Margaret Thatcher, una Lady (di Ferro) assai controversa

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Margaret Thatcher è morta l’8 aprile scorso all’età di 87 anni. E’ stata la prima donna premier nel Regno Unito e ha governato dal 1979 al 1990. Iniziò la sua carriera parlamentare nel 1959. Ha rappresentato in maniera esemplare il neoliberalismo degli anni ’80 nel Vecchio Continente. Scelse come compagno di strada, in senso ideologico e politico, Ronald Reagan che aveva teorizzato e applicato negli USA la stessa linea economica. La Lady di Ferro, così era soprannominata per la sua intransigenza e  tenacia, fu amata e odiata. Tanto è vero che oggi in Gran Bretagna alcuni brindano, altri piangono. I quotidiani hanno già detto quasi tutto: scontro con i sindacati, molto duro quello con i minatori, milioni di ore di sciopero, milioni di disoccupati per ridurre l’inflazione, le privatizzazioni… Vorremmo aggiungere che la sua politica (e quella di Reagan) si diffuse in Europa e nel mondo. Grazie anche alla vittoria nella guerra delle Falkland contro l’Argentina, venne confermata nella guida del suo Paese alla seconda tornata elettorale, ribaltando le previsioni che in un primo tempo la davano per perdente. Ma diventò leader incontrastata, nel momento in cui riuscì ad avere la meglio in occasione del  braccio di ferro contro i minatori del suo Paese, tra il 1984 e il 1985. Qualche anno prima (1981), al di là dell’Atlantico, Ronald Reagan aveva licenziato i controllori di volo in sciopero. Il successo della statista inglese fu dovuto anche a fattori economici favorendo una  cultura  politica  diversa dallo Stato regolatore tra impresa e sindacato, che si occupava di crescita, di redditi, di consumi e, soprattutto, di welfare (in conflitto con l’economista Keynes, suo connazionale). Immediatamente dopo Il modello thatcheriano venne scelto dalla maggioranza dei governanti occidentali, tra cui quelli italiani. Agli inizi degli anni ‘70  era entrato in crisi il paradigma keynesiano del secondo dopoguerra a causa dell’ aumento del prezzo del petrolio. Inoltre sopraggiunsero la stagnazione, l’inflazione, la disoccupazione e altre difficoltà.

Qualche analogia con l’oggi? Da qui prese piede il nuovo liberismo  economico che, a discapito della occupazione, dei servizi sociali e culturali (vedi nel recente passato le ultime cosiddette riforme della scuola in Italia prima del governo Monti), privilegiava le imprese e i loro profitti. E fu la fortuna dei manager super pagati. Naturalmente con lo slogan: meno Stato e più mercato. Il liberismo si è servito e si serve di altri contenuti di cultura politica: l’autonomia, l’attività individuale e il privato finanziato dal pubblico (ospedali, scuole e servizi vari). La piena occupazione è passata in secondo piano; la spesa pubblica deve essere, come si sta facendo anche oggi, ridotta (e centellinata); l’inflazione controllata. Si può facilmente notare che, parlando di Thatcher e di politica thatcheriana, si va dal passato remoto, al passato prossimo per arrivare al presente: dagli anni Ottanta del secolo scorso al Terzo Millennio. Inevitabili i problemi con qualche sindacato irriducibile. Inoltre l’imprenditoria ha ripreso l’iniziativa a danno del lavoro dipendente e in funzione dello sgravio fiscale che però non c’è stato. In tal modo l’offerta viene fatta con l’incentivo della minore tassazione.

E i lettori sanno come stanno andando le cose. Per comprendere la situazione attuale, pure negli anni ’70 era presente una protesta antifiscale. Nel 1978 un referendum in California aveva modificato la Costituzione “abbattendo ogni forma d’imposizione sulla proprietà [qualche richiamo all’oggi?]”. Per portare avanti questa politica di rottura con i primi decenni del II dopoguerra, la Lady di Ferro si rivolse a quella che in Italia è stata definita  la maggioranza silenziosa. La Lady promise “politiche di riduzione delle imposte, di privatizzazione e di contrasto con i sindacati operai ai commercianti, piccoli imprenditori, professionisti, tecnici, lavoratori specializzati delle imprese private”. I liberal conservatori europei la imitarono. Ma furono i suoi amici di partito a “farla fuori” politicamente attraverso un complotto. Il 22 novembre del 1990 lasciò per sempre il n. 10 di Downing Street. Rimane il Thatcherismo, portato avanti ancora oggi da epigoni di destra, a volte non all’altezza per governare come lei realtà complesse e drammatiche del momento attuale.

                                                                                                        

 

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