New York - Dopo dodici anni passati in un carcere americano per traffico di cocaina e alla vigilia dell’estradizione in Italia, il destino di Salvatore Mancuso, 55 anni, boss a capo di un’organizzazione paramilitare responsabile di migliaia di omicidi, è diventato un caso internazionale. Sul suo destino si sono incrociate le volontà di tre governi: quello italiano che si aspettava l’estradizione, quello colombiano che ha chiesto di avere Mancuso per incriminarlo e quello americano, che dovrà decidere nelle prossime ore la sorte del boss italo-colombiano.
Migliaia di familiari delle vittime hanno lanciato l’appello perché il boss venga portato a Bogotà. “Se dovesse finire in Italia - hanno detto - verrà messo fine alla ricerca della verità”. Mancuso è l’ex comandante delle Auc, formazioni combattenti unite della Colombia, milizia di destra coinvolta negli anni ’90 in delitti, sequestri e traffico internazionale di droga. Condannato in Colombia per 1.500 omicidi e considerato il referente dei clan calabresi nel Paese sudamericano, il “Signore italiano della droga" per anni è stato considerato il grande nemico del procuratore capo Nicola Gratteri, che ha indagato sulle relazioni tra 'ndrangheta e clan colombiani. Ad aprile l'Italia ha presentato domanda di estradizione, visto che il boss aveva scontato i 12 anni di carcere. Ma nel frattempo si era mosso anche il governo di Bogotà. Mancuso, secondo quanto riferito dai suoi legali, sarebbe terrorizzato dall’idea di essere estradato in Colombia perché teme di essere torturato o ucciso, anche perché l’ex comandante ha collaborato con la giustizia americana, fornendo nomi e luoghi dei suoi collaboratori, tutti finiti in carcere. Nel passato Mancuso si è vantato di avere fatto eleggere un terzo dei rappresentanti del Congresso colombiano. La parabola discendente del boss è cominciata il 13 maggio 2008, quando venne scortato dagli agenti della Dea nel carcere federale di Opa-locka, in Florida. Dal momento del suo arresto è cominciata una battaglia legale che ha registrato, domenica, la svolta: la possibile estradizione in Colombia che, nel frattempo, aveva presentato quattro richieste al dipartimento di giustizia americano. Il boss, secondo i suoi legali, ha ancora una carta da giocare: ottenere il diritto d’asilo negli Stati Uniti come è successo per l’ex moglie e il figlio più piccolo. Ma le possibilità di bloccare la procedura di estradizione o di espulsione, ipotesi avanzata nelle ultime ore, sembrano ridotte.
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