La spirale del male nelle motivazioni del processo Reventinum, ricostruito il controllo del territorio: dalle feste di paese alle vedette

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Lamezia Terme - Sono racchiuse in oltre trecento pagine le motivazioni che hanno portato i giudici di primo grado del tribunale di Lamezia (presidente Angelina Silvestri, giudice estensore Adele Foresta) a emettere la sentenza pronunciata lo scorso ottobre e relativa a una serie di fenomeni estorsivi nei paesi del Reventino. Il processo, infatti, è denominato Reventinum e ha portato quattro condanne (Marco Gallo 15 anni, Luciano Scalise 12 anni e 11 mesi, Pino Scalise 11 anni e Angelo Rotella 6 anni e 7 mesi) e quattro assoluzioni nell'ambito di un'inchiesta più ampia sul cosiddetto gruppo della montagna che secondo gli inquirenti, e oggi secondo i giudici che hanno firmato le motivazioni, avrebbe segnato una lunga storia criminale. Si tratta, per ora, del processo di primo grado che dovrà trovare ulteriori sviluppi e verdetti nei gradi successivi di giudizio.

Il controllo del territorio

I magistrati, incrociando l'andamento del processo, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e una serie di elementi probatori raccolti nel corso delle udienze, nelle motivazioni scrivono che "gli elementi depongono per la sussistenza di un'associazione mafiosa facente capo alla famiglia Scalise". Punto questo centrale nell'andamento delle varie udienze e nella contrapposizione in aula fra la procura inquirente e le varie parti processuali. Nel dettaglio, poi, sono oltre 15 gli episodi criminali passati in rassegna e che si sarebbero consumati nel Reventino: estorsioni, tentate estorsioni, intimidazioni personali, mezzi meccanici distrutti per lo più nei confronti di aziende che operano nel campo edile e sullo sfondo prevalentemente appalti e opere pubbliche. Ciò che emerge, nelle ricostruzioni dei giudici, è il controllo capillare del territorio che sarebbe stato messo in atto dal gruppo Scalise, non solo nell'ambito economico ma anche dal punto di vista fisico e materiale. Si parla, ad esempio, dell'installazione di telecamere finalizzate a prevenire e anticipare eventuali controlli delle forze dell'ordine, di vedette sparse nel territorio. Un controllo che, a detta dei magistrati, si sarebbe materializzato anche nelle occasioni elettorali e finanche nelle feste di paese, ad esempio sui chioschi dei venditori di panini.

La scia di omicidi

Quasi 50 pagine sono dedicate agli omicidi del legale Francesco Pagliuso e di Gregorio Mezzatesta, che sarebbero scaturiti dalla storica contrapposizione tra le famiglie Mezzatesta e Scalise, con una dettagliata ricostruzione del contesto all'interno del quale maturarono i due delitti e dei ruoli dei presunti mandanti e di esecutore materiale. Nel racconto contenuto nelle motivazioni ci si sofferma anche sull'uccisione di Daniele Scalise (avvenuta a giugno 2014, figlio di Pino e fratello di Luciano) e sul duplice omicidio di Decollatura di Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, avvenuto a gennaio del 2013 e per i quali sono stati condannati Domenico e Giovanni Mezzatesta, padre e figlio.

G.V.

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