Il vero problema della Calabria è la classe politica

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di Filippo Veltri

Il problema della Calabria e’ la sua classe politica, ha scritto Aldo Varano, anzi – aggiungiamo noi - e’ la politica cosi’ come viene fatta da questa classe politica che ci ritroviamo .E’ il problema centrale della nostra terra: non riusciamo a produrre le risorse necessarie per mantenerci. In 40 anni il regionalismo non ha mai innescato una crescita “autonoma” della Calabria, fondata sulle nostre potenzialità. Il suo fallimento è il nostro presente. Per questo la politica in Calabria ha un potere fortissimo e patologico che domina tutti gli altri. Da nessuna parte la politica è tanto importante come da noi dove fa le veci dell’economia e ci sfama. Sono i politici a coprire il divario tra quel che produciamo e quel che consumiamo: i sacerdoti del rito della “redistribuzione del reddito” che ci salva dalla guerra civile. In cambio: una vita di seconda serie e tutti ricattabili dalla politica che ci dà da mangiare (ibidem).

Imprenditori, intellettuali, settore formativo, professioni, società civile contano poco perché nessuno, al di là dell’impegno profuso, riesce ad assolvere in modo pieno alla propria funzione. Gli imprenditori che dovrebbero produrre la ricchezza che serve per i nostri bisogni dipendono in parte dai soldi pubblici. A Ciro’ marina un paio di settimane fa un dirigente della Regione Calabria del rampo vino lo ha candidamente ammesso: si danno soldi a fondo perduto a tutti e solo alcuni li fanno davvero fruttare. Gli altri no. Domanda ovvia. E allora perche’ gli date i soldi? Risposta altrettanto ovvia…

Il sistema formativo – ancora - crea cultura e sapienza che, senza attività produttive, non fa crescere il pil. Il sistema mediatico non si regge su vendite e pubblicità, lo aiutano gli enti pubblici. Tutti insieme, ed è una notazione tragica, contano/contiamo meno del famigerato deputato di Albanese del “qualunquemente”. Vuoi mettere il vantaggio di chi annuncia che fa (non farà, fa) arrivare un po’ di quattrini freschi da Roma? Non c’è partita. Se il problema della Calabria fosse quello della ‘ndrangheta come organizzazione (di origini misteriose e più o meno segreta) che s’infiltra nella politica e l’infetta, perché sindaci e Governatori dovrebbero venir messi sotto accusa? Che responsabilità avrebbe la politica  se le cose sono come le racconta l’antimafia militante di Osso e Mastrosso e c’è una ‘ndrangheta che tutto vede, sa, decide e muove? Insomma: se la ‘ndrangheta non è risultato di processi contemporanei e delle azioni dei nostri giorni  ma frutto della segretezza e di una storia secolari, la colpa sarebbe dello Stato, dei magistrati e delle forze dell’ordine e dell’insieme dell’apparato di contrasto che non riescono a estirparla. La politica se le cose stanno così (piaccia o no) sarebbe vittima anch’essa, dice Varano. Forse non vittima, pero’, ma artefice.

Al massimo, dovrebbe fornire testimonianza e sdegno (ed è sempre in prima fila nei cortei) e soldi alle organizzazioni della società civile (e glieli dà). ‘’La politica che conta – conclude Varano - deve estirpare il fenomeno, deve cioè creare condizioni civili, economiche, giuridiche e sociali (a parte la sempre indispensabile e necessaria repressione) per liberarci da ogni devianza. E c’è un solo modo per riuscirci: innescare sviluppo sano attraverso le scelte della politica’’. La politica risana non con le affermazioni etiche ma se crea sviluppo autonomo e fa regredire i mercati illegali. Ma la produttivita' non è l’obiettivo della politica calabrese che è quindi responsabile del degrado mafioso che, del resto, alla bisogna, utilizza a piene mani. Questo il quadro e alla fine non ci si strappa i capelli ma si deve solo cambiare la classe politica.

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