Il paradiso in terra che in tanti non vedono

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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Dovevo tornare. Prestissimo. L'autunno aveva addobbato il luogo di una miriade di gioielli. Il tempo, però, impediva a quei preziosi in forma di foglie di risplendere. Grigio era Urano, il cielo. E diafana Gea, la terra, sotto di lui. Eppure c'era il fremito di un amplesso imminente nell'aria. Non appena le nubi si fossero diradate. Eccomi. Sono tornato. Come promesso. Tersa, fredda giornata della montagna mediterranea. La "magna Sila" di Virgilio. Questa volta però, ho in mente un anello, diverso, grandioso. Da comporre passo dopo passo: siamo una compagnia di erranti. Silvana Mansio è l'unico villaggio silano che abbia una dignità. Certo, son falsi gli chalet alpini e le dacie russe. Ma perlomeno ci sono risparmiati quei mostri che abbrutiscono la Sila, altrove. In cammino. Il bosco è denso. Riluce come polvere di rubini e di ametiste sotto i raggi radenti del sole. Una miriade di massi si alternano agli alberi, come una foresta di pietre. Un ruscello suona la sua sinfonia di trilli e gorgoglii. Nelle pozze un mosaico di foglie cadute. E poi i prati e le "macchie" madide di rugiada. E i faggi, nel massimo splendore autunnale. Gli erranti lasciano ogni sentiero e vagano, attoniti, in tanta bellezza. Salgono verso il crinale. Che riserva loro vedute da sogno. La vallata del Lago Arvo da un lato. Quella del Cecita dall'altro. Rammento la descrizione di uno scorcio della Sila Grande di Bernard Berenson, famoso critico d'arte lituano: il paesaggio sullo sfondo di un quadro rinascimentale. All'apice delle Montagne della Porcina, dal nome delle antiche scarpe di cuoio dei pastori. Giunge notizia del nuovo terremoto tra l'Umbria e le Marche. Penso a questa terra, agli Appennini: sopra il paradiso, sotto l'inferno. Un gruppo di amici di San Giovanni in Fiore: incontro tra erranti. Insolito in queste solitudini. A sud-est, verso Pietra dell'Altare, monumento litico scolpito dai titani. La mia caviglia algodistrofica duole di nuovo. Dopo molti mesi. "Il corpo ricorda" mi avverte Mimmo. Prego che sia solo un ricordo: non potrei vivere senza cammini. Piangiamo insieme per il taglio del bosco preannunciato da migliaia di numeri sugli alberi. Traversiamo la strada statale. Il sole del pomeriggio inonda le praterie di Carlomagno. Una luce viva, animata, ci riporta al punto di partenza. I villeggianti vagano nella piazzetta, tra una sigaretta e un caffé. Ignari dell'immensa bellezza che li circonda. E del privilegio che il Buon Dio ha loro concesso: godere di un Paradiso in terra che in tanti non vedono.

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