Operazione "Alibante", Riesame rigetta istanze per alcuni indagati

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Catanzaro - Sono state rigettate dal Tribunale del Riesame di Catanzaro, le istanze di riesame presentate dagli indagati dell'inchiesta "Alibante" sulle presunte infiltrazioni della cosca Bagalà nel settore turistico e nell'attività politica del medio Tirreno catanzarese. Restano in carcere, Vittorio Macchione, Alessandro e Mario Gallo. Domiciliari confermati per Vincenzo Dattilo e Maria Rita Bagalà. Prima di quest'ultima tornata di decisioni del Riesame erano state rigettate le richieste di riesame presentate dalle difese di di Vittorio Palermo (per il quale è stata disposta la custodia in carcere), Francesco Antonio De Biase (che resta agli arresti domiciliari ma per il quale vi è stato un annullamento parziale relativamente al delitto di estorsione aggravata con conferma per il delitto di turbativa), Antonio Rosario Mastroianni (domiciliari), Francesco Cardamone (domiciliari), Giovanni Costanzo (domiciliari), Eros Pascuzzo (custodia in carcere), Alfredo Carnevale (in carcere), Eugenio Macchione (obbligo di dimora, per come disposto dal Gip a seguito di interrogatorio di garanzia).

Il boss Carmelo Bagalà, figura cardine dell'inchiesta, non aveva proposto istanza di Riesame. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Leopoldo Marchese, Aldo Ferraro, Pino Zofrea, Antonio Larussa, Mario Murone, Ortensio Mendicino, Antonio Muscimarro e Francesco Gambardella.

Riesame: avvocato Bagalà resta ai domiciliari

Resta agli arresti domiciliari l'avvocata aostana Maria Rita Bagalà, di 52 anni, indagata nell'ambito dell'inchiesta Alibante della Dda di Catanzaro. Lo ha deciso il tribunale del capoluogo calabrese, respingendo l'istanza di revoca della misura a cui Bagalà è sottoposta dal 3 maggio scorso. Per l'accusa, Maria Rita Bagalà, sotto la regia del padre Carmelo Bagalà considerato il capo del clan, "partecipava alla cosca", garantendo "l'amministrazione dei diversi affari illeciti": lo scrive il gip di Catanzaro, Matteo Ferrante, nell'ordinanza di custodia cautelare sottolineando che l'avvocata, oltre a essere la "mente legale del clan", curava gli interessi economici e finanziari del sodalizio. Inoltre, sempre in base all'ordinanza, aveva assunto anche il ruolo di prestanome della società Calabria Turismo srl ed era l'intestataria dei beni patrimoniali e delle quote societarie della consorteria "costituenti il provento illecito della varie attività delittuose del clan". Accuse che tramite il suo legale, l'avvocato Mario Murone, indagata respinge.

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