di Alessandra Renda.
Lamezia Terme - C’è chi ha ereditato la passione dai nonni, chi ormai si dedica al mestiere da oltre trent’anni, chi, giovanissimo, ha deciso di restare in questa terra per una sfida tanto difficile quanto affascinante: sono gli apicoltori di Calabria. Proprio in un momento storico come questo, in cui la salvaguardia delle api e del miele diventano finalmente battaglia europea, ci si rende conto ancor di più quanto la nostra storia sia sempre stata intrecciata a quella delle api, da quando gli egiziani furono i primi che copiarono da loro l’arte della mummificazione grazie alla propoli. Sono proprio le api, eccellenti impollinatrici, a garantire infatti oltre il 70% delle colture commestibili e a salvaguardare la nostra sicurezza alimentare, oltre che divenire preziosi indicatori dello stato di salute ambientale.
Per quanto la Calabria possa dirsi fortunata rispetto alle altre regioni riguardo alla produzione del miele, il grido degli apicoltori è però unanime: “Il 2018 è un anno catastrofico per la raccolta, il peggiore in assoluto degli ultimi anni”. Questo, non solo per le fioriture anticipate e i troppi sbalzi di clima, ma anche per i pesticidi usati in agricoltura e le varie malattie che stanno colpendo la specie, più di tutte la varroa, portando inevitabilmente ad un netto calo della loro presenza anche in Regione.
Questo settore in Calabria resta però uno dei migliori sui quali puntare, soprattutto per i giovani che intendono investire nel proprio territorio. Ce lo hanno raccontato gli apicoltori che abbiamo incontrato, i quali hanno inoltre rinvolto un appello alle istituzioni per chiedere maggiore attenzione e considerazione per chi vuole fare di questo affascinante ramo una professione vera e propria. Il miele biologico e grezzo, del resto, è sempre stato considerato, sin dall’antichità, un vero e proprio farmaco naturale dalle proprietà curative, antibiotiche e antinfiammatorie, basta solo sperimentarne i suoi molteplici usi.
Le tre gocce d’oro della famiglia Martelli
Quando Domenico Martelli ha deciso, nel 2003, di intraprendere questa esperienza insieme alla moglie Melissa ereditando la passione del nonno, non si aspettava certo che nel 2017 il suo purissimo miele d’acacia, prodotto nel vibonese, avrebbe vinto il prestigioso riconoscimento delle Tre gocce d’oro. L’osservatorio Nazionale Miele infatti, dopo altre partecipazioni fatte negli anni, lo ha finalmente decretato il miglior prodotto, arrivato alle finali del concorso grandi mieli di Castel San Pietro Terme, scelto infine fra tanti da un’esperta giuria su 802 partecipanti, con altri 30 campioni provenienti dal resto della Calabria e sottoponendo il suo miele a serrate analisi. L’acacia della famiglia Martelli viene prodotta tra le colline di Vazzano, ad un’altitudine compresa tra 350 e 400 metri sul livello del mare, esprimendo tutta la purezza climatica del territorio in cui le api operano.
“La mia passione - ci racconta Martelli - arriva da lontano, l’ho ereditata dal nonno che se ne occupava già dal 1932 e dal 2003 è iniziata la mia sfida, adoperandomi a migliorare le sue tecniche. Ho deciso di puntare però tutto sulla qualità e non sulla quantità e varietà del prodotto - ci spiega ancora - produco miele di acacia, millefiori e di castagno. Circa una decina di anni fa avevo deciso di spostarmi su Lamezia per dedicarmi anche alla produzione del miele di arancio ma ho dovuto rinunciare, perchè la zona trovata era ad alto trattamento di pesticidi e mi morirono tutte le api, così dovetti tornare a Vazzano”.
Per Domenico Martelli però, così come per tutti gli altri apicoltori calabresi, questo 2018 è un anno da dimenticare e ci ha spiegato il perché, nonostante le richieste di miele aumentino sempre di più. “La stagione quest’anno è andata malissimo - ci racconta - a causa soprattutto delle condizioni climatiche e ad una falsa partenza della stagione che ha sfiancato le mie api.
Lo scorso anno sono arrivato a produrre 100 quintali, ora invece non siamo nemmeno al 10%, la stagione è stata disastrosa. Le richieste ci sono e arrivano soprattutto da fuori, ma in Italia non riusciamo a soddisfarle nemmeno del 50%, colpa anche dei pesticidi in agricoltura, che stanno mettendo a serio rischio la specie. Qui in Calabria abbiamo un territorio che offre tanto - conclude Martelli - e l’apicoltura potrebbe essere davvero un punto di partenza per tanti giovani, ma chiediamo maggiori controlli sui pesticidi, maggiori risorse e soprattutto facciamo un appello alla Regione affinchè rendano per noi più semplici le procedure, per evitare che in tanti abbandonino le attività già prima di iniziarle”.
A Lamezia l’unico laboratorio apistico di propoli in Calabria
Un vero e proprio laboratorio apistico di propoli in Calabria esiste ed è stato certificato dal Ministero della Salute. Dopo tante lotte burocratiche arriva nel 2014 per la famiglia Miceli di Lamezia un riconoscimento che li porta con soddisfazione a divenire un punto di riferimento per la lavorazione di ciò che viene definito “l’oro nero” delle arnie. Grazie alla propoli infatti, l’alveare è uno degli ambienti più salubri esistenti in natura. A lavoro completato poi, il prodotto viene estratto dalle reti per essere lavorato in soluzione idroalcolica nel loro laboratorio di Lamezia.
Anche per la famiglia Miceli la passione arriva da lontano, da quando il nonno Giovanni produceva il miele tra le campagne di Gizzeria paese, e addirittura, senza indossare alcuna protezione, spremeva i favi a mani nude per separare il miele dalla cera. Dal 2010 è così partita una nuova avventura a Lamezia grazie alla caparbietà della nipote Fulvia che decide di portare avanti la tradizione di famiglia, insieme al marito Roberto e alle giovani figlie Roberta e Valentina.
“Stiamo provando a diventare un’eccellenza nel campo della propoli - ci raccontano - per noi è stato necessario diversificare e focalizzarci solo su alcune produzioni. Realizziamo miele, idromele, aceto di miele, propoli, propoli junior e sciroppo mieloppo. Grazie al laboratorio poi, ci stiamo occupando della lavorazione e della trasformazione della propoli come integratore alimentare, distribuendolo a farmacie e parafarmacie, nonostante la lotta costante con le multinazionali”. Sulle etichette dei prodotti realizzati dalla famiglia Miceli si legge uno slogan che non può non racchiudere tutta la filosofia con la quale portano avanti la loro azienda, rispettando la natura e l’ambiente: “C’è llu suli dintra” (c’è il sole dentro). Dal miele, la famiglia Miceli ha ricavato anche due vera e proprie chicche, come l’aceto di miele e in particolare l’idromele. “L’idromele ha una storia bellissima e antichissima - ci spiega la figlia Roberta - essendo stata la prima bevanda alcolica della storia. Si ottiene mescolando insieme acqua, miele e lievito, aspettando qualche giorno perché tutto si fermenti.
La locuzione “Luna di miele” deriva infatti proprio da questo prodotto, perché tantissimi anni fa si regalava in dote alla coppia affinchè, per la durata di una luna, si godessero il consumo di questa bevanda, buon auspicio per avere figli maschi”. La famiglia Miceli segue tutto secondo tradizione, badando bene anche a fare informazione sull’importanza della cristallizzazione del miele, processo naturale e non dovuto all’aggiunta di zucchero. Incontri importanti sono poi quelli che all’interno dell’azienda vengono organizzati con i ragazzi delle scuole. “Stiamo anche cercando, tramite le scuole -aggiungono - di far sensibilizzazione contro l’utilizzo di pesticidi in agricoltura, grande minaccia per le api”.
Il clima però non è stato clemente nemmeno con le api di casa Miceli. “Quest’anno - concludono - le produzioni scarseggiano. Alcune fioriture sono state anticipate ed è stato necessario per noi ridurre anche le varietà. Le api purtroppo, se non si possono nutrire si stressato e muoiono. Ci sono poi malattie come la varroa che non si possono sconfiggere. Contro la natura a volte non si può fare molto ma altri accorgimenti, informazioni e prevenzione sono fondamentali per mantenere in vita il settore. In cantiere - concludono - abbiamo ancora molti progetti, come quello un giorno di produrre la popoli in campo agricolo. Portare avanti un’azienda come la nostra è dura, soprattutto lottando ogni giorno con la burocrazia, ma se c’è la passione si riesce a fare decisamente di tutto”.
Il mondo bio di Fragiacomo
Incontriamo la famiglia Fragiacomo a Lamezia, all’interno dell’azienda dove opera ormai da oltre 30 anni. Lui, la moglie Doris e i suoi due figli si dedicano anima e corpo all’agricoltura biologica e all’apicoltura. La loro è una piccola bottega incantata, circondata da erbe spontanee e curative, animali che gironzolano liberi per il cortile, casette allestite per api solitarie, dove tutto insomma, è deciso dalla natura. Hanno ottenuto la certificazione biologica da 23 anni, e da un anno anche sull’etichetta. L’azienda che conducono diventa ogni giorno via vai di clienti, amici e appassionati che fanno un salto anche solo per un semplice consulto su un particolare tipo di miele o per consigli sull’agricoltura bio.
I due giovanissimi figli, dopo gli studi naturalistici, sarebbero potuti partire in cerca di migliori occasioni di lavoro, ma hanno deciso di dare nuovi impulsi all’azienda di famiglia per un settore che in Calabria è fatto di sacrifici ripagati però da tanta soddisfazione. La famiglia Fragiacomo produce molteplici varietà di confetture, miele d’arancio, acacia, millefiori, tiglio, castagno, ma anche eucalipto, melata di bosco e miele di cardo. “Seguiamo i criteri dell’apicoltura biologica - ci racconta la signora Doris, in Italia da oltre 30 anni - e siamo controllati dalla Codex che analizza annualmente la cera degli alveari, principale indicatore dello stato di salute delle api e dell’ambiente circostante. Abbiamo tanti registri da compilare e ferrei controlli da effettuare”.
Un’annata questa da dimenticare però anche per la loro azienda. “Quando iniziammo, tanti anni fa - ci spiega - i raccolti erano abbondanti, adesso se le api sono vive e produciamo qualcosa siamo già abbastanza contenti. Il calo si è registrato dagli ultimi anni, anche se l’annata del 2017 è stata per noi soddisfacente. Nella zona dove produciamo miele d’arancio, lo scorso anno erano 10 quintali, quest’anno invece al massimo 400 kg. Le richieste però ci sono, arrivano soprattutto dalla Germania, Inghilterra e Lussemburgo, ma spesso non riusciamo a soddisfarle in pieno. Nel salutarmi la signora Doris mi ricorda l’importanza di una frase pronunciata da Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, risalente agli anni ’20: “Il futuro dell’apicoltura non sarà fare del miele ma mantenere le api in vita”.
La versione integrale dell’inchiesta sull’apicoltura è stata pubblicata sull’edizione cartacea de il lametino 242 in edicola
© RIPRODUZIONE RISERVATA