Dialogo interreligioso contro attentati terroristici ed escalation bellica

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgE Papa Francesco è andato in Africa “in missione di pace”, la sua pace universale, sulle orme di Giovanni Paolo II, continuando il percorso  che l’ha già visto protagonista, l’anno scorso, del dialogo interreligioso in Albania e in Turchia. In Kenia, a Nairobi, forte e chiaro l’anatema contro chi giustifica la violenza in nome di Dio: “Qualunque Dio che preghiamo non deve seminare violenza”. Ad ascoltarlo, tra gli altri, i massimi rappresentanti religiosi. Ha celebrato messa davanti ad una folla immensa, incontrando i giovani universitari, i vescovi e i poveri della baraccopoli. A bordo dell’aereo, a un giornalista che gli chiedeva se avesse paura di attacchi terroristici ha risposto papale, papale: “Ho più paura delle zanzare”. Poi è arrivato nella Repubblica Centrafricana per l’apertura della Porta Santa della Cattedrale di Bangui alla presenza di Cristiani e Musulmani. Nel frattempo i jihadisti  allungano la loro scia di fuoco in Mali, Egitto, Tunisia. L’attentato che ha destato maggiore impressione mediatica dopo il sangue europeo di Parigi è stato l’assalto all’Hotel Radisson a Bamako, in continuità qualche giorno fa con bombe e razzi alla base Onu di Kidal. Ma gli atti terroristici attraversano drammaticamente altri Stati africani e mediorientali. Alberto Negri su Il Sole 24 ORE  riporta la contabilità del Global Terrorism Index  relativa al 2014: il primato delittuoso ce l’ha il gruppo sunnita  Boko Haram con 7.500 morti; al secondo posto assassino il Califfato, sei mila vittime. L’anno scorso, i morti ammazzati dal terrorismo sono stati 32.658; si è registrato un aumento dell’80%. I Paesi maggiormente colpiti: Afghanistan, Iraq, Nigeria, Pakistan e Siria. Le vittime in gran parte musulmani, meno del 2,5%  gli occidentali. Lo scontro è intra-islamico: tra sunniti e sciiti e tra la miriade di sottogruppi contrapposti che si creano a grappolo dai due principali.

Alcuni richiamano le responsabilità antiche e recenti delle potenze occidentali  per l’assetto stabilito nel secolo scorso  delle realtà geopolitiche africane e del Vicino Oriente. A cominciare dalla fine della prima guerra mondiale e soprattutto dalla decolonizzazione: furono  creati alcuni Stati del Continente Nero e del Medio Oriente  segnando, in qualche caso, i confini con il righello. Le rovine arrecate non si contano nel corso dei decenni del secondo dopoguerra. Fra le conseguenze gravi, ricordiamo quelle disastrose del dopo Gheddafi. Francesco Strazzari, professore associato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed esperto di terrorismo, nel suo articolo, “Il deserto di Pandora”, ci informa sulla situazione degli armamenti di contrabbando nella zona del Sahel, la zona sub-sahariana che comprende anche il Mali. Pochi e brevi passaggi: “A destabilizzare il quadro regionale è soprattutto l’implosione dello Stato libico (…) Gli oltre cento depositi di materiale bellico di Gheddafi sono oggi diventati miniere d’oro a cielo aperto (…) Le Nazioni Unite parlano di 250-700 mila pezzi  d’arma di cui un 70-80% di tipo offensivo. L’intelligence britannica ha stimato oltre un milione di tonnellate di materiale bellico di cui s’è persa traccia; a preoccupare sono soprattutto i famigerati Manpads, sistemi missilistici antiaerei trasportabili”.

Dopo i fatti sanguinari di Parigi, Hollande  cerca di formare la “Grande Alleanza” europea per combattere l’Isis. Già schierate Russia, Germania, Gran Bretagna e Italia (un po’ di meno). Preoccupa la tensione internazionale tra Putin ed Erdogan dopo l’abbattimento dell’aereo russo in Turchia. Reciproche accuse. In particolare Putin, già a difesa del presidente siriano al-Asad contro il califfo nero, accusa Erdogan di fare il doppio gioco. Non del tutto campate in aria  sembrano le accuse. Secondo alcuni pare che il presidente turco voglia portare la Turchia ad un ruolo di Paese leader nel Medio Oriente. Tra questi, Marco Ansaldo, inviato speciale e vaticanista de la Repubblica, docente di Giornalismo estero presso l’Università Luiss-Guido Carli di Roma; le sue parole: “Ma la Turchia, com’è evidente ormai da anni, ha in Siria un interesse  diverso rispetto ai Paesi occidentali. Il suo obiettivo primario non è affatto l’abbattimento del califfato, quanto la caduta del regime di al-Asad [che Putin difende e spada tratta], con lo scopo di ergersi a difensore dei sunniti nella regione.

Ancora più preoccupante un altro passaggio dell’articolo La Turchia aiuta il califfo: “L’atteggiamento ambivalente di Ankara diventa palese [quando si vede che] il confine con la Siria è attraversato di giorno e di notte da giovani europei. (…) Una città come Antakya (Antiochia)… è diventata  oggi una stazione di ritrovo di jidahisti stranieri in attesa di saltare la frontiera. (…) E in altre città come Sanliurfa e Gazantiep i volontari arrivano per essere presi in consegna dalle cellule del califfato. (…) Da qui sono passati tremila occidentali, di cui fra i cinquanta e i cento italiani, oltre ad almeno mille cittadini turchi”. E mentre stiamo per completare il pezzo è arrivata la notizia dell’ammazzamento del presidente degli avvocati curdi. Omicidio di Stato? In una situazione del genere la Turchia, candidata per l’adesione all’UE, ha le carte in regola per fare parte della “Grande Alleanza” contro il califfo nero? E poi è ragionevole pensare ad una “Grande Alleanza” che comprenda il Paese della Mezzaluna senza ricomporre la tensione tra Putin ed Erdogan? Situazione complicata. E un’eventuale guerra potrebbe drammaticamente peggiorarla se pensiamo alle esperienze passate (Iran, Afghanistan, Iraq).

E’ una situazione complicata. Altro che “grande Alleanza”. Ci vorrebbe una “Nuova Alleanza”.  E’ urgente il dialogo interreligioso con l’intervento di Chiese e Moschee (di Dio e di Allah) per far genuflettere i fedeli abbandonando le armi. Papa Francesco l’ha capito e si è messo in gioco. Tutti devono essere obbedienti agli ideali di pace e fratellanza tra i popoli. Senza di essi la comunità mondiale non potrà vincere le sfide per la sopravvivenza della pianeta Terra… Comunque a Parigi è iniziata la Conferenza sul clima. Futuro incerto per l’umanità se nell’immediato non si prenderanno provvedimenti risolutivi.

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