La crisi economica farà cadere il governo

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri_d2a16_73715_8bd22.jpgSe e quando il governo cadrà, non sarà per l’incompatibilità, del tutto presunta peraltro, della cultura grillina con quella leghista. A far saltare l’esperimento populista, che mostra ogni giorno crepe evidenti, non sarà certo la distanza ideale tra gli alleati gialloverdi. A costringere la squadra di Conte alla resa sarà la dura replica dell’economia. Mentre la paralisi sistemica è evidente e l’urto con i nodi strutturali si avvicina, la narrazione governativa cerca delle pure divagazioni. Non può più annunciare che sarà un “anno bellissimo” e però l’esecutivo del cambiamento continua a sperimentare immagini fasulle per fuggire dal fastidioso mondo reale. Dice il prof Michele Prospero: “Il fallimento della carta grillina del reddito di cittadinanza (il crollo del M5S è ancora più pesante proprio perché giunto dopo l’entrata in vigore della sua proposta mitica di vittoria definitiva sulla povertà) e della mistica leghista della quota cento non suggeriscono correttivi al governo che anzi rilancia la corsa verso il baratro con la flat tax, i mini bot e altre amenità”.

Dinanzi al collasso che si preannuncia minaccioso, il conducator padano avverte che la guerra navale contro i naufraghi non è in grado di garantire il consenso in eterno. Neanche lo stordimento culturale dei ceti popolari potrà durare all’infinito. Senza un risveglio della coscienza operaia il populismo non può, però, essere sconfitto. Non bastano le resistenze in nome del principio di legalità. Anche dinanzi alle parole tecnicamente eversive del conducator (“Se mio figlio ha fame e mi chiede di dargli da mangiare e Bruxelles mi dice ‘No Matteo, le regole europee ti impongono di non dare da mangiare a tuo figlio’, secondo voi io rispetto le regole di Bruxelles o gli do da mangiare? Secondo me viene prima mio figlio, i miei figli sono 60 milioni di italiani. Se una medicina dopo 15 anni si rivela sbagliata ho diritto a prendere un’altra medicina”), il moto di ribellione rimane confinato nel campo delle élite che si orientano anche nel pantano con la mappa di una cultura critica. Il regime gialloverde, sin quando sarà contestato dai residui centri di cultura politica ancora disponibili dopo l’età della disintermediazione e della folle chiusura dei partiti, riesce infatti a sopravvivere. Solo quando la massa percepisce i graffi della crisi, riesce a scrollarsi di dosso l’immaginario populista. La vera ricostruzione di un partito è perciò il primo imperativo per l’opposizione di sinistra. La politica organizzata serve proprio per disseminare nella società degli anticorpi capaci di disinnescare nei ceti popolari il fascino oscuro delle immagini crude e false messe in circolazione dai media e dai politici della destra.

Per sradicare la falsificazione occorre cioè un coordinato lavoro sindacale e politico per ristabilire il senso perduto della questione sociale. Zingaretti pensi alla questione del lavoro, del sociale e rompa quel gioco delle correnti che sta distruggendo il suo partito: 5 iniziative di correnti in un mese spacciate per dibattiti sono davvero una vergogna che non c’era nemmeno ai tempi della Democrazia Cristiana, che pure governava l’Italia! Zingaretti pensi ad allontanare quelle mele marce che stanno avvelenando il suo partito nel caso CSM; pensi a fare della questione meridionale il vero fulcro della sua azione e dia una mano a Landini e soci che si stanno impegnando per fare del Sud il cuore dell’azione politica del sindacato. Si faccia vedere il 22 in piazza a Reggio Calabria, come segno tangibile di tutto ciò.

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