Catanzaro - Chi è il “sicilian father that I never had”, di cui parla Bob Dylan nella sua autobiografia? In realtà, si tratta di un calabrese di Domanico, borgo delle Serre cosentine, che nel 1960 favorì il primo esordio ufficiale del folksinger al Greenwich Village di New York. La storia è raccontata nell’ultimo libro del giornalista Luigi Michele Perri, “Il padre calabrese di Bob Dylan”, pubblicato in e-book e in versione cartacea su Amazon.it. Ma il filo conduttore della singolare vicenda conduce l’autore alle origini della “beat generation” che trovò terreno fertile nel locale, il “Gerde’s Folk City”, ideato dall’emigrato domanichese, Mike Porco, che ebbe la fortuna di avvalersi della consulenza di Robert Shelton, il primo critico musicale del “New York Times”. Non solo. Il testo richiama spaccati inediti sulle origini della musica globale, che dagli anni Venti-Trenta del secolo scorso, maturarono tra Manhattan e il Bronx. In un altro locale, il “Club 845”, gestito dai fratelli Bastone, emigrati calabresi di Carolei, mossero i primi passi Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald. Sulla ribalta del “Club”, tra l’altro, si affermò il bebop, altro filone musicale che alimentò la “beat generation”. Sullo sfondo il clima politico americano che, sin dai primi decenni del Novecento, incubò i geni dei movimenti beatnik e hippy, che rinvennero le ispirazioni letterarie di Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Lawrence Ferlinghetti e di altri intellettuali cresciuti nell’atmosfera del Village newyorkese. “Il libro propone”, come rileva l’autore, “un intreccio di storie che si sviluppano in una sorta di genitorialità dell’una verso le altre per segnare, una consanguineità narrativa destinata a spiegare gli epiloghi vincenti dei protagonisti”.
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