Per una via alternativa allo sviluppo … insostenibile: un nuovo Umanesimo planetario

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

© RIPRODUZIONE RISERVATA

pino_gulla.jpg

 

Ha destato perlomeno sorpresa, in alcuni commentatori, l’intervento di Sergio Marchionne qualche settimana fa alla Luiss (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali di Roma). Ha parlato di “società equa, di responsabilità e di morale”. Lui che è Ceo (Chief executive officer) cioè Ad, amministratore delegato di Fca Group (Fiat Crysler Automobiles), insomma il numero uno di Fiat Crysler, tra i più importanti potentati economici mondiali. Alcuni stralci del suo intervento: “Il perseguimento del mero profitto scevro da responsabilità non ci priva solo della nostra umanità ma mette a repentaglio la nostra prosperità a lungo termine (…) C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità (…) Creare le condizioni per un cambiamento virtuoso è la sfida del nostro tempo (…) per ricostruire economie efficienti ed eque e chi opera  nel libero mercato ha il dovere  di fare i conti con la propria coscienza”. Quindi, a nostro avviso, deve cambiare la monocultura industriale automobilistica o il modo inquinante di produrre le automobili, diretto e amministrato da colui che ne evidenzia limiti e contraddizioni. Lo stesso vale per tutti gli altri settori dell’industria globale che causano inquinamento. E’ l’ennesima ammissione, questa volta dall’interno del mondo capitalista, che il modello di sviluppo, il neo liberismo, non è più sostenibile per il nostro mondo.  Da anni ce lo dice la New Economics Foundation di Londra, l’osservatorio che analizza il rapporto tra le risorse che produce il pianeta Terra (biocapacità globale) e quanto richiesto dal genere umano (impronta ecologica). E’ un debito in continua crescita e finora inarrestabile per colpa del sovrasfruttamento.

Nel settembre del  2007 la Scuola di Alta Formazione “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme ha affrontato le problematiche summenzionate nel seminario “Economia Etica Ecologia” a riprova che la ricerca universitaria è al passo con i tempi e spesso arriva a verità scientifiche non ancora  prese in considerazione, nei fatti, da politici ed economisti. Se ci fosse stata maggiore attenzione alla ricerca, si sarebbe potuto porre rimedio alle emergenze economiche ed ecologiche. Anzi la messa in atto della prevenzione in virtù della conoscenza scientifica avrebbe limitato le difficoltà globali contemporanee. In quel seminario Giuseppe Gembillo, prof. ordinario di Filosofia della Complessità all’Università di Messina e direttore dei corsi lametini, segnò le tappe della graduale presa di coscienza dell’etica da parte della ricerca dopo i campi di sterminio e il catastrofico 1945, anno dello sganciamento delle  bombe atomiche in Giappone. Nel 1970 la svolta: nacque la bioetica con Potter, oncologo statunitense. L’anno dopo lo studioso americano pubblicò “Bioetica: un ponte verso il futuro”, un nuovo approccio dell’etica per consentire la sopravvivenza delle giovani generazioni. Fu l’inizio di un nuovo percorso per quegli scienziati che andarono oltre la specializzazione settoriale delle discipline creando una biologia che diventava ecologia. Potter si fermò a livello antropocentrico. Ma la ricerca andò avanti e si passò alla ecoetica, all’ambiente, al territorio in cui i diversi elementi interagiscono secondo meccanismi di regolazione. Protagonista di questo rivoluzionario momento ecologico è James Lovelock, chimico britannico, ambientalista e ricercatore che considera la terra un organismo vivente. L’ha battezzata con il nome di Gaia. Mantiene il suo equilibrio grazie ad una interazione continua. L’uomo potrebbe danneggiarla con i suoi interventi insensati. In tal caso danneggerebbe se stesso e potrebbe scomparire, mentre Gaia avrà un’altra vita senza il genere umano. Gembillo ha sviluppato ulteriormente queste conoscenze  in “Liberalismo, Scienza, Complessità” dove sostiene  “una nuova  alleanza con la Natura mediante un rapporto interattivo” e noi  “parte in causa con il mondo circostante”. La disponibilità della  scienza a dialogare con la Natura consentirà  di rispondere alle esigenze del mondo contemporaneo, se la politica , l’economia e la finanza lo vorranno

Nello stesso seminario Giuseppe Giordano, docente di Storia della Filosofia nell’Università di Messina, ha messo a fuoco i rapporti tra economia ed etica ben analizzati nel suo libro, appunto “Economia, Etica, Complessità. Mutamenti della ragione economica”, partendo dalla economia classica e dall’etica classica per arrivare alla complessità dell’età contemporanea. Aristotele fu il primo a usare l’espressione “economia politica” nell’ antica Grecia. Nel Seicento la visione di Hobbes vide la natura umana competitiva ed egoista. Risultano significative le frasi: Bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti contro tutti) e homo homini lupus (ogni uomo è lupo per l’altro uomo), ancora oggi attuali nell’ambito dell’antropologia politica, spesso litigiosa, “[ sono] alla base della economia moderna”, per certi aspetti esageratamente concorrenziale. L’uomo di Hobbes è feroce e avido; alla Luiss pure Marchionne ha parlato di avidità. Prevale l’homo oeconomicus “volto alla massimizzazione dei profitti e alla minimizzazione delle perdite”. La morale è presente con Adam Smith, filosofo ed economista scozzese del Settecento, fondatore dell’economia politica. Teorizzò “la mano invisibile”, regolatrice dei rapporti. La sua concezione economica non può fare a meno dell’etica; anche in Marx è presente l’etica. L’autore del Capitale evidenziava i lati negativi del capitalismo ed era profetico quando prevedeva lo scambio denaro con denaro. Ma in entrambi l’etica è fondata su un’idea astratta. E’ importante il recupero concreto della stessa. Il Nobel per la pace del 2006, assegnato a Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank, la banca per i poveri, dimostra “la pubblica certificazione del binomio economia-etica”. Allo stesso modo l’economista bengalese Amartya Sen ha sempre sottolineato che proprio l’allontanamento dall’etica ha isterilito l’economia. Inoltre l’economia, fondata sull’etica astratta e “sulla visione della scienza riduzionista non può che essere parimenti astratta, incapace di prevedere realtà complesse” e per realtà complesse intendiamo la crisi del ’29 e le successive fino a quelle recenti del III Millennio di cui ancora oggi ne subiamo le conseguenze. Il recupero completo dell’etica in ambito economico si otterrebbe con i recenti modelli della complessità di Edgar Morin che già trovano  riscontro nella realtà reticolare di oggi. Nella pubblicazione del prof. Giordano è pertinente una citazione del fisico Enzo Tiezzi: “La complessità è una sfida per riconvertire ecologicamente l’economia e per porre le basi di una società sostenibile”. Ecco la risposta all’avidità del neo liberismo. E’ improcrastinabile l’avvio di “un nuovo umanesimo planetario”, che armonizzi, etica, economia, saperi, nella cornice ecologica”, consapevoli della realtà complessa in cui ci troviamo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA