Lamezia Terme - La città deve guardare al futuro con ottimismo e positività. L’azione di contrasto alla criminalità organizzata sta producendo i suoi frutti e non è un caso se, nell’ultima operazione “Crisalide 3” messa a segno dalle forze dell’ordine e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, per la prima volta gli investigatori hanno potuto contare sulla collaborazione preziosa di imprenditori e vittime, che hanno incrinato un muro di paura e silenzio, fino a poco tempo fa granitico e impenetrabile. Il tenente colonnello Massimo Ribaudo guida i carabinieri del gruppo di Lamezia Terme da due anni, da quando – inaugurata la nuova caserma di via Marconi – l’Arma si è rafforzata sul territorio, trasformando la compagnia in gruppo e quindi in una presenza più organizzata e massiva. Tempo, dunque, di riflessioni e bilanci e di una panoramica a tutto campo sul futuro prossimo della città della Piana. A partire dai risultati raccolti sul campo investigativo e repressivo fino ad aspetti più complessivi legati alla vita della comunità, come l’imminente appuntamento con le elezioni amministrative dopo la terza esperienza di commissariamento per infiltrazioni mafiose.
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Colonnello Ribaudo, l’ultima inchiesta “Crisalide 3” ci consegna due elementi di valutazione: la rapida capacità di rigenerarsi delle cosche e, dall’altra, l’altrettanta tempestiva risposta dello Stato nel reprimere le nuove leve. Quali sono le sue valutazioni?
“Ci tengo a specificare che questa operazione ha portato alla luce più aspetti significativi. Vi è l’indiscutibile capacità di questa organizzazione, e in particolare della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, di rigenerarsi e potenziarsi, nonostante ripetute operazioni delle forze dell’ordine e nonostante la condizione di detenzione nella quale si trovano diversi esponenti coinvolti in ultimo in “Crisalide 3”. C’è da dire che questa capacità si rileva anche nell’approfittare del vuoto e dello spazio che in qualche modo si è venuto a creare sul territorio in seguito ad altre operazioni, come Medusa, Andromeda e Perseo, che hanno segnato le organizzazioni rivali e in particolare quella Iannazzo-Daponte. Dall’altra parte, è bene sottolineare il segnale migliore, ovvero le forze di polizia ben preparate e brillantemente coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia rispondono tempestivamente a qualsiasi forma di riorganizzazione delle consorterie criminali con adeguate attività investigative, di fatto depotenziando la capacità criminale sul territorio”.
Nel corso delle indagini su Crisalide 3, voi stessi investigatori avete messo in luce un’inedita collaborazione da parte delle parti offese e in particolare degli imprenditori lametini oppressi dalla mano criminale e per la prima volta disposti a rompere il muro del silenzio e della paura. Ci spiega più nel dettaglio?
“In effetti è un elemento di novità la maggior fiducia da parte di alcuni operatori economici lametini nelle forze dell’ordine e la manifestata volontà di essere liberati dall’oppressione della criminalità. Senza dubbio è un argomento da valorizzare e frutto di una serie di elementi. Cresce il desiderio di una libera capacità di impresa, fermo restando la necessità di mantenere sempre la guardia alta. Ad esempio, molti degli atti intimidatori che hanno caratterizzato il comprensorio lametino negli anni scorsi, oggi si presentono come meno significativi, quantomeno in termini numerici. Questo è dovuto alle autorità giudiziarie ma anche alla minore sopportazione, accettazione della pressione criminale. Un fatto inedito perché fino a poco tempo fa considerato quasi ineluttabile”.
Al di là del caso specifico di “Crisalide 3”: quanto sta maturando soprattutto nelle articolazioni economiche di Lamezia un sentimento di liberazione dai condizionamenti mafiosi?
“Ci sono ancora sacche di omertà, c’è da parte di qualcuno la tendenza a sminuire forme di controllo e di pressione che da decenni caratterizzano il territorio lametino. Ma finalmente abbiamo forme di partecipazione attiva, che si riscontrano non solo nel numero di denunce ma anche nella volontà di confrontarsi con le forze di polizia sui problemi della città, fornire elementi anche in modo informale. Ciò è per noi un fatto, un indicatore molto positivo, perché testimonia un’affidabilità delle istituzioni e del sistema giustizia in particolare. D’altro canto, un modello reale di sicurezza passa da una saldatura fra pubblico e privato e la partecipazione degli imprenditori, dell’associazione antiracket e delle associazioni di categoria è reale. Si sta sedimentando un sentimento di collaborazione tra più attori per realizzare un modello virtuoso di sicurezza”.
Proviamo a guardare l’altro lato della medaglia: Lamezia è alle battute finali del terzo commissariamento per infiltrazioni mafiose, l’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro è stata sciolta “per colpa” di Lamezia, le cosche si dimostrano assai attive e vitali (“Crisalide 3” lo dimostra): quanto basta per neutralizzare le “buone notizie”?
“Sono tutti elementi di verità ma è bene valorizzare il bicchiere mezzo pieno e soffermarsi su un binario d’azione oggi in atto: da una parte la repressione, dall’altra la prevenzione. Quest’ultima in particolare si nutre di un’attenzione costante delle istituzioni, a partire dalla Prefettura. Accanto al livello della responsabilità penale, c’è infatti quello di protezione e salvaguardia delle istituzioni di prossimità. C’è una cultura e un’attenzione diverse da parte di tutti i soggetti istituzionali: penso alle diverse interdittive antimafia e allo scioglimento di amministrazioni ed enti pubblici. In entrambi i casi siamo nel campo della prevenzione, perché queste misure intervengono in un contesto che non ha ancora gli anticorpi per reagire alla pressione criminale ed evitano infiltrazioni più complesse da sradicare, penso in particolare agli apparati della pubblica amministrazione. Sono provvedimenti che possono essere letti come indicatori negativi ma al contrario sono necessari affinché il sistema non collassi”.
Ci può dare qualche riferimento numerico per capire i risultati che in questi anni sono stati realizzati dalle forze dell’ordine?
“In questo biennio osserviamo un progressivo calo della delittuosità, siamo di fronte a un calo di reati soprattutto contro il patrimonio di oltre il 20%, che sono quelli che più influiscono sulla percezione della sicurezza perché toccano la vita delle persone. Il rafforzamento dei presidi sul territorio sta dando i suoi frutti. Vi è anche un elevato numero percentuale di rapine e furti scoperti nel territorio lametino: siamo attorno all’11% ben al di sopra della media nazionale. Ciò innesta un percorso prezioso di affidamento da parte dei cittadini, perché matura la consapevolezza che sicurezza e libertà siano strettamente correlate: dalla libertà d’impresa a quella di relazione, di movimento e di espressione”.
Dalla sua prospettiva e dal suo osservatorio per molti versi privilegiato ci indica pregi e difetti della città di Lamezia?
“Lamezia ha tutte le condizioni per credere in sé stessa e guardare al futuro con fiducia e positività. Basti pensare alla sua collocazione strategica al centro della Calabria, ha uno sbocco sul mare, è chiusa fra due catene montuose, ha uno degli aeroporti più importanti del Sud e una complessiva piattaforma logistica strategica. La città è dotata di scuole molto qualificate. Ci sono, insomma, tutte le condizioni perché la città diventi un centro attrattivo e competitivo. Gli indicatori ci dicono che Lamezia può solo migliorare. Una volta liberata dall’incidenza e dal condizionamento delle mafie su tutte le dinamiche della società civile, quelle politiche ed economiche in particolare – la criminalità è stata assai pervasiva – Lamezia presenta tutte le condizioni per garantire ai suoi cittadini una maggiore qualità della vita. E ciò non è un fatto scontato, né che si riscontra in territori analoghi dove – al contrario di qui – pur di fronte a importanti pressioni criminali, non vi sono le condizioni di contesto che consentono alle comunità di guardare al futuro con fiducia. I lametini hanno fra l’altro un dato identitario importante, ovvero l’apertura la disponibilità al confronto e alle relazioni. Rilevo, alla luce anche della mia esperienza in altri territori, una peculiare capacità di accogliere e contaminarsi e ciò è un valore aggiunto. Mi permetta una valutazione di carattere personale: forse a Lamezia c’è troppa attenzione a valorizzare gli elementi negativi e non quelli a cui saldare una forza espansiva e di crescita”.
A Lamezia si sta per concludere il terzo commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose: quali consigli si sente di dare a questa comunità per buttarsi alle spalle questa dura esperienza?
“Gli scioglimenti che hanno interessato Lamezia negli ultimi 20 anni debbano essere occasione di riflessione sulla necessaria e fondamentale attenzione della società civile a tutte alle dinamiche della propria città e spingere per forme di sempre maggiore partecipazione attiva, trasparenza e di controllo diffuso. Ci sono, fra l’altro, nel nostro ordinamento giuridico tutele molto avanzate sul fronte delle candidature nel segno della trasparenza. Qualsiasi commissariamento ha l’esclusiva funzione di ripristinare condizioni di agibilità nella gestione della cosa pubblica, poi sta alla comunità saper trasformare un commissariamento in un’opportunità e in un nuovo inizio. È questo il consiglio che mi sento di dare ai lametini nell’avvicinarsi alle votazioni, ovvero il momento più alto e più bello della democrazia rappresentativa”.
Giulia Veltri
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