una cascata di chitochine (interleuchina, interferon, immunoglobuline) in grado di difenderci e addirittura di distruggere le cellule tumorali. Il secondo esempio è l'aumento esponenziale, sempre al Sud, di istinti distruttivi anche collettivi (vedi, tra l'altro, gli incendi estivi). Già all'epoca, de Martino sosteneva che queste forme di nichilismo istintuale (commentava in "Furore, simbolo, valore" il caso di un gruppo di circa 5.000 giovani che la sera di capodanno del 1956 invasero la strada principale della civilissima Stoccolma, facendo violenze di ogni genere senza una apparente ragione, ma noi possiamo pensare agli ultrà del calcio o ai black block con le loro guerriglie urbane), nascono dal fatto che le moderne democrazie laiche - e il nuovo umanesimo che esse pretenderebbero di rappresentare - perdute le credenze tradizionali e alimentate da ideali integralmente mondani (il successo, il denaro, il potere etc.) non hanno trovato ancora il modo (ma temo, a questo punto, che non vogliano trovarlo) di rendere partecipi gli individui dell'esperienza morale (sostitutiva di quella religiosa, ammesso che essa possa essere sostituita) del "mondo" e consentire loro di essere effettivamente protagonisti del proprio destino.

Ernesto de Martino

Sud e magia

Feltrinelli

Milano 2006

€ 8,00

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