Roma - "La prima volta che incontrai il procuratore di Palmi Agostino Cordova gli chiesi perché volesse tutti gli elenchi dei massoni del Goi (Grande Oriente d'Italia). Mi rispose: dalle nostre verifiche è emerso che i massoni della Calabria hanno connessioni con i massoni del nord Italia e formulò l'ipotesi che la 'ndrangheta stesse occupando le regioni del nord servendosi anche della massoneria. Quella che allora era un'intuizione di Cordova a distanza di 20 anni è una realtà". Lo ha detto oggi, in audizione davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, Giuliano Di Bernardo già Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. "Il procuratore Cordova mi ha dato prove inconfutabili sul coinvolgimento di alcune persone aderenti al Goi ma anche su un fenomeno strano: mi mostrò un pacco di fogli che contenevano accuse di massoni contro altri massoni. Alcuni, insomma, si servivano della magistratura per fare fuori altri massoni. C'era una guerra fratricida. Quando ho avuto dal procuratore Cordova queste prove ho convocato la giunta del Grande Oriente d'Italia e ho presentato la situazione. Al termine di questa riunione ho deciso di dimettermi dal Goi perché avevo constatato una realtà che mai avrei immaginato e che da quel momento mi sarei rifiutato di governare", ha proseguito Di Bernardo. Nessuno di quella giunta imitò Di Bernardo sulla decisione di dimettersi.
"Dopo - ha raccontato l'ex Gran Maestro all'Antimafia - sono stato crocifisso, i miei ritratti bruciati nel tempio, ho ricevuto minacce inimmaginabili. L'allora ministro dell'Interno Mancino ha allertato più volte il prefetto per farmi proteggere, perché tra le persone da colpire c'ero io. Non ho potuto fare capire ai miei confratelli le mie ragioni. Ho lasciato al Gran segretario una lettera che però non è stata divulgata. Ancora oggi, dopo 23 anni, sono considerato il traditore, verso di me c'è un odio che non potete immaginare". Tra i motivi di contrasto, anche il fatto che Di Bernardo è riuscito a far riconoscere la Gran Loggia regolare d'Italia, che ha costituito subito dopo le sue dimissioni, dalla massoneria inglese, che ha tolto il proprio riconoscimento al Goi.
"Diverse sono le ragioni che portarono alle mie dimissioni da Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia ma quella che fu determinante fu connessa con l'inchiesta del procuratore di Palmi Agostino Cordova. Vedo oggi ripresentarsi le stesse condizioni del 1992, quasi fosse una fotocopia". Lo ha detto Giuliano Di Bernardo, già Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, entrato a 22 anni nella massoneria, dimessosi dal Goi nell'aprile 1993.
"Nel 1992 - ha raccontato - il procuratore di Palmi Agostino Cordova mi fece pervenire la richiesta di avere gli elenchi di tutti i massoni calabresi motivandola col fatto che in molti reati erano presenti massoni; il Gran segretario mi informò di questa richiesta e io feci allora una riflessione: se io do gli elenchi non creo problemi a tutti quei massoni che non hanno nulla da nascondere e si dà la possibilità di far uscire allo scoperto i massoni non degni di stare in questa loggia. Quindi ho dato disposizione di consegnare gli elenchi dei massoni calabresi. Dunque io spontaneamente nel 1992 ho aderito alla richiesta di fornire tutti gli elenchi dei massoni calabresi".
"Qualche tempo dopo tornò a Villa Medici un giovane sostituto procuratore con un carabiniere e mi chiesero l'elenco di tutti i massoni iscritti al Goi d'Italia. Io dovevo sentire i membri della giunta e la loro risposta fu unanime: 'noi gli elenchi non li diamo a meno che non ci sia una richiesta formale di sequestrò. Il sostituto procuratore sigillò quindi il pc, mise due carabinieri a guardia e mi disse che sarebbe tornato con un mandato. Quindi tornò il giorno dopo, hanno preso il pc e sequestrato una gran mole di materiale. Iniziò l'inchiesta ma poi si è fermata, c'era stata la possibilità di fare chiarezza ma così non fu". Di Bernardo, dopo le dimissioni dal Goi, ha fondato la Grande Loggia Regolare d'Italia; dal 2002 si è dimesso da ogni incarico.
Alla Bindi, che gli ha letto un verbale secondo il quale Ettore Loizzo (morto da alcuni anni), a quel tempo suo Gran Maestro aggiunto, gli disse che su 32 logge calabresi, 28 erano controllate dalla 'ndrangheta e che non potesse fare nulla se non rischiando gravi ritorsioni, Di Bernardo ha risposto che "queste sono state le sue parole, che mi hanno convinto a dimettermi". "Noi non abbiamo potuto farci nulla, abbiamo dovuto subire questa situazione, mi disse Loizzo", ha proseguito l'ex Gran maestro del Goi. "E quando ho chiesto cosa pensassero di fare, non mi hanno risposto nulla. Di qui la mia decisione di dimettermi", ha concluso. "Durante il periodo in cui sono stato Gran Maestro ho abbattuto una sola loggia, la Colosseum di Roma, che era stata costituita subito dopo la liberazione d'Italia e in cui affluivano gli agenti della Cia, era una loggia ad hoc. Non potevo tollerare una loggia che era nata per queste ragioni e che continuava a muoversi per questo. Ho trovato un motivo formale e l'ho chiusa", ha risposto alla presidente dell'Antimafia Rosy Bindi che ha posto una serie di domande.
Di Bernardo: “Ho saputo anche di un traffico d'armi”
"Ho saputo di un traffico di armi dal Gran segretario e Gran maestro onorario della Gran Loggia nazionale francese una volta in cui mi trovavo a Parigi. Mi disse che il mio predecessore era andato a fornire armi. Per i francesi questa era una ingerenza e vi era irritazione. Ho fatto alcune indagini interne e le mie inchieste hanno confermato tutto". Lo ha detto Giuliano Di Bernardo già Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, parlando davanti alla Commissione parlamentare Antimafia che lo ha convocato per una audizione a testimonianza. "Ho informato le autorità nel momento in cui c'è stata l'inchiesta, prima non avrebbe avuto senso - ha riferito - ho dato al procuratore Cordova tutte le informazioni che avevo".
Ex Goi Minnicelli: da 600 a 2600 iscritti in Calabria
"Faccio parte del gruppo di fratelli iscritti al Goi che non hanno mai accettato che con le maestranze di Raffi e con questa di Bisi il Goi sia stato trasformato in un possedimento esclusivo di una componente, seppure maggioritaria del Goi, rafforzata da un ingresso massiccio di persone senza che vi sia nessun efficiente controllo. Di qui i casi frequenti di indagini e condanne di iscritti al Goi, cosa che negli anni precedenti non avveniva". Lo ha detto, nel corso di una audizione a testimonianza davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, l'avvocato Amerigo Minnicelli, già maestro venerabile della Loggia Luigi Minnicelli di Rossano (Cs) del Grande Oriente d'Italia. "Ciò che fece scattare la nostra preoccupazione fu nel 2011 l'arresto di Domenico Macrì", ha proseguito Minnicelli, il quale ha riferito che fino al 1995 gli iscritti al Goi in Calabria erano 600-700 ora sono 2600 "e non si giustifica una crescita in questi termini in alcun modo. Tutto ciò avviene per esercitare un controllo sulla organizzazione", ha spiegato. Tuttavia, nel corso dell'audizione, c'è stato qualche momento di scontro con la presidente dell'Antimafia Rosy Bindi che gli ha chiesto di essere meno reticente relativamente ai rischi di infiltrazione 'ndranghetista nel Goi di cui lui ha parlato ripetutamente e che gli sono costati l'espulsione dal Grande Oriente d'Italia. "A noi ci interessa acquisire elementi per dare sostanza alla sua reiterata accusa pubblica. Ci dica nomi e cognomi", ha chiesto la presidente dell'Antimafia, Rosy Bindi, prima di segretare il resto della seduta. Un'altra affermazione che ha destato l'interesse dell'Antimafia è stata quella pronunciata oggi da Minnicelli, secondo il quale "quando si tratta di potere ed elezioni in Calabria e nel meridione, io penso che il tentativo di trovare accordi è abbastanza visibile. Molti parlamentari, consiglieri comunali e regionali in Calabria si fanno aiutare dalla 'ndrangheta per essere eletti è un fatto abbastanza acquisito", ha detto, poi correggendosi: "Ci può essere il tentativo di ricorrere all'aiuto di queste organizzazioni per farsi eleggere...".
© RIPRODUZIONE RISERVATA