Il trasformismo di ieri è uguale a quello di oggi

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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"[I contadini del Sud] non sono più i servi dei baroni feudali, ma la miseria, la fatica, l'oppressione, il dolore non sono molto cambiati; e la servitù si è soltanto attenuata e ha cambiato forma; poiché, se essa non ha più fondamento giuridico, è tuttavia conservata da una povertà che costringe ad una vita immobile, senza speranza nel domani [...]. I piccoli proprietari borghesi, avvocati, medici, farmacisti, preti, maestri di scuola regnano sulle piazze dei villaggi, si nutrono di odi e di contese locali, e, privi di cultura e di capacità tecnica ed amministrativa, adoperano ogni loro energia a mantenere soggetto il contadino, e a perpetuare una funesta condizione di letargo, adoperando a questo scopo gli agenti del governo, e servendo a loro volta il governo come gregge elettorale delle forze a volta a volta dominanti con quella pratica del trasformismo che è una delle maggiori pratiche della vita politica italiana. [...] Per questa civiltà lo Stato, così come si è andato volta a volta foggiando, è stato sempre un qualcosa di lontano, a cui non potevano realmente partecipare, se non come vittime; un qualcosa di estraneo o di nemico, come un male di natura, come la grandine e la malaria. [... ] I contadini del Mezzogiorno sono perciò (a ben ragione) tradizionalmente in una situazione di distacco dallo Stato, di anarchica solitudine in un mondo ostile".

Questo brano di Carlo Levi tratto da "Il mito dell'America" pubblicato per la prima volta in Inglese nel 1947, oggi raccolto ne "Le mille patrie" edito da Donzelli, ci dice due cose essenziali. La prima è che il vizio del "trasformismo" è da sempre connaturato con la vita politica della piccola e media borghesia italiana. Quindi, nessuna meraviglia se anche oggi è proprio il trasformismo della politica (il cui potere è esattamente detenuto da piccola e media borghesia) il male della vita civile italiana. La seconda è che l'immobilismo, la rassegnazione, l'indolenza e il senso di lontananza dallo Stato (da cui dipendono, in parte, i mali attuali del Sud) delle genti del Meridione e delle nuove "plebi" urbane che la crisi sta vedendo formarsi non sono frutto di una scelta deliberata ma di un condizionamento storico assai difficile da eradicare.

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