Calabria Aragonese: ribellioni baronali e rivolte popolari

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio-ok.jpgAlfonso, già re d’Aragona, di Sicilia e di Sardegna, dopo lunghe e tormentante vicende, nel 1442 riuscì a conquistare il Regno di Napoli; Renato, il sovrano angioino fin allora regnante, lasciò la capitale a bordo di navi di Genova, sua alleata, e si ritirò nel suo feudo di Provenza in Francia. Poco tempo dopo anche il papa Eugenio IV, che aveva sostenuto il re angioino, concesse l’investitura del Regno al nuovo sovrano aragonese (Francesco Lemmi, Storia d’Italia  fino all’Unità, Sansoni, Firenze, 1965, p.168). Si era trattato di un notevole successo militare a cui seguì  un’affermazione diplomatica di grande rilievo, coronamento di un disegno politico di espansione del regno catalano nel Mediterraneo  per il quale  avevano combattuto tanti suoi antenati e lui personalmente per decenni,  con successi e sconfitte;  la nuova dinastia del Regno di Napoli, tuttavia, era particolarmente vulnerabile al suo interno per le ragioni di seguito indicate:

“Il trionfo aragonese rappresentò pure un nuovo trionfo del baronato. Nel generale Parlamento [ Con tale termine si designava allora la riunione di un’assemblea, non permanente, come avviene attualmente, dei più importanti rappresentanti della nobiltà, del clero e delle università demaniali, corrispondenti queste ultime agli odierni comuni,  N.d.R.] del 1443, Alfonso I a meglio assicurare il trono e far riconoscere come suo successore il figliuolo bastardo Ferdinando, dovette largheggiare in concessioni feudali verso i baroni. Il mero e misto impero [ Con tale concessione il sovrano permetteva al feudatario un dominio assoluto su tutti gli abitanti del suo feudo,  N.d.R.] che pure sotto i precedenti sovrani era stata una concessione eccezionale divenne allora un diritto naturale del barone” ( Oreste Dito, La Storia Calabrese e la Dimora degli Ebrei in Calabria dal Secolo V alla Seconda Metà del Secolo XVI – Nuovo Contributo per la Storia della Quistione Meridionale,  Edizioni Brenner, Cosenza, Ristampa 1979, p.207 ). Re Alfonso allo scopo di rafforzare  il suo dominio intervenne pure sulla composizione della nobiltà del Regno eliminando i feudatari  che avevano sostenuto il sovrano angioino, perdonandone alcuni e nominandone altri più fidati, per lo più catalani. Nel presente testo si tratta dei provvedimenti più significativi che furono assunti dal sovrano aragonese concernenti la nobiltà della Calabria: furono allontanati i feudatari della famiglia sforzesca; fra i perdonati ci furono: Battista Caracciolo a cui rimase la contea di Gerace ed  Antonio Sanseverino, duca di San Marco e conte di Tricarico e di Altomonte; fra  i nuovi feudatari vanno annoverati: il nobile iberico Antonio Centelles, immesso nel marchesato di Crotone, Marino di Marzano ottenne dal re il nuovo titolo di principe di Rossano, Antonio di Sanseverino quello di duca di San Marco, Francesco Sanseverino quello di duca di Scalea. Il titolo di duca di Calabria fu assegnato al figlio illegittimo Ferdinando, o Ferrante, d’Aragona,  come già ricordato sopra (Salvatore Fodale, La Calabria Angioino-aragonese, in ‘ Storia della Calabria Medievale – I Quadri Generali ’, Gangemi Editore, Roma – Reggio Cal., 2001, pp. 247- 248).                                                       

L’indirizzo politico generale seguito dal sovrano aragonese risulta ben sintetizzato nel brano seguente: “Oltre ad immettere tra il baronaggio locale dei nobili catalani, o più in generale iberici, alcuni dei quali, come il conte di Reggio Alfonso  Cardona (confermato nel ‘ 43), appartenenti a famiglie da tempo stabilite in Sicilia, e a collocarli in posizioni non solo di primo, ma anche di secondo piano (così, ad esempio, il valenzano Francesco Marrades, che riceveva nel ’45 un feudo minore), posizioni spesso acquisite o rafforzate per unione matrimoniali con eredi o esponenti del baronaggio locale, re Alfonso scelse prevalentemente degli spagnoli per gli uffici militari e di governo ” (Salvatore Fodale, Ibidem, p. 248 ). Tali scelte, apparentemente erano molto oculate perché basate su nomine di elementi spagnoli di origine nobili o di personaggi segnalatisi per valore guerriero, ma non sempre alcuni di loro brillarono per effettiva fedeltà verso il sovrano. Uno dei primi a ribellarsi fu proprio il più importante feudatario di allora Antonio Centelles, che il sovrano aveva nominato viceré di Calabria; il motivo di tale ribellione viene chiaramente esplicitato nel brano successivo: ” Nel novembre 1443 il re nominò Lope Ximenez  de Urrea viceré e luogotenente generale in Calabria, sostituendolo, o piuttosto affiancandolo, al Centelles, il quale pare non perdesse subito le funzioni vicereali, ma comunque ridimensionando il ruolo del marchese di Crotone…” (Salvatore Fodale, Ibidem, p.249).      

L’anno successivo scoppiò la ribellione di Antonio Centelles, sostenuto da altri feudatari; il re fu costretto ad intervenire personalmente in Calabria per domare la rivolta che si concluse nel 1445 dopo i lunghi assedi delle città di Crotone e di Catanzaro;  il ribelle chiese al sovrano il perdono, che gli fu concesso: ebbe  salva  la vita ma nel contempo gli furono confiscati tutti i feudi  (Salvatore Fodale, Ibidem, p.250 ). Nello stesso anno Catanzaro fece atto d’omaggio al sovrano e chiese di ritornare Università demaniale, questi gliela concesse, dichiarando, inoltre: “ franca ed esente d’ogni gabella l’arte della seta” ( Oreste Dito, op.cit., p.210). Nel 1458 moriva Alfonso Il Magnanimo; il suo regno fu diviso tra suo fratello Giovanni a cui toccò l’Aragona, la Sardegna e la Sicilia, in quanto erano appartenute alla famiglia aragonese precedentemente  alla conquista del Regno di Napoli; quest’ultimo, invece, con testamento era stato destinato al figlio naturale Ferdinando o Ferrante, di cui si è fatto cenno sopra, in quanto era stato conquistato militarmente da Alfonso e, pertanto, non faceva parte dei territori da lui ereditati. Il fratello Giovanni accettò tale suddivisione e riconobbe il nipote Ferdinando come Re di Napoli. Ma contro la successione di Ferdinando si mossero: Giovanni d’Angiò, figlio del re Renato, il papa Callisto III che non riconosceva la legittimità della successione  e molti baroni filoangioini, tra cui Antonio Centelles, di cui si è trattato innanzi (Salvatore Fodale, op., cit., p. 252). In tale contesto politico-dinastico in Calabria scoppiò una rivolta popolare, le cui cause e modalità di svolgimento nei suoi aspetti più significativi sono indicati nel passo che segue:                                                               

“La rivolta ebbe vero carattere popolare in tutta la Calabria, e fu detta la rivolta de’ villani [ Si trattava di lavoratori, per lo più contadini, soggetti personalmente  ad un feudatario, N.d.R. ]. I Casali di Cosenza si levarono in massa, e insultato e respinto il luogotenente del re, negandosi a riconoscere ogni dipendenza s’elessero propri capi […] Il capitano di Gioia vietò al commissario inviato da’ tesorieri di riscuotere il pagamento de’ tributi. La Motta di S. Agata nel Reggino si rese indipendente dal conte  di Reggio. Senza dubbio questa generale rivolta, pur determinata dalla miseria, sarebbe potuta riuscire una bella affermazione di popolo, se essa non fosse stata fomentata  e capitanata dal Centelles, egli l’esoso feudatario ora trasformato in campione popolaresco, spingendo quella cieca massa di villani al sacco e al fuoco […] A’ 9 Maggio 1459 Alfonso d’Avolos [ Uno dei comandanti delle truppe inviate dal re per reprimere la rivolta, N.d.R.] sconfiggeva il Centelles. Di lì a non molto, il 2 Giugno successivo, tremila e più ribelli appartenenti alla contea di Nicastro, a quella d’Arena, al ducato di Squillace e ad altri signori di Calabria riportarono una grave sconfitta sotto Maida per opera dello stesso d’Avolos” (Oreste Dito, op.cit., p.220 ). Vi furono altri scontri che si conclusero con la sconfitta o la resa dei rivoltosi; il passo successivo può far comprendere come andavano a svolgersi gli eventi:                                                                                                          

“La rivolta continuava più insistente ne’ Casali di Cosenza. Il Centelles che fin allora li avea sobillati e spinti a ribellione li abbandonò a se stessi. A’ 4 Settembre 1459 il re comparve a vista di Cosenza. A Castiglione, uno de’ maggiori casali, gli abitanti opposero resistenza, ma al primo assalto dovettero cedere, e la terra andò a sacco. Basto questo perché tutti gli altri Casali fossero invasi da un panico terrore, sicché d’ogni parte le rustiche genti accorsero colle funi al collo a prostrarsi a’ piedi del re ad implorare il perdono(Oreste Dito, op.cit., p.221 ). Il conflitto durò ancora fin verso il 1463 sia da parte del ribelle Centelles, che alla fine fu catturato e morì in carcere a Napoli, sia da parte di altri nobili filoangioini che furono definitivamente sconfitti  dagli aragonesi anche con l’appoggio delle popolazioni di città come Catanzaro e Reggio, le quali si erano schierate dalla parte di re Ferdinando (Oreste Dito, Ibidem., pp.221-223). Da quanto sopra esposto si può dedurre in quale groviglio di questioni fu coinvolta la Calabria nel periodo storico preso in esame e quale importanza essa avesse allora nel Regno di Napoli, se due re intervennero in loco, personalmente, per sedare la rivolta.

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