“La preghiera dono è il senso della preghiera di Dio”

Scritto da  Pubblicato in Maria Arcieri

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maria_arcieri.jpgLa preghiera spontanea, la preghiera difficile e la preghiera-dono. In questo momento di crisi, sotto tutti i punti di vista, potrebbe essere utile leggere “Teresa d’Avila maestra di preghiera”,  di Carlo Maria Martini (Àncora editrice). L’incipit, infatti, spiega i diversi modi per potersi raccogliere in preghiera. Nel testo del cardinale Carlo Maria Martini, sono  raccolte le meditazioni  tenute durante un pellegrinaggio ad Avila con un gruppo di sacerdoti della diocesi di Milano. Nel 1995. Diceva in una sua omelia papa Benedetto XVI , parlando dell’assoluta centralità della preghiera in Santa Teresa d’Avila, “La preghiera è vita e si sviluppa gradualmente di pari passo con la crescita della vita cristiana. Comincia con la preghiera vocale, passa per l’interiorizzazione attraverso la meditazione e il raccoglimento, fino a giungere all’unione d’amore con Cristo e con la Santissima Trinità. Non è uno sviluppo in cui salire ai gradini più alti, vuol dire lasciare il precedente tipo di preghiera, ma è un approfondire gradualmente il rapporto con Dio che avvolge tutta la vita. Più che una pedagogia della preghiera, quella di Teresa è una vera ‘mistagogia’: al lettore delle sue opere insegna a pregare pregando ella stessa con lui”.

La santa risponde proprio con la sua vita alla richiesta che i discepoli fanno a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare”. E nel libro,  il cardinal Martini dedica un ampio spazio alla preghiera nell’esperienza della Santa che identifica nella preghiera personale appunto le tre fasi. La preghiera spontanea, la preghiera difficile e la preghiera-dono. “Per preghiera spontanea si intende quella che nasce dentro di noi, senza sforzo, senza metodo, è come una risposta istintiva a Dio che si rivela.  E’ presente in ciascun uomo, in modi assai diversi. Nel secondo metodo, c’è un difficoltà  psicologica, che lei chiama incapacità discorsiva: Era incapace di immaginare, ragionare alla presenza di Dio, e a meditare. Ciò che le dava fastidio era l’assoluta insubordinazione dei propri pensieri.  Diceva che annullavano la sua determinazione. Come se fosse un turbinio di pensieri tra lei e Dio. Come una ruota di mulino. E questo rendeva faticoso quel suo tentativo di orazione, lo riduceva a momenti passeggeri, che non riusciva a prolungare. La constatazione di questa impotenza, parziale, ma inesorabile, è molto viva e molto sofferta.

Santa Teresa diceva: “Spesso per alcuni anni badavo più a desiderare che l’ora dell’orazione finisse e attendevo il segno dell’orologio anziché sforzarmi di pregare. Molte volte non so quale grave penitenza avrei preferita a quella di raccogliermi per fare orazione”. Visse questa difficoltà per circa vent’anni. Per un anno e mezzo abbandonò del tutto la preghiera. Poi la riprese supportata da alcuni strumenti che l’aiutarono a raggiungere il suo scopo. Il momento di passaggio avvenne quando un giorno entrò nell’oratorio e si fermò a guardare una statua che raffigurava Gesù coperto di piaghe… ‘nel vederla mi sentii tutta commuovere perché rappresentava dal vivo quanto Egli aveva sofferto per noi’. “La sua preghiera difficile aveva ottenuto quella purificazione faticosissima ma necessaria dalla presunzione di sé, rendendola pronta ad affidarsi unicamente al Signore. (…) È così spiegata la ragione della preghiera difficile. Era un cammino positivo di purificazione, di cui non coglieva il senso. Era un disegno misterioso di Dio che operava per la sua purificazione”.

 

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