Non divertimento ma emozione

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco_bevilacqua.jpgIeri sera dinanzi al camino. Una tisana di melissa e camomilla; le poesie di Nazim Ikmet; residui di cefalea. Deve esserci silenzio, e penombra, e solitudine, perché possa partorire la decisione del sabato: dove camminerò domani, domenica? I miei compagni lo sanno. E mi lasciano tranquillo. Attendono il mio messaggio serale. Tengo conto anche dei loro desideri. Ma è qualcosa di indefinibile che mi porta a scegliere il luogo della mia messa domenicale. Un po’ è un file dell’encefalo. Che sonnecchia e d’improvviso si desta. Un po’ è l’odore del tempo atmosferico. In po’ è l’istinto. Un po’ è un richiamo misterioso. Che mi giunge col vento. E ieri sera tirava un bel vento di neve. E’ nevicato. E nevicherà ancora. Tutti i miei amici preparano ramponi, ciaspole, sci da fondo. Inizialmente penso anch’io a una ciaspolata in Sila. Magari dal Lago Arvo a Serra di Coppo. Ma qualcosa mi svia. Il ricordo di domenica passata. Nelle gole del Finòjeri. Abbiamo lasciato altre cascate da vedere. Qualcuno le ha chiamate “Cascate del Paradiso”. Una messa in Paradiso: che si può sperare di più? Il fuoco langue. L’attizzo. Se tutti andranno in alto, lungo i pendii innevati, noi, allora, andremo laggiù, nei meandri del fiume. Magari pioverà. Forse dovremo ripiegare senza aver raggiunto la meta. Ma è lì che andremo. Domenica. Strada da Sersale per Buturo. Neve e ghiaccio già sopra il paese. Alla partenza del sentiero, meno due gradi centigradi. Abbiamo visto di peggio su queste strane montagne calabresi scagliate nel cuore del Mediterraneo (soprattutto quando spira Grecale).

Ma è il primo vero freddo di quest’inverno. E ci intimorisce. Tutto è bianco. Non avrei mai sperato che la neve fosse scesa così in basso. Nelle gole non ce ne sarà, mi dico. Scivoliamo ripidamente nel bosco di pini e ontani. E poi tra i lecci. In basso. Sempre più in basso. Quattrocento metri più giù. Nessun essere umano verrebbe quaggiù con questo tempo. Un leccio gigantesco. Un pino ciclopico. Strana mistura botanica. Non tanto strana in Calabria. Tracce di cinghiale. Poi di lupo. Un piccolo uccello dalla testa nera cinguetta fra i rami. La neve non diminuisce. Ma non nevica. Anzi, il cielo plumbeo di stamane si filaccia. Un flebile raggio di sole. Che però non penetra nel budello della gola. Folate gelide. Riconosco il vento che mi ha parlato ieri sera. Il Paradiso è vicino. Eccola. La prima, la soprana: due salti bianchi nel bianco della neve; due pozze buie nel buio della forra; un tronco obliquo, levigato, scavato dell'acqua, sotto il salto basso. La seconda, la sottana: un unico salto, perpendicolare, irraggiungibile alla base per via del burrone. Queste cascate sono come le stelle di cui parla il piccolo principe a Saint Euxupéri. Il loro essenziale lo vedi col cuore, non con gli occhi. E non puoi comprarle, appropriartene. E una volta trovate sono come una miniera d’oro, ma che non puoi cavare: è oro che resta dov’è. Non sto quasi mai nelle foto. Perché sono io il fotografo. Questa volta no: voglio esserci. Per ricordare il privilegio donatoci. Per me non è divertimento. E' emozione. E di troppa emozione, un giorno, morirò.

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