Lamezia Terme - E' iniziata con l'arresto di un piccolo spacciatore a Lamezia Terme, l'operazione della Dda di Catanzaro che ha svelato un sistema criminale che curava le diverse fasi della produzione e del traffico di sostanza stupefacenti fino alla vendita al dettaglio nella città della Piana. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Lamezia Terme, coordinate dalla Dda di Catanzaro, hanno portato alla luce l'esistenza di una sorta di sodalizio parallelo, operante sotto l’egida e nel contesto della medesima consorteria ‘ndranghetista, dedito alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti di vario genere.
A novembre 2021 i carabinieri avviano attività di monitoraggio di alcune piazze di spaccio situate tra il parco “Peppino Impastato” e via del Progresso. Grazie alle diverse attività di intercettazione e agli importanti riscontri e sequestri a carico dei soggetti coinvolti in qualità di pusher o assuntori, è emersa, progressivamente, una sempre più intricata rete di collegamenti, con la individuazione dei canali di approvvigionamento dello stupefacente, riconducibile alla più articolata organizzazione criminale, gestita da esponenti della famiglia Cracolici, egemone sui territori di Maida e Cortale, in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana e cocaina. Gli inquirenti avrebbero ricostruito, dunque, il traffico di sostanze che dal Reggino o dalle colline di Maida e Cortale inondava di cocaina e marijuana le piazze di Lamezia.
L’associazione era riuscita a mettere in atto, anche con la compiacenza di un esponente delle forze dell’ordine finito nelle maglie dell'inchiesta, un collaudato sistema di produzione della marijuana, diversificando le piantagioni in più terreni ritenuti sicuri a Lamezia Terme, Maida e Mesoraca. In totale, sono state monitorate e sequestrate 5 piantagioni, per un totale di 4.600 piante di cannabis indica. Nel corso dell’attività investigativa sono stati tratti in arresto in flagranza per detenzione di stupefacenti 16 indagati e deferiti in stato di libertà altri 10 soggetti, nonché sequestrarti circa 150 chilogrammi di marijuana e diverse dosi di cocaina. Ma mentre la cocaina arrivava principalmente dal Reggino, era l'autoproduzione cannabis il sistema che consentiva al sodalizio lauti guadagni al punto che una delle principali piantagioni sequestrate dall'Arma veniva definita dai componenti della presunta associazione "L'orto di Dio" (“nell'orto di Dio, finché ne abbiamo, ne abbiamo per tutti!”, spiega in un’intercettazione uno degli arrestati). Inoltre per accrescere il quantitativo di principio attivo presente nelle piantine di Cannabis venivano utilizzate le più moderne tecniche di coltivazione e conservazione della sostanza, affinché la stessa potesse essere messa sul mercato a prezzi più alti. Perché, dirà uno degli indagati finito in manette, "la cosa fondamentale dell'erba è che deve sballare! quello è tutto il gioco! Io faccio salire il THC al 21%".
Bruno Mirante
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