A Natale, penso (e prego) come una montagna

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco_bevilacqua.jpgMattina di Natale. La mia preghiera comincia in montagna. Nella luce pura e fulgida dell'alba. Quando il mondo riemerge dal sonno notturno. Quando il sole compie il suo miracolo quotidiano. Quando l’aria stessa è una ierofania. Gli uomini normali dormono ancora, dopo la notte di eccessi. Ma ce ne sono altri che son desti. Un contadino fa lavori nell'orto. La moglie lo osserva attenta. Il grembiule sul ventre. La mano sugli occhi per ripararsi dal raggio obliquo di sole che l’inonda. Mi piace sentirmi parte di questo mondi di vivi. Che mantiene un contatto diuturno con la terra e la natura. Due magnifici cerri s’innalzano verso il cielo, contraddicendo alla forza di gravità. Come dice Erri De Luca, c'è anche una forza che attrae verso l'alto, invece che in basso. Non l'hanno scoperta i fisici, ma i poeti. E gli alberi ne sono la prova più straordinaria.

La brina gelata svapora come un respiro della terra. Un vecchio castagno ritaglia uno scorcio di paesaggio. Un altro è stato abbattuto, da mani sacrileghe, poco lontano. Giovani ontani, maculati di licheni, riverberano la luce, con le loro pallide cortecce. Il sole ha ingannato le ginestre e le viole: piccoli fiori colorano il mondo invernale. Oltre i campi delle terre alte che un tempo davano grano alla gente dei villaggi di montagna ed oggi giacciono incolti, il Monte Reventino innalza il suo profilo selvoso. Ecco il sacro che si manifesta. Ed io prego. Col cuore, con i piedi, con la bocca, con la mente, con tutto me stesso. E provo a pensare come una montagna. Secondo l'insegnamento di Aldo Leopold.    

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