Trame 7, Panizza: "La gente cresce quando c’è un ideale comune"

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Lamezia Terme - Si apre con il ricordo di Marcello Le Piane, operatore Rai lametino recentemente scomparso, la presentazione del libro di don Giacomo Panizza “Cattivi maestri” condotta dalla giornalista del tgR Karen Sarlo. “Marcello non esitava a entrare nei cortili di case confiscate dopo atti intimidatori, o laddove ci hanno bruciato le serre. Faceva domande, esprimeva sensibilità, produceva immagini di verità. Era sempre sul pezzo”, ha dichiarato nella commozione generale don Panizza. Il sacerdote bresciano, ospite di Trame, è autore di un testo contro il pensiero unico, quello a cui la maggioranza si adegua anche quando in realtà non è d’accordo, in maniera acritica: in quel caso c’è bisogno di “cattivi maestri”, di persone capaci di educare una collettività ad andare controcorrente, e il primo esempio mostrato nel libro è non a caso quello di Gesù Cristo. “Anche la mafia educa, – sottolinea il sacerdote – educa soprattutto al comando. Non alla libertà, non al pensiero critico. Educa con la violenza, e insegna pochissime cose. Ma sono quelle.” L’educazione mafiosa è un compito affidato non solo agli uomini ma anche, e non secondariamente, alle donne. E’ una situazione alla quale occorre reagire e non lo si può fare da soli.

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A questo proposito don Panizza introduce la splendida realtà della Comunità Progetto Sud, di cui è guida: un “gruppo di gruppi” distribuiti in 19 case su tutto il territorio lametino, dove vivono persone con disabilità e problematiche diverse, ma anche molti stranieri – circa 140 – e dove lavorano 150 dipendenti, ai quali si aggiungono numerosi volontari, ragazzi del servizio civile, tutori legali per i minorenni ospitati. Prossimo l’avvio di un centro per bambini autistici. “La gente cresce quando c’è un ideale comune, un’educazione diversa da quella mafiosa”. E’ una problema, quello della mafia, che Panizza scopre dopo essere “emigrato al contrario”, e dopo aver cominciato a lavorare con i disabili lametini nei locali del seminario temporaneamente offerti dalla Curia, dove, dopo soli due mesi di attività, due giovani vengono a chiedergli il pizzo. “Da lì è scattata la ribellione, l’autodifesa”, racconta, e da lì insieme ai membri della Comunità prende la decisione di occupare negli anni ’80 la casa confiscata in località Capizzaglie, “per fare alla città il regalo di avere meno paura”. Ma la storia continua, ed è prossima l’acquisizione e l’inaugurazione da parte del sindaco di una casa dove dare accoglienza a persone senza fissa dimora. Alla domanda di Karen Sarlo, che gli chiede se abbia mai visto un mafioso pentirsi, Panizza risponde purtroppo di no, eccezion fatta per i giovanissimi assoldati dalle cosche per piccoli atti intimidatori. Il pensiero finale è rivolto alle donne del sud: “Crescono velocemente, a 100 all’ora. Noi andiamo a 30.”

Giulia De Sensi

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