Lamezia Terme - Seconda giornata di Trame, festival dei libri sulle mafie e appuntamento serale con Pietro Grasso, ex magistrato e dal 2013 al 2018 presidente del Senato. "Il mio amico Giovanni" è il libro presentato a Lamezia, scritto insieme ad Alessio Pasquini per raccontare ai ragazzi chi era Giovanni Falcone, nel segno di una lunga amicizia fra i due e delle tante battaglie vissute accanto al giudice simbolo della lotta alla mafia. Grasso è stato anche Procuratore nazionale antimafia, subentrato nel 2005 a Pier Luigi Vigna. Verso la metà degli anni settanta comincia a indagare sulla pubblica amministrazione e sulla criminalità organizzata e viene nominato titolare dell’inchiesta sull’omicidio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella. Giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa nostra del 1984. Consulente della commissione antimafia, diventerà in seguito procuratore della Repubblica di Palermo. Nelle prefazione del libro, scrive Roberto Saviano "Ci sono storie che non finiscono, ci sono storie che non possono finire perché troppo importante è il percorso, e fondamentale è lo scopo.
"Il mio amico Giovanni" racconta una storia che non può finire perché è prima di tutto la storia di un'amicizia". Una storia anche di condivisione che parte dalla loro infanzia iniziata fin dal 1948. A discutere con Grasso, Enrico Bellavia del settimanale L’Espresso. Al centro della vicenda, il percorso dei due, il maxiprocesso a Cosa Nostra e altri racconti di vita privata.
"Il libro - ha detto Grasso - si propone di parlare ai giovani. Dopo 30 anni avevo l'esigenza di lasciare una traccia del mio rapporto con Giovanni, delle cose che ci dicevamo; di mettere in risalto la luce che aveva quando parlava dei suoi progetti. La memoria - ha evidenziato - è importante e ai giovani dopo 30 anni devi raccontarlo. Per questo ho scelto un linguaggio agevole". L'ex presidente del Senato ha quindi parlato di un Falcone visto "nella sua quotidianità, nella sua normalità. Oggi se dici Falcone, i ragazzi rispondono che era un eroe. Ma non è così. Falcone come Borsellino erano persone come noi; come dovremmo essere tutti e fare il nostro dovere. Ecco perché è importante conoscere come erano nella vita normale. Spontanei e anche scherzosi".
Quindi, ha raccontato una serie di aneddoti di lavoro e di vita privata. Riferendosi al maxi-processo in cui lui era stato chiamato dal presidente del Tribunale di Palermo a ricoprire il ruolo di giudice a latere, Grasso ha rimarcato il successo di quel processo con le condanne dei boss. Ma ha anche ricordato di come la gente di Palermo era infastidita. "Le persone non si preoccupavano del rumore delle autobombe, ma si infastidivano dalle sirene delle auto di Falcone". Tanto che un giornale pubblicò una lettera di una signora che stigmatizzava questo aspetto. "Ma il maxiprocesso fu un atto di resistenza, una svolta epocale e rivoluzionaria. La lotta alla mafia - come diceva Falcone - non è solo un fenomeno criminale ma si avvale del consenso della gente e da una condizione sociale di bisogno. La cosiddetta area grigia, la borghesia mafiosa sono la forza che fa permanere la mafia, grazie allo scambio di favori e al clientelismo che è anche praticato dalla politica".
A. C.
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