Una nuova politica migratoria solidale e condivisa dopo l’ennesimo naufragio

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Il 26 febbraio scorso si è consumata in Calabria l’ennesima tragedia del mare a pochi metri dalla riva di Steccato di Cutro, località marina del comune omonimo. Naufragata l’imbarcazione con circa 200 persone a bordo: ottanta si sono salvati; settantadue finora i corpi recuperati, tanti bambini; continuano le ricerche dei numerosi dispersi. La Procura della Repubblica di Crotone ha aperto due fascicoli: uno sugli scafisti e l’altro sulle eventuali responsabilità in merito ai soccorsi, indagini affidate ai carabinieri. Consiglio straordinario dei ministri nel Comune di Cutro il 9 marzo. Alquanto turbato Il presidente Mattarella davanti alle bare per esprimere il proprio cordoglio nel Palamilone della città pitagorica, dove è stata allestita la camera ardente. Grande solidarietà e partecipazione dei cittadini; alcune famiglie hanno offerto i loro loculi per le salme. Su il Lametino ampia e dettagliata ricostruzione del dramma e sulle reazioni di tanti. Ormai si assiste impotenti ad eventi così tragici: dal naufragio a Lampedusa, era il 3 ottobre del 2013, fino a Steccato di Cutro sulle coste calabresi; tra le due tragedie le altre e quelle rimaste ignote. Da allora ad oggi, un decennio; i problemi si sono moltiplicati: guerre, non solo il conflitto tra Russia e Ucraina, tensioni sociali in alcuni Stati, lotte tra opposte fazioni al loro interno e terremoti hanno causato invivibilità e conseguente fuga di milioni di disperati dai Paesi d’origine. Non più a centinaia di migliaia come negli anni passati, ma milioni provenienti dall’ Africa, Dall’Est europeo, dal Sud Est asiatico.

Gli studiosi su tali problematiche hanno realizzato ricerche importanti entrando nel merito, analisi e approfondimenti che potrebbero essere utilizzati dai politici. Tra gli altri Massimo Livi Bacci (v. art.  su il Lametino dell’11 sett. 2018), Ordinario di demografia presso l’Università di Firenze e parlamentare per due legislature.  Alcune delle sue pubblicazioni: Storia minima della popolazione nel mondo, Il Mulino 2016; In cammino. Breve storia delle migrazioni,Il Mulino, 2019Per terre e per mare. Quindici migrazioni dall’antichità ai nostri giorni, Il Mulino 2022. Oggi è professore emerito nello stesso Ateneo, ha insegnato anche all’estero, due lauree ad honorem, membro dell’Accademia dei Lincei, dove il 5 giugno del 2014 ha organizzato il convegno “Il governo delle migrazioni oltre la crisi sfide e risposte”. Ho letto gli atti, importanti dalla prima all’ultima pagina. Ne riporto soltanto qualche stralcio per evitare le lungaggini che rischierebbero di appesantire la lettura dell’articolo.

Ecco alcune frasi significative nel saluto ai partecipanti di Alberto Quadrio Curzio, Presidente della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche: “Società e Istituzioni, a mio avviso, hanno infatti una priorità quando si tratta di persone che fuggono da realtà drammatiche. (…) Devono cercare le soluzioni affinché l’irrinunciabile opera umanitaria si combini con la sua sostenibilità”. E come se parlasse a Strasburgo, a Bruxelles o a Cutro del recente naufragio nel mare di Calabria: “Di fronte alla sostanziale disattenzione dell’Ue, i Paesi dell’Europa mediterranea, ed in particolare l’Italia, sono ben poco aiutati a fronteggiare le grandi ondate di migranti, di rifugiati e di profughi. La Ue è stata sostanzialmente assente sia nella prevenzione delle guerre che hanno generato buona parte di queste ondate migratorie sia nelle successive politiche per evitare che i movimenti migratori assumessero carattere di emergenze umanitarie. In tutto ciò la generosità della popolazione italiana del nostro Mezzogiorno è grande”.

 Le prime parole dell’introduzione ai lavori di Massimo Livi Bacci: “Circa un quarto di miliardo di persone nel mondo, vivono in un Paese diverso da quello di nascita o sono stranieri nel Paese in cui vivono. Hanno, cioè, almeno una migrazione nel loro passato”. Per lo studioso bisogna uscire dal modello che ha visto l’Italia “schiacciata sulle emergenze” senza “affrontare i temi strutturali” e cominciare a pensare strategie di governo programmate nel lungo periodo, partendo dalla necessità di “un ricambio demografico” di giovani forze lavorative provenienti da flussi migratori organizzati dagli Stati di partenza e di arrivo. Pochi passaggi per comprendere che il nostro Paese ha bisogno degli immigrati: “L’Italia ha una demografia debole ed un rapido invecchiamento; (…) una forza di lavoro giovane in declino numerico; (…) è caratterizzata da molte attività economiche ad alta intensità di manodopera; è carente nei servizi pubblici per le famiglie. Tutti fattori questi che attraggono immigrazioni”. Non a caso in diversi articoli di questi giorni di lutto alcuni ricercatori hanno scritto sul fabbisogno di lavoratori nelle varie regioni della nostra Penisola (nell’ordine di centinaia di migliaia di occupabili).

Nell’intervento di Mario Deaglio, professore emerito di Scienze economico-sociali e matematico-statistiche nell’Università degli Studi di Torino, si evidenzia l’importanza della storia per comprendere la problematica attuale: “In realtà, quello delle migrazioni è un fenomeno molto più vasto e molto più antico degli sbarchi sulle coste siciliane e calabresi. (…) Può a limite rappresentare una chiave di lettura della storia umana che può essere vista come un insieme di migrazioni”. Deaglio sottolinea in particolare “il momento della formazione dell’impero romano. Le migrazioni della disperazione di allora sono in gran parte il risultato di una svolta negativa, probabilmente da collegarsi sia con il diffondersi di un certo benessere che frenava l’ansia di avere figli, sia con l’importanza della schiavitù”. Nel periodo delle cosiddette invasioni barbariche forse un cambiamento del clima provocò uno squilibrio ecologico-climatico nelle regioni asiatiche: “Popolazioni affamate (…) cominciarono a cercare nuovi pascoli e nuovi territori, muovendosi da Est verso Ovest e sospingendo così davanti a loro altre popolazioni che venivano, per conseguenza, a premere sulle frontiere orientali dell’impero romano”.

Alla fine del convegno venne redatto dal Comitato Ordinatore un documento in dieci punti: dieci principi approvati dai partecipanti. I politici responsabili farebbero bene a tenerlo presente perché ancora oggi valido. Ne cito qualcuno per sommi capi: "Il dibattito sulla migrazione deve essere sottratto alla dialettica partigiana, orientata alla ricerca del consenso elettorale. Esso deve basarsi sulla constatazione che la migrazione genera numerosi benefici; vantaggi e svantaggi delle migrazioni vanno governati per aumentare i primi e attenuare i secondi; la migrazione deve sostenere la crescita della società; il governo delle migrazioni deve ispirarsi a obiettivi di lungo periodo; l’Italia deve battersi per una politica migratoria comune ben coordinata".

Massimo Livi Bacci è tra gli animatori del sito web Neodemos [dal greco antico popolo nuovo] che si occupa di temi demografici e di politica sociale. Qualche brano di un suo articolo ci riconduce al presente: “Nella RE [riva est] i movimenti migratori, nell’ultimo decennio, sono stati dominati dagli intensi flussi di profughi e rifugiati (…) dovuti ai conflitti e agli sconvolgimenti medio-orientali, e cioè alla politica, e non certo alla demografia o alla economia. (…) Un’altra riflessione riguarda l’imprevedibilità delle vicende politiche e internazionali, che hanno profondamente turbato gli assetti demografici dei Paesi della RE e che condizionano l’entità, la direzione, la composizione dei flussi migratori nell’intera regione mediterranea”. Analisi e statistiche dimostrano l’aumento di numero delle giovani generazioni, molto scolarizzate nelle città e “fortemente frustrate nelle loro aspettative e ambizioni”. Risorse umane di qualità per l’Italia e l’Europa.

Il Presidente della Repubblica giorni fa a Potenza, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2022-2023 dell’Università degli Studi della Basilicata, ha ricordato la tragedia di Steccato di Cutro con queste parole “Il cordoglio deve tradursi in scelte operative”. Sicuramente sarà importante la lotta alle organizzazioni delinquenziali, responsabili dei viaggi della morte e del traffico irregolare di migranti; tutto ciò dovrà avvenire attraverso la cooperazione con i Paesi di origine e di transito. E ancora, vista la difficoltà a risolvere il problema migranti, bisogna cominciare un percorso che vada oltre l’accoglienza. E’un nostro interesse!  La riprova sta nel declino demografico in Italia e in altri Paesi dell’Unione europea. È opportuno considerare le possibilità lavorative attraverso le richieste delle imprese, per esempio l’imprenditoria agricola del Nord Est; sarebbe un inizio di integrazione concreta privilegiando la ricerca regolare di occupazione e impedendo che gli immigrati finiscano nei meandri dell’illegalità.

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