Chi resta e chi parte

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

© RIPRODUZIONE RISERVATA

filippo_veltri.jpg

Va di gran moda di questi giorni la discussione se conviene partire o restare in Calabria. "C’è – ha scritto Gioacchino Ciriaco - in uno dei tanti mondi calabresi che stanno dentro la Calabria una malattia che non è ancora regola ma può diventare deficienza cronica. E noi passiamo per essere cattivi ma furbi, e avremo si la furbizia della volpe ma l’intelligenza che ci anima è sempre più quella del tonno. Chi vuol restare resti e chi vuol combattere lo faccia, ma si smetta di viaggiare in ordine sparso. Il nemico della Calabria è tutto interno, è forte. Da fuori si assiste a un’agonia tutta nostra, che al limite torna utile per tante cose lunghe da spiegare. Ma a quelli che vanno via non fate ostacolo e non ne criticate gli sputi, purché si salvino"’.

Studiosi e intellettuali spiegano come stanno le cose. Scrivono libri, rilevano fatti. In Italia sono ormai una folla gli studiosi (del Sud e del Nord) convinti che la ripresa dell’intero paese passa dal rilancio del Sud e che non si farà un passo avanti fin quando tutta l’economia nazionale non verrà impegnata in un grande progetto nazionale di sviluppo che parta dal Mezzogiorno. Spiegano che il paese perde colpi, non solo da Napoli in giù ma anche da Napoli in su. Uno di loro ha anche scritto un libro “Non c’è nord senza sud”: sembra tutta fatica sprecata.  

Nelle scorse settimane sono arrivati i dati che certificano che la zona da cui più si fugge è il Lombardoveneto, il cuore ricco del paese. La Lombardia è il territorio italiano che registra il più alto tasso di emigrazione dall'Italia. Da lì, sono scappati all’estero in 13.156; dal Veneto, 7456. Seguono gli altri. La Calabria in cifra assoluta è decima in classifica: 4813. Se invece si fa il calcolo in proporzione alla popolazione schizziamo al primo posti in meravigliosa solitudine. 

Ancora oggi si sente la parola emigrazione e subito vengono alla mente le valigie di cartone, quella folla stracciona in bianco e nero, le stazioni del Sud,  Porta Susa, le facce scavate dalla fame vera, per mancanza di cibo, occhi determinati a faticare fino a morirci pur di mandare soldi a casa  e allentare la miseria di chi restava.

Oggi non è più così. Vanno via quelli che hanno studiato, ragazze e ragazzi carichi di sapienza, che sanno fare le cose, parlano le lingue, sono capaci di avere idee. Li chiamano "talenti": una ricchezza senza la quale diventerà impossibile creare altra ricchezza. La loro fuga uccide nuovamente la Calabria. Se non si interviene ci resteranno solo queste inutili discussioni sul partire, il restare, il tornare. Aria fritta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA