Lamezia Terme - La festa di San Francesco di Paola, celebrata a Sant’Eufemia con una messa solenne all’aperto dopo la precedente sospensione forzata dovuta al Covid, si è aperta quest’anno proprio con l’inaugurazione e la benedizione da parte del Vescovo Schillaci in piazza Italia di un’opera in memoria delle vittime della pandemia, ma anche e soprattutto in segno di ringraziamento nei confronti del personale medico-sanitario che ha lavorato per far fronte all’emergenza. “Il tempo di pandemia ha messo a dura prova l’umanità – ha sottolineato Schillaci di fronte alle autorità civili e militari – ma ha anche alimentato la fede in Dio. Quest’opera è per coloro che hanno vegliato e curato quanti sono stati colpiti dal Covid, dunque per gli operatori sanitari, le forze dell’ordine, i sacerdoti e i volontari che si sono adoperati nel servizio dei più fragili”.
L’opera, realizzata dalla ditta Costabile, rappresenta infatti un operatore che abbraccia lo stivale, un invito, per Schillaci, ad “abbracciarci in modo tale da far venire fuori le potenzialità e le ricchezze della nostra terra”, e, come dichiarato dal sub commissario prefettizio Luigi Guerrieri, “rappresenta il segno propiziatorio di una ripresa stabile per la città, e per l’intera comunità”. A Guerrieri il compito poi di accendere la lampada votiva sul sagrato della chiesa di S. Giovanni Battista dove si è svolta la celebrazione e di recitare la supplica a San Francesco di Paola a nome di tutti. Quella di Schillaci è stata un’omelia distesa e ispirata, in cui ha ricordato come il Santo di Paola “si sia fatto Minimo sull’esempio di Gesù, che non ha fatto della somiglianza con Dio un tesoro geloso ma si è fatto servo: quest’esempio non deve dimenticarlo la Chiesa, che ogni giorno deve lasciarsi ammaestrare da Cristo. E innanzi tutto per farlo dobbiamo farci chiamare, come Gesù chiamò i dodici: li chiama e li invia, perché chi è chiamato deve uscire da sé stesso. La natura della Chiesa è infatti essere missionaria, mettersi in ascolto della Parola e portarla a tutti. Ci sono tanti modi: Gesù li mandò a due a due, per aiutarsi ma anche per stimarsi e amarsi reciprocamente. Questo è l’esempio che sono chiamati a dare, e la credibilità passa proprio dall’amore”. Poi un richiamo ai tempi moderni, segnati da forme di comunicazione “da influencer” che si servono di una ricchezza estrema di mezzi. “Ma il segno tangibile che i Cristiani sono vocati a dare non ha bisogno di grandi mezzi: né calzari, né pane, né bisaccia, né due tuniche. Tuttavia i dodici sono riusciti a far passare il messaggio”. Una Buona Notizia visibile al cuore, quella di cui parla Schillaci, che invita a “sentire con il cuore di Cristo per umanizzare la nostra terra e la nostra società”. La celebrazione è stata conclusa dai ringraziamenti del parroco padre Giuseppe Martinelli che ha ringraziato la sua comunità, con i giovani, i volontari, gli statuari che si sono attivati per organizzare la festa, resa possibile anche grazie al contributo dei Padri Vincenziani.
Giulia De Sensi
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