Tangentopoli infinita

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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“C’era un Paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi [condivisi]. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati […] e si potevano avere solo illecitamente […] in cambio di favori illeciti. Ossia chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere, aveva già fatto questi soldi […] Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito […] Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel Paese, non fosse stato […] per gli onesti […] non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altre persone”. Questo racconto breve, tagliato in più parti per ragioni di spazio, è di Italo Cavino. Apparve per la prima volta il 15 marzo del 1980, 12 anni prima di Tangentopoli, su la Repubblica con il titolo: “Apologo sull’onestà nel Paese dei corrotti”. Fa parte della raccolta in ordine cronologico dell’intera produzione dello scrittore nei tre Meridiani della Mondadori pubblicati nel 1994. Si trova pure ne La democrazia dei corrotti di Mapelli e Santucci (Ed. BUR, ago. 2012), citati spesso nei nostri blog, a ricordare il costo della corruzione nella somma di 60 miliardi di euro l’anno, e in MicroMega (15 ott. 2012), dove, a proposito dei numerosi casi di corruzione scoperti, è virgolettata la frase dell'ex ministra di giustizia Severino: “E’ una seconda Tangentopoli”. Bibliografia doverosa perché Italo Calvino fu il profeta e dimostra che l’intellettuale riesce a vedere lontano; le successive citazioni rappresentano la conferma del malaffare che continua imperterrito.

Oggi, nel 2014, siamo costretti a riscrivere sulla corruzione, dopo decine di articoli e di blog. Alcuni episodi di cronaca giudiziaria. Ex ministro dell’ambiente indagato per corruzione dalle procure di Roma e di Ferrara. La sua compagna, assessore alla sostenibilità ambientale a Cosenza, si è dimessa perché risulta nel registro degli indagati. Per quanto riguarda Expo 2015, dopo gli arresti dei giorni scorsi di vecchi e nuovi personaggi organici al sistema corruttivo, la Repubblica del 31 maggio scorso ci informa che “mezzo miliardo di denaro pubblico è stato sottratto ai controlli”. Così ha denunciato Sergio Santoro, l’Autorità garante per la vigilanza dei contratti pubblici: “Ben 82 disposizioni del Codice degli appalti sono state abrogate con 4 ordinanze della Presidenza del Consiglio. Così hanno escluso noi e la Corte da ogni tipo di reale controllo”. Segue un elenco dei contratti analizzati dagli uffici tecnici dell’Authority che è stato consegnato a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. E come se non bastasse alla Procura di Milano si litiga a causa delle vicende giudiziarie relative all’Expo 2015. Ultimissime. Tangenti in laguna riguardanti gli appalti del Mose, il sistema di barriere mobili per garantire Venezia dal fenomeno dell’acqua alta. Trentacinque gli arresti tra cui il sindaco della città più bella del mondo. Richiesta di provvedimento di custodia cautelare pure per l’ex governatore del Veneto, oggi parlamentare. Innumerevoli gli indagati. Insomma una tangentopoli che non ha mai fine. Molto probabilmente nel prossimo Consiglio dei ministri si daranno poteri speciali al presidente dell’Authority.

Ritornando al testo letterario di Calvino, Mapelli, magistrato, e Santucci, giornalista, commentano ne La democrazia dei corrotti che la finzione letteraria porta a considerare gli onesti “come una setta segreta e tenace”. In realtà sono la stragrande maggioranza. Il problema è un altro: corrotti e corruttori sembrano molti di più, “troppi” rispetto a un numero controllabile per ridurlo in condizione di non nuocere all’Italia civile e, soprattutto, all’economia sana della Nazione. Si ha l’impressione che la corruzione dilaghi. Se non si pone rimedio, attraverso una battaglia decisiva, potrebbe iniziare la decadenza senza ritorno del Paese. In questo ambito la lotta si fa dura. A nostro avviso, il contrasto ai comitati d’affari è fondamentale in quanto pone argine allo tsunami economico, sociale ed etico. Se non si riuscisse a recintare e poi sconfiggere la corruzione, le conseguenze sarebbero devastanti anche nelle nuove generazioni. Si creerebbe una società cinica dominante. Ne deriverebbe un’immagine del Paese inevitabilmente sfigurata, allontanando gli investimenti dall’estero e la ripresa economica all’interno. Di conseguenza la lotta seria alla corruzione è la madre di tutte le battaglie del governo e del Parlamento. Con Raffaele Cantone, con i magistrati, le forze dell’ordine, la buona politica si può fare.

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