Lamezia Terme - È stato celebrato in Cattedrale dal vescovo Serafino Parisi il solenne pontificale dell’Epifania del Signore. Il giorno cui la Chiesa celebra la manifestazione del Messia a tutti i popoli della terra, simboleggiata dalla visita dei Magi alla grotta di Betlemme. Così come negli ultimi anni a causa della pandemia da Covid-19 si era evitato per precauzione il momento del bacio del bambino, anche quest’anno si è preferito un un gesto di riverenza nei confronti del Bambino Gesù.
La celebrazione della Messa dell'Epifania presieduta dal Vescovo Parisi
“La parola del Vangelo non guarda la latitudine, guarda, invece, il cuore dell’uomo che tocca ed interessa tutta l’umanità”. Così il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, nell’omelia dell’Epifania del Signore che, partendo dalla sollecitazione di Paolo agli Efesini, laddove afferma che le genti sono chiamate in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, ha sottolineato che è questo il Vangelo “che dobbiamo praticare anche noi, andando a Betlemme: se tutti vanno verso quella Grotta – ha aggiunto il Vescovo - , da quella Grotta si esce rigenerati perché si trova la forza per andare ancora verso il mondo”. Questo specie in un mondo, come quello che stiamo vivendo oggi che “è un mondo problematico soprattutto nei confronti del cristianesimo. E non per il cristianesimo in sé, ma per come lo abbiamo interpretato, nel tempo, nei secoli, anche noi. E spesso ci scoraggiamo”.
“Nella liturgia della Parola della solennità dell’Epifania che è stata proclamata questa sera – ha proseguito monsignor Parisi - , ci sono diversi dinamismi ed anche delle possibilità di lettura e di interpretazione del nostro atteggiamento credente di fronte alla rivelazione del mistero di Dio nell’Epifania che altro non è che manifestazione. Epifania, infatti, vuol dire manifestazione di Dio. E la liturgia ci offre la possibilità di esplorare strade diverse”.
Quindi, ha rimarcato che, al di là della rappresentazione che viene fatta dei Magi, essi esprimono almeno tre grandi possibilità per noi: la ragione; l’investigazione; la strada. I Magi, allora, come “grandi protagonisti anche della nostra scena contemporanea. Perché – ha aggiunto il Vescovo - se c'è un dramma tra i tanti dentro il nostro contesto è quello della assenza di pensiero: la vera grande crisi, che ha come esito la crisi antropologica alla quale tutti quanti stiamo assistendo, soccombendo sotto questa catastrofe, è crisi di pensiero”.
Poi, commentando il brano del Vangelo di Matteo, “che ha tanti riferimenti vetero-testamentari”, monsignor Parisi, nel ricordare della “stella che guida il loro cammino”, ha evidenziato che “la stella è l’aggancio che nell’antichità, non solo nell’oriente, c’era tra l’uomo alla ricerca e l'indicazione che veniva dall'alto: sfruttare le stelle, gli astri, leggere la grande mappa astronomica, era davvero una impresa che non a tutti riusciva. Eppure serviva ad orientare la vita: è l'universo che veniva letto e veniva portato a livello dell'umanità”.
“I magi – ha aggiunto il Vescovo - si sono messi in cammino, sono andati alla ricerca di questo re del mondo, re dell’universo, di cui avevano sentito parlare e che in qualche modo doveva mostrarsi e loro avrebbero potuto incontrarlo. E, dunque, si decisero, si mossero per andare verso di Lui. E c'è già dentro questo una rivalutazione obbligatoria, necessaria, stringente, della figura dei Magi che, fra l'altro, nel riferimento all'antico testamento al quale solo Matteo fa allusione, sono rappresentanti dei diversi popoli: le genti, tutte le genti, che vanno verso quel punto di attrazione del mondo che è la stalla di Betlemme”. Ed è lì che si vedono “tanti movimenti: gli scribi ed i farisei, consiglieri di Erode, sono vicini, ma vogliono uccidere Gesù. Dunque, si allontanano. E quelli che sono lontani, invece, passano anche da Erode, ma vogliamo farsi vicini al Signore”.
Questa, per monsignor Parisi “è una prima dinamica tra la lontananza e la vicinanza e la lontananza è di chi immagina di poter essere vicino, cioè di sapere già tante cose per cui nulla può ormai scalfirlo, toccarlo. Nulla. Quanto c’è nel nostro atteggiamento contemporaneo autoreferenziale, nella soluzione immaginata come la migliore per la propria vita. La soluzione di chi, avendo ormai acquisito, a volte comprato se non addirittura rubato, le sicurezze all’interno delle quali si trastulla, non vuole sentire ragione. Lo diceva il Salmo: l’uomo quando sta bene, facilmente rinnega Dio. La chiusura nei propri cerchi, nelle proprie comodità. E da questa posizione di chiusura che, paradossalmente, viene immaginata come una situazione di grande apertura, si giudicano gli altri”.
“La parola di Dio – ha sottolineato il Vescovo - è spada a doppio taglio: non crea soltanto ferite, ma rimargina pure. Ma un pungo nello stomaco deve arrivare a tutti noi, per prima a me. È una parola, allora, che entra nella nostra vita, nella nostra storia perché questo è Gesù: la Parola, che si fa carne vuol dire che entra nella nostra umanità, prende la natura umana e ci segue in tutto il percorso della nostra umanità. La liturgia, giustamente, ci fa dire nella preghiera: eccetto il peccato tutto ha condiviso della natura umana, anche la sofferenza, anche la morte. Questo è Gesù e si rivela così dentro queste dinamiche che sono dinamiche di avvicinamento e che portano i Magi ad adorare il re, ad adorare l’uomo, ad adorare il Signore. E vengono dappertutto”.
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