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Dominio romano e guerra sociale: i riflessi nel Bruzio
Scritto da Lametino 3 Pubblicato in Francesco Vescio© RIPRODUZIONE RISERVATA
All’inizio del I secolo a.C. il dominio di Roma in Italia fu messo a dura prova dalla rivolta di numerosi popoli italici, i quali inizialmente miravano ad ottenere la cittadinanza, ma poi tendevano a conseguire l’ indipendenza; questo conflitto si sviluppò in strettissima connessione con la lotta interna nell’Urbe tra senato e cavalieri, s’intrecciò con la guerra contro Mitridate, re del Ponto, e con il sanguinoso scontro tra Mario e Silla e i loro seguaci.
In questa sede ci si limiterà a trattare, in breve sintesi, della guerra sociale, in latino: bellum sociale o bellum Marsicanum, dal nome di una delle popolazioni che si ribellò più ostinatamente contro i Romani, e dei riflessi che si ebbero nel Bruzio. Il brano seguente dà conto di alcuni dei motivi più rilevanti che provocarono il ricorso alle armi:
“Il tribuno della plebe Marco Livio Druso, per difendere con maggiori energie la causa del senato che aveva assunto [contro il ceto equestre, N.d.R.], suscitò negli alleati e nei popoli italici la speranza di ottenere la cittadinanza romana; grazie al loro appoggio, dopo aver imposto con la violenza proposte di leggi agrarie e frumentarie, impose anche una proposta di legge sui processi, in forza della quale i processi dovevano essere equamente divisi tra senato ed ordine equestre. Poi, non potendo mantenere con gli alleati la promessa relativa al diritto di cittadinanza, gli Italici, risentiti, presero ad agitare piani di rivolta. Il libro riferisce i loro incontri, le congiure e i discorsi tenuti nelle riunioni dei capi. A causa di ciò, Livio Druso divenne inviso anche al senato [era già odiato dai cavalieri e, quindi, si trovò isolato per l’ ostilità dei gruppi allora dominanti, N.d.R.] come responsabile della guerra sociale e fu ucciso a casa sua, non si sa bene da chi” (Tito Livio, Storia di Roma dalla Fondazione – Libri XLI-XLV / Sommari dei libri XVI- CXLII/ Frammenti, a cura di Gian Domenico Mazzocato, Newton & Compton,1997, p.441 – perioca: libro LXXI). Per dare un chiaro quadro di riferimento dell’estensione del conflitto e delle modalità di svolgimento si riporta il testo successivo: “Probabilmente in conseguenza di questi eventi, nello stesso anno, scoppiò un’insurrezione fra gli alleati italici, soprattutto fra quelli della Marsica, Piceno, e Sannio. Nel 90 a.C. si formò una lega cui aderirono anche i Peligni, i Frentani, i Marrucini, gli Irpini e i Vestini. La lega ebbe come capitale Corfinio , cui fu dato il nome di <<Italia>>. Era una vera guerra d’indipendenza che mirava alla distruzione della potenza e della supremazia romana. In varie località fu fatta strage di Romani; in un combattimento venne anche ucciso il console T. Rutilio Lupo. Gli Oschi e i Lucani entrarono anch’essi in guerra, e gli eserciti insorti vennero comandati dal marsico Pompedio Silone e dal sannita Papio Mutilio, i quali assunsero il titolo di <<consoli>>. Venne anche organizzato un senato federale, e tutta la struttura militare e politica fu imitata da quella romana” (Mario Attilio Levi – Piero Meloni, Storia Romana dagli Etruschi a Teodosio, Istituto Editoriale Cisalpino, Milano – Varese, 1965, p.239).
I Bruzi, che mal avevano subito il duro dominio romano nelle proprie terre, presero parte molto attiva al cruento conflitto, che travagliò il territorio italico in quegli anni: “A quella guerra, non poteva certamente mancare il Bruttio; anzi dopo la disfatta degli Itali ad Ascoli nell’89 av. Cr., tutti gli sforzi dell’ultima resistenza si ridussero nel Bruttio. Esso era tutto in arme contro Roma; si tenevano per questa soltanto i presidii romani di Locri e di Reggio. L’occupazione di queste due città, da parte degli alleati, specialmente di Reggio, in comunicazione con la vicina Sicilia, avrebbe potuto deviare il corso della vittoria e complicare la situazione con l’intervento dei Siciliani. Reggio fu cinta d’assedio… Gli aiuti apportati dal pretore Caio Norbano di Sicilia a Reggio e Locri, costrinsero gli alleati ad abbandonare l’assedio. A sua volta Roma era stata costretta ad abbandonare la sua politica d’intransigenza e d’incomprensione. Fin dal 90 a. Cr. , con la legge Giulia e con quella Plauzia - Papiria dell’89, Roma alla fine dovette riconoscere il diritto di cittadinanza romana a tutte le genti d’Italia,nei suoi confini, allora, dalla Magra e dal Rubicone [La Magra, fiume tra la Toscana (allora Etruria) e la Liguria, il Rubicone, corso d’acqua della Romagna, in quel tempo separava l’Italia dalla Gallia Cisalpina,N.d.R.] fino all’Ionio… Anche i Bruttii, già esclusi con i Lucani e con i Sanniti, ottennero, ultimi, quel beneficio, più apparente che reale, il quale fu il primo riconoscimento di quel diritto italico, che, stabilito come base fondamentale d’una nuova vita nazionale, avrebbe potuto evitare la fatale decadenza cui Roma s’era condannata” (Oreste Dito, Calabria- Disegno Storico della Vita e della Cultura Calabrese da’ Tempi più Antichi a’ Nostri Giorni, Edizioni Brenner, Cosenza, 1981, pp.88-89 – ristampa). Dopo gli eventi di cui sopra il Bruzio fece parte integrante della Repubblica Romana, ormai potenza egemone del Mare Mediterraneo.