La storia dei sequestri a Lamezia

Il Cronistra Ugo Caravia ricorda gli anni dei rapimenti nel lametino

Sulla stagione dei sequestri a Lamezia ecco cosa ha ricordato il cronista Ugo Caravia. Un periodo cupo, fosco della cronaca locale con tanti rapimenti eccellenti della Lamezia che conta, Bilotti, Bertucci, Tripodi, Grandinetti, Bertolami mentre , a "sorpresa", emerge da tale lista il nome del figlio di un ricco industriale di Tivoli, cittadina dei castelli romani, tristemente famosa per essere oramai associata alla vita da Carabiniere di un nostro concittadino tristemente scomparso, Gennaro Ventura. Ecco, quindi, di seguito cosa ha ricordato di quegli anni il giornalista lametino. "La stagione dei rapimenti di persona nel lametino si svolse in due fasi: la prima ebbe inizio con il sequestro dell'ingegnere Mario Bigotti, avvenuto a novembre del 1970.

Questo rapimento, il primo in assoluto a Lamezia, si confuse,  per via degli strascichi giudiziari che comportò, quattro anni più tardi con quella di due anziani coniugi: Gabriele D'Ippolito e Filomena Ciliberto.Questi furono liberati quasi immediatamente, dopo dieci ore. Era il marzo del 1974, quindi , quando Polizia e Carabinieri irruppero in un vecchio casolare  della Piana lametina, di cui era proprietario Michele Dattilo, il quale fu sorpreso in una specie di cunicolo scavato nel fienile di questo casolare. Michele Dattilo fu arrestato visto che era latitante da anni in quanto condannato per omicidio e, allo stesso tempo, furono liberati i coniugi D'Ippolito. Questa operazione consentì a Polizia e Carabinieri di chiarire immediatamente altri due sequestri, precedenti a quello dei due coniugi, ed entrambi conclusi con il versamento delle somme richieste per il riscatto. Si trattava  del rapimento del sindaco di Fuscaldo, Giuseppe Pannizza,operato dall'anonima sequestri lametina, e quello di un commerciante di Decollatura Eugenio Gigliotti ed anche questi due erano stati tenuti in questo cunicolo dell'abitazione di campagna in questione. Dal 1970 al 1980, a questi sequestri di tipo estorsivo, ne avvennero altri tre.

Quello di uno dei tre fratelli Bertucci titolare dell'omonima catena di magazzini, quello di Francesco Grandinetti e quello di Tripodi, proprietario della concessionaria Fiat. Ed a questi sequestri bisogna poi aggiungerne un altro e, cioè, quella di un giovane universitario di Sambiase, Filippo Caputi, il quale si risolse in breve e che ebbe anche un processo celebrato a Cosenza. La seconda fase dei sequestri, invece, si svolse nella prima metà degli anni '80.  In questa fase avvene il rapimento del floro-vivaista Bertolami, che non si concluse con il suo ritorno e che non se ne parlò più. Ma Lamezia fu il teatro di un altro rapimento, sempre nei primi anni '80, che vide prigioniero per sei mesi il figlio di un industriale di Tivoli, il quale era soprannominato il re del travertino.

Per il riscatto di Fabrizio Mariotti furono versati un miliardo e cinquanta milioni di lire. Parte di questo ricatto poi fu recapitato. Questo Mariotti fu sequestrato a Tivoli, sotto casa, caricato sulla sua stessa macchina e portato qui a Lamezia. Solo dopo sei mesi ed il versamento del riscatto, fui liberato presso lo svincolo autostradale di San Mango d'Aquino. Lì fu raggiunto dalla Polizia che successivamente  arrestò tutti quelli che erano coinvolti con tale sequestro.In quell'occasione fu facile risalire ai rapitori in quanto il giovane disse che era stato trattenuto in una casa dalla quale sentiva suonare, in un certo modo, le campane di una chiesa, che poi si scoprì essere quella di San Giovanni Calabria a Capizzaglie. Inoltre, durante la sua prigionia in un cunicolo riuscì ad avere la possibilità di sentire il gazzettino di una emittente lametina. Con tali indicazioni la Polizia risalì ai rapitori. Questi furono i sequestri di persona a Lamezia".

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