Lamezia, la riflessione di don Francesco Farina per la Giornata delle cure palliative

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Lamezia Terme – Riflessione del direttore diocesano dell'Ufficio di Pastorale per la salute, don Francesco Farina, in merito alla Giornata delle cure palliative. “’Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite…’.  Con questo desiderio conclude il suo diario Etty Hillesum nel 1942. Lo scorso 11 novembre 2024 è stata celebrata la “Giornata delle cure palliative” ed al Senato della Repubblica ben due commissioni (Giustizia e Affari sociali) stanno discutendo di disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Il dolore, quanto la morte, è una delle paure più naturali del mondo. L'articolo 11 della Carta Europea dei Diritti del Malato (2002), afferma: ‘Ogni individuo ha il diritto di evitare quanta più sofferenza possibile, in ogni fase della sua malattia’. Quando siamo bambini basta un soffio o un tocco del genitore o della persona che amiamo. Da adulti tutto questo, certamente, diventa più complicato. Forse impossibile. Ciononostante il dolore ci interroga sempre. Ci tocca. Dinanzi a una persona dolorante dovremmo stare in silenzio e invece… iniziamo ad affermare e domandare: vuoi una pillola, ne ho una! Con l’amico, con una persona affetta da un dolore lieve ed estemporaneo, questa offerta può portare anche un sorriso e gratitudine. In alcuni casi invece ci ritroviamo ad avere a che fare con una barriera silenziosa. Una barriera a più livelli. Il dolore è nemico silenzioso. Visibile ma silenzioso. Il sofferente spesso non comunica, vuoi per pudore o per rabbia. La persona che è accanto a chi soffre è silenziosa. E’ stanca e arrabbiata. Chi lavora al servizio del sofferente è silenzioso. Svolge il suo compito con professionalità, magari tende anche una mano ma poi, terminata la terapia… non riesce a terminare la terapia. Torna a casa carico di dolore. Il dolore accomuna. Il silenzio accomuna. Quello che a mio avviso però accomuna di più è l’urlo del sofferente. Un urlo silenzioso. Un urlo simile a quello di Cristo in croce. Un urlo che può essere ascoltato solo con il cuore. Ma il cuore di chi ha a che fare con quel dolore che sembra non aver mai fine, ha alterazioni del ritmo, è inquieto. Non trova pace. E, allora, … vorrebbe smettere di battere. Il dolore e la lotta al dolore per me hanno volti e nomi. Hanno occhi. Hanno mani. Cari amici che state affrontando su vari livelli il dolore, non smettete di lottare. Cari sofferenti e curanti, grazie per la vostra testimonianza. Cari tutti, perdonatemi se in alcuni casi non sono riuscito ad offrirvi il pallio, me stesso”.

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