Jihad a Parigi, città della libertà. Come uscirne?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgIl 7 gennaio scorso, a Parigi, terroristi, sedicenti islamici, hanno fatto irruzione nella redazione di “Charlie Hebdo”, settimanale satirico, uccidendo il direttore e tre vignettisti. Altri morti ammazzati immediatamente prima e dopo. Fuggiti, sono stati individuati dalla polizia in una tipografia dove si erano barricati con il titolare in ostaggio. Uccisi i due killer, salvo l’ostaggio. Altro blitz in un  supermercato ebraico con dentro terrorista e ostaggi. Aveva già freddato un agente di polizia davanti ad una scuola. Questa volta il bilancio è più grave: ucciso il terrorista  che aveva già trucidato 4 ostaggi. Le teste di cuoio lo hanno ammazzato; gli altri liberati. Gli attentati sono stati rivendicati da Al-Qaida nello Yemen. Turbamento in Italia, Europa e nel mondo intero. Prontamente centinaia di migliaia di Francesi (700 mila secondo il Ministero degli Interni) sono scesi in piazza spontaneamente. Cristiani e Musulmani insieme in piazza a Roma. Comunità islamica in Piazza Duomo a Milano. Le comunità musulmane moderate in Europa prendono le distanze dal fondamentalismo. Domenica 11 gennaio manifestazione imponente a Parigi a cui hanno partecipato molti Capi di Stato. Centinaia di cittadini francesi musulmani  davanti al supermercato ebraico dove si è consumata la tragedia. Alla fine i rappresentanti della tre religioni monoteiste si sono incontrati nella Sinagoga di Parigi alla presenza di Hollande, il presidente della Repubblica francese. Il fatto, drammatico (a dir poco) ha occupato le prime pagine di giornali e televisioni. E’ stato considerato “L’11 settembre dell’ Europa”, ovvero della medesima gravità dell’attentato alle Twin Towers (le Torri Gemelle) statunitensi del 2001. Condividiamo gran parte dei commenti. Ne comprendiamo alcuni, anche se non ci troviamo completamente d’accordo. Ma riteniamo strumentali certe dichiarazioni di politici nostrani: “Dialogando con l’Islam, Papa Bergoglio non fa un buon servizio ai cattolici”; “i militari tornino nelle strade”; “milioni di Musulmani pronti a sgozzare”. Forse portano qualche  voto in più al proprio partito, ma recano danno alla società italiana ed europea in quanto moltiplicano paura ed insicurezza, già dilaganti per motivi economici e sociali. Secondo i sondaggi Ixè di qualche giorno fa il 62% degli Italiani teme attentati nel nostro Paese. In una situazione del genere, alquanto fragile, si diffonde il razzismo, presente in percentuali da non trascurare da noi e in tutto il continente europeo.

Nonostante ci sia stata un’evoluzione dai tempi di Bin Laden, con la campagna militare dell’Isis in Siria e in Iraq e  quindi l’affermarsi del Califfato da combattere militarmene, non bisogna confondere i 6 milioni di musulmani che vivono in Francia, gli altri 2 milioni che sono in Italia e i restanti milioni che abitano nel mondo con i foreign fighters e/o retournes: si tratta di cittadini europei che rientrano nei Paesi di nascita o di residenza dopo aver combattuto in diversi campi di battaglia, soprattutto jihadisti rientrati dalla Siria o dall’Iraq; o con nuovi gruppuscoli, cellule, cani sciolti, lupi solitari, minoranze dei fondamentalisti armati. In Occidente molti Islamici sono da tempo integrati, altri in difficoltà e alla ricerca di un futuro migliore, nella stragrande maggioranza non violenti, in tanti casi vittime dello sfruttamento. E non dimentichiamoci mai di quelli finiti in fondo al mare. Poi esistono, e sono la maggior parte, Stati islamici (Marocco, Tunisia, Egitto, Turchia…) cosiddetti moderati i quali rifiutano ogni visione integralista e fanatica della religione, mentre da noi, a volte, specialmente in occasione di attentati, si fa il grave errore di identificare Al-Qaida (insieme agli altri gruppi e cani sciolti) con tutto l’Islam. Insomma il terrorismo molecolare in Occidente è una componente minoritaria. Solo che quando succedono questi atti terroristici, la violenza cinica e sanguinaria va di pari passo con la visibilità mediatica e spaventa il mondo occidentale. D’altronde la parola stessa è esplicativa: questo tipo di terrorismo terrorizza, mette paura. Inserisce la lotta politica in un contesto sacro. In ogni caso sono gruppi minoritari che danno  una interpretazione fondamentalista del Corano; al contrario milioni di Musulmani lavorano in pace o cercano occupazione professando un Islam moderato: “Uccidere è come distruggere la casa di Allah, chi uccide un essere umano uccide l’intera umanità, chi salva un essere umano salva l’intera umanità”. Oggi succede che la minoranza terrorista si prende gran parte della scena mediatica sanguinaria.

Ciò genera paura e razzismo, entrambe collegate. Lo sostiene Alain Touraine, il sociologo francese del “post sociale” che ha teorizzato “La fine della società” per colpa della globalizzazione: [Abbiamo] una paura indistinta che trasferiamo sugli altri, soprattutto sugli stranieri (…) Attraverso la xenofobia [odio, avversione per gli stranieri] si manifesta la paura (…) e si mette in moto una dinamica che giunge a negare l’umanità dell’altro [che] è una delle conseguenze più gravi della xenofobia (…) Condotta alle estreme conseguenze, produce razzismo”. In verità lo xenofobo ha un’identità fragile e scarica  responsabilità sull’altro. Invece l’identità si rafforza con il dialogo. Ed ecco che ritorna importante quanto sostiene Papa Bergoglio, checché ne dica qualche leader padano o transalpino. Dialogo, tenendo insieme accoglienza e sicurezza dei cittadini.

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