Lamezia Terme - Nell’ambito del progetto “Resto in Campo – percorsi di diritti per migranti” è stata elaborata la “Carta dei valori etici in agricoltura” creata da un gruppo di lavoro rappresentato da Fabio Saliceti, operatore di Comunità Progetto Sud, Silvia Viceconte, consulente legale di Goel – Gruppo Cooperativo, e Federica Pietramala, segretaria regionale di FLAI CGIL. La Carta è stata presentata in un incontro introdotto dai saluti istituzionali della dottoressa Stefania Greco del Dipartimento Lavoro e Welfare, e del dottor Giuseppe Palmisani del Dipartimento Agricoltura e Risorse Agroalimentari della Regione Calabria. Al tavolo dei lavori Marina Galati, direttrice Progetto Sud e referente del progetto “Resto in Campo”, Vincenzo Linarello, presidente di Goel, Maria Chiara Ferrarese, vicedirettrice di CSQA certificazioni srl, e la stessa Federica Pietramala.
“Diversi soggetti provenienti da diversi mondi” secondo Galati, “perché non si può intervenire sulle tematiche del lavoro e sul caporalato se non creando una rete”. Una rete che si propone di entrare in relazione sia con i lavoratori, per supportarli in un percorso di emersione, di assistenza e di acquisizione di nuove competenze, sia con le aziende, i sindacati, le associazioni di categoria. Similmente coinvolte le Istituzioni e l’Università, utile nella ricerca sul campo. Nel campo delle sperimentazioni si configura anche il progetto Goel Bio raccontato da Linarello, che dal 2009 unisce aziende agricole della Locride vessate dalla ‘ndrangheta. “Dopo ogni aggressione organizzavamo delle feste, per mobilitare l’opinione pubblica e ripagare i danni subiti. Ha funzionato”, racconta il presidente, che attraverso il progetto ha creato una nuova filiera virtuosa, aumentando la qualità e la sostenibilità e annullando lo sfruttamento e il sommerso: ciò grazie a controlli accurati e calcoli di congruità stagionale che non consentono il lavoro nero, e lasciano fuori chi trasgredisce. Un percorso che secondo Pietramala può essere replicabile, attraverso la creazione di “Cabine di Regia Territoriali” in tutte le province, e attraverso l’applicazione serrata delle leggi già esistenti in materia di sicurezza e tutela dei lavoratori.
Anche Ferrarese sottolinea l’importanza di “un organismo di certificazione che assicuri standard da progettare sulla base dell’etica, della responsabilità sociale e di un’equa remunerazione”, standard che possano essere misurati per ridare credibilità alla filiera a livello internazionale. Proprio a questi scopi risponde l’elaborazione di una Carta dei valori strutturata su 4 macroaree: legalità, lavoro e welfare; ambiente; sicurezza e qualità del prodotto; territorio e comunità locali. Creata tenendo conto del contesto storico – dunque della crisi energetica, climatica, sanitaria – e delle leggi vigenti, la Carta non pone come prerequisito essenziale una certificazione bio, pure gradita, ma sottolinea l’importanza delle buone pratiche: uso di energie rinnovabili, riutilizzo e riciclo degli scarti, efficientamento idrico, scarso impatto ambientale. Ma anche rispetto della stagionalità e della vocazione del territorio, filiera corta, apertura verso l’esterno (ad esempio fattorie didattiche), rispetto e diffusione della cultura della sicurezza fra i lavoratori, salubrità degli ambienti, rispetto di livelli e mansioni, convenzioni con i trasporti, formazione, flessibilità, adozione degli indici di congruità che stabiliscono relazioni precise fra la quantità prodotta, le ore di lavoro e le risorse umane, a seconda delle colture. La Carta sarà presto aggiornata di nuovi contributi, e ci si augura che possa essere diffusa e costituire la base di una nuova mentalità nel campo dell’agricoltura.
Giulia De Sensi
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