Antimafia indietro di 30 anni, parola di Arlacchi

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri.jpgNon ha destato il giusto scalpore, che invece meritava, una acuta riflessione del prof. Pino Arlacchi, oggi parlamentare europeo del Pd e grande esperto di cose di mafia e di ‘ndrangheta, collaboratore di Falcone, autore per primo della definizione della mafia imprenditrice. Che cosa ha detto il prof. Arlacchi? In sostanza che lo stereotipo mediatico-giudiziario sulla mafia è fermo a 30 anni fa. A fatti, personaggi e storie di allora che rappresentano un trauma collettivo che non riesce a venire superato. Sta fallendo anche il tentativo di collegare le “minacce” di Riina al processo in corso sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. “Un evento mai esistito - ha detto Arlacchi - nei termini descritti dalla Procura di Palermo. E comunque una storia di 22 anni addietro, i cui protagonisti sono deceduti, incapacitati o troppo vecchi per difendersi o vendicarsi. E’ solo il circo mediatico-giudiziario che si ostina a tenerla in piedi, e sarebbe ora che gli inquirenti iniziassero a dedicarsi a qualche indagine più attuale. Dice bene il pm Nicola Gratteri quando afferma che i mafiosi del tempo di Riina sono morti, o in carcere sotto il 41 bis, e che la nuova sfida è la criminalità organizzata, mafiosa e non, alleata della politica corrotta.

Come prima e più di prima, ma con importanti differenze che sarebbe fatale non capire. Dice bene Gratteri, ma la conseguenza logica di quanto afferma è che inquirenti, Parlamento e governo rischiano di restare indietro di alcuni decenni rispetto all’evoluzione della grande criminalità’’. Arlacchi poi aggiunge: “una prova? Il recente rinnovo, sic et simpliciter, della vetusta Commissione parlamentare sulla mafia, la cui legge istitutiva è di 40 anni fa. L’Antimafia è congelata al secolo passato, quando non c`erano i pm antimafia, e la politica suppliva l’assenza di polizia e magistratura. Oggi la Commissione è solo uno stanco rituale parlamentare, che corre dietro o fa da cassa di risonanza alla magistratura inquirente. E che sarebbe perdo da riformare radicalmente o da abolire. E le «minacce» a Di Matteo ed ai suoi colleghi, allora? Sono da ricercarsi nel rancore di vecchi assassini per il loro lavoro passato, per il loro lodevole impegno in indagini quelle sì vere, incisive. Che hanno portato a risultati che ancora fanno male, evidentemente a Riina e soci. Il resto è iperbole ed esagerazione. Come le dichiarazioni e le analisi che ipotizzano una chiamata alle armi di Cosa Nostra capace di farci ripiombare nella stagione delle stragi’’.

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