Catanzaro, 6 dicembre - A 17 anni dalla grande rassegna organizzata al Pecci di Prato, il museo MARCA presenta la più esauriente retrospettiva sino ad ora realizzata di Angelo Savelli (1911-1995). "Angelo Savelli. Il Maestro del Bianco", a cura di Alberto Fiz e Luigi Sansone, s'inaugura sabato 15 dicembre alle ore 18:00 per rimanere aperta sino al 30 marzo 2013. La mostra è organizzata dalla Provincia di Catanzaro con il contributo della Regione Calabria e rientra nel progetto POR Calabria FESR 2007/2013. Attraverso 70 opere tra dipinti, sculture e ceramiche, la rassegna ha lo scopo di focalizzare l'attenzione su uno dei più significativi protagonisti del dopoguerra, rimasto ingiustamente in ombra per troppo tempo pur avendo rivoluzionato radicalmente il modo di fare pittura con esiti che lo pongono in relazione con Lucio Fontana, Piero Manzoni e Salvatore Scarpitta. Ma anche con gli americani Barnett Newman e Ad Reinhardt. La riscoperta di Savelli non poteva che partire dalla Calabria che dedica un doveroso omaggio al suo illustre cittadino nato nel 1911 a Pizzo Calabro e che proprio in questa regione ha avuto i suoi primi riconoscimenti con il Premio Mattia Preti ricevuto nel 1935 a cui seguì la partecipazione alla Biennale di Reggio Calabria. Sebbene nel 1954 si fosse trasferito a New York, non dimenticò mai i legami con la sua terra e nel 1991 è stato aperto a Lamezia Terme il Centro Angelo Savelli a lui dedicato. La mostra presenta l'intero percorso dell'artista partendo dalle prime esperienze figurative degli anni Trenta influenzate da Renato Guttuso, per giungere sino a Where Am I Going una della sue ultime testimonianze risalente al 1993-94. Non mancano riferimenti al periodo romano con opere come Autoritratto e Capriccio n.2, entrambe del 1940, proposte nel 2006 al Museo Pericle Fazzini di Assisi nella mostra Angelo Savelli e Roma curata da Luigi Sansone con un intervento critico di Fabrizio D'Amico. Questo iter di oltre sessant'anni comprende alcune delle sue opere maggiormente emblematiche sia nell'ambito dell'espressionismo astratto (in questo caso viene esposto White Space già presente nel 1957 nello spazio della galleria newyorkese di Leo Castelli), sia in relazione al lungo periodo del "bianco" iniziato nel 1957 con Fire Dance in mostra insieme ad una serie di lavori d'impatto monumentale come Grande orizzontale, 1960, Speranza, 1961 Senza titolo, 1962 o Going up,1980. Come afferma Wanda Ferro, Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla cultura, "la grande mostra di Savelli non è solo un doveroso omaggio al più celebre artista calabrese del dopoguerra insieme a Mimmo Rotella, ma rappresenta l'occasione per far conoscere alle nuove generazioni il Maestro del Bianco che, attraverso le sue opere, ha saputo esprimere il desiderio di assoluto attraverso uno stile inconfondibile".
Dopo essersi soffermata sugli esordi romani e sul passaggio all'espressionismo astratto, la mostra affronta l'universo bianco dove l'artista calabrese interviene sulla superficie modificando i materiali (usa il bianco titanio e prima ancora la sabbia), trasformando i formati delle opere, scomponendo le figure geometriche. Non manca, poi, l'utilizzo di elementi concreti come le corde che fanno la loro apparizione all'inizio degli anni Sessanta per poi riaffiorare nei lavori finali dell'artista, come emerge con chiarezza dall'allestimento della mostra. "Credo queste corde costituiscano il ricordo della mia infanzia quando stavo sempre in riva al mare", ha ricordato Savelli. "Ma se inconsapevolmente mi sono riferito al ricordo, la mia intenzione nell'inserire le corde nello spazio compositivo è stata quella di accompagnare l'occhio, in ritmo ellittico, dalla base all'alto dell'opera e viceversa. La linea tracciata dalla corda costituisce un accento dello spazio dividendolo e unendolo nello stesso tempo." Le corde sono protagoniste anche nelle sculture e a dare il titolo ad una delle sue installazioni più famose, Dante's Inferno (in mostra viene presentato un prototipo) dove quest'elemento è inserito in strutture verticiali, è stato Barnett Newman in visita nel suo studio a New York che ha immediatamente messo in relazione il grande lavoro plastico con il poema dantesco. Negli anni Ottanta, la ricerca sulla geometria assume un particolare significato e a dimostrarlo sono le opere prive di telaio, con forme trapezoidali, triangolari o romboidali esposte in mostra. Come scrive Luigi Sansone "la geometria assume aspetti poetici e immateriali e le forme sono rese più aeree da un'apertura centrale anch'essa geometrica in cui, al posto della tela asportata, appare un sottile e trasparente velo bianco di nylon che limita anche i contorni. Il ritaglio asportato posto a fianco della tela modificata crea una nuova forma geometrica minore, fluttuante accanto alla grande, a cui resta intimamente legata come una porta aperta verso un'altra dimensione".
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo in italiano e inglese pubblicato da Silvana Editoriale che comprende i saggi di Alberto Fiz, Luigi Sansone, Tonino Sicoli, oltre a testimonianze storiche di Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Piero Dorazio, Renato Guttuso, Vanni Scheiwiller. Non mancano, poi, gli scritti di Angelo Savelli e gli interventi di Giuseppe Appella, Michele Caldarelli, Teodolinda Coltellaro, Fabrizio D'Amico, Flaminio Gualdoni, Marco Meneguzzo, Gianni Schiavon e Antonella Soldaini.
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